
– Dottor Caselli, la Corte Costituzionale si e’ espressa: l’ergastolo ostativo e’ da rivedere ed ha affidato al legislatore il compito di intervenire. Quale scenario si delinea ?
Lo scenario che si delinea dopo la sentenza della Consulta sostanzialmente è questo : è stata dichiarata l’incostituzionalità dell’ergastolo ostativo per violazione degli artt. 3 e 27 Costituzione e dell’art.3 Convenzione europea diritti dell’uomo. Cancellare l’ergastolo ostativo significa estendere anche ai mafiosi condannati all’ergastolo non “pentiti” il beneficio della liberazione condizionale. Nello stesso tempo però la Corte riconosce che l’immediata operatività della cancellazione dell’ergastolo ostativo “rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”. Pertanto l’esecuzione della sentenza è stata differita di un anno ( giusto il tempo di arrivare al trentesimo anniversario delle stragi del ’92…), affinché il legislatore possa operare i necessari interventi, tenendo conto “sia della peculiare natura dei reati connessi alla criminalità organizzata di stampo mafioso e delle relative regole penitenziarie, sia della necessità di preservare il valore della collaborazione con la giustizia in questi casi”.
In concreto ne derivano tre basilari principi: 1) la normativa antimafia è costituita da un insieme di leggi – si potrebbe definire un “pacchetto” organico – che in quanto tale va trattato “in modo adeguato”: è come dire che bisogna fare molta attenzione a toccare una componente dell’architettura complessiva se si vuole evitare che questa crolli tutt’intera; 2) la mafia ha una sua “specificità” rispetto alle altre condotte criminali associative; 3) la collaborazione di giustizia è un valore da preservare. Sono altrettanti pilastri del contrasto alla mafia, consolidati da sempre, in particolare dopo le stragi del ’92. Il legislatore (riscrivendo la norma dichiarata “incostituzionale con efficacia differita” ) non potrà non farsene pieno carico e dovrà anzi trarne – coerentemente – ogni logica e responsabile conseguenza. C’è quindi ancora spazio e speranza perché le picconate contro l’antimafia non lascino solo macerie, sulle quali sarebbero unicamente i mafiosi a ballare.
– Lei ha speso la sua vita professionale nel contrasto al crimine organizzato a tutti i livelli; come ha vissuto il percorso che ha portato a questo pronunciamento, a questa condanna – cosi appare – del lavoro di Giovanni Falcone?
Con preoccupazione crescente. Non dobbiamo dimenticare infatti che la sentenza della Consulta del 15 aprile (apertura alla liberazione condizionale) è stata preceduta da una analoga sentenza del 23.19. 2019 ( apertura ai permessi premio), immediatamente operativa con conseguente effettiva caduta di un pezzo della “impalcatura” di cui abbiamo detto. Ecco quindi che il percorso di riforma dell’ergastolo ostativo si è sviluppato in più fasi, ogni volta aprendo ai mafiosi spazi di libertà, con la possibilità di approfittarne per rientrare in un modo o nell’altro – rafforzandolo – nel giro delle attività criminali tipiche della mafia (droga, “pizzo”, gioco d’azzardo, appalti truccati ecc.), con l’inevitabile corredo, quando necessario, di violenza, armi comprese. Una falla nell’antimafia. Un lusso che non ci possiamo assolutamente permettere. Di qui la preoccupazione.
– Totò Riina è morto, ma le richieste che ha espresso nel papello, puntualmente si presentano in Parlamento. Difatti, depotenziare l’ergastolo ostativo rappresenta un chiaro segnale nei confronti dei pentiti per i quali il boss di Cosa nostra aveva chiesto un’azione di tipo punitiva.
E’ una illusione ottica o dagli anni successivi alle stragi di Capaci e Via D’Amelio, un filo sottile lega parte della classe dirigente a quel post stragi di cui il papello è stato protagonista?
A parte papelli e trattative (che sono oggetto di un processo ancora aperto), è importante ricordare – ed è documentato – che secondo Riina a porre in pericolo Cosa nostra era soprattutto il pentitismo, il male peggiore per l’organizzazione . Un mantra di Riina era che si sarebbe “giocato anche i denti”, cioè avrebbe fatto di tutto, per far annullare la legge sui pentiti ed eliminare l’articolo 41 bis (una sorta di interfaccia dell’ergastolo ostativo). È importante ricordarlo perché eliminare il requisito del “pentimento” come necessario perché i mafiosi ergastolani possano accedere ai benefici equivale a depotenziare il pentimento stesso. I mafiosi doc son di certo contenti.
– Come avrebbero reagito persone come Giovanni Falcone e Carlo Alberto Dalla Chiesa – Lei ha conosciuto bene entrambi – a questi tentativi “di scoramento” – cosi vengono percepiti – dell’azione investigativa e giudiziaria?
Interpretare il pensiero dei morti è una modalità che non condivido. Il confronto dialettico non è una seduta spiritica. Meglio i fatti. E’ un fatto che Falcone prima di essere ucciso a Capaci aveva ispirato il cosiddetto “ergastolo ostativo” per i mafiosi, definito poi subito dopo le stragi del 1992, così da formare(col 41 bis e con le norme sui “pentiti”) un “pacchetto normativo” articolato e coeso. E’ un fatto che questo “pacchetto” è stato decisivo per gli imponenti successi ottenuti dagli inquirenti contro la mafia stragista e oltre. E’ un fatto che la mafia ( pur avendo subito colpi durissimi) è purtroppo ancora viva e vegeta. E’ un fatto quindi che non possiamo abbassare la guardia. Una guardia che è stata eretta anche per la spinta dei tanti che sono morti, fra questi Falcone e Dalla Chiesa.
– Cosa sente di rispondere a chi l’ha definita un “sovranista giudiziario” ?
Rispondo che le critiche sono una cosa , le etichette piazzate addosso a questo o quello un tanto al kilo, per squalificare a prescindere i suoi argomenti, sono un espediente un po’ squallido che si commenta da solo. Ma ci sono abituato. Quando mi occupavo di Br ero un fascista, traferitomi a Palermo sono diventato un comunista ( copyright Riina), poi giustizialista, manettaro, forcaiolo e adesso sovranista giudiziario. Una fantasia sfrenata, a suo modo anche divertente.