L’Italia resta appesa all’ansia per sapere se quarantasette migranti sbarcheranno dalla Sea Watch 3.
Ormai questa vicenda non è più trattata come un fatto politico e di interesse nazionale, ma come una telenovela. C’è un episodio nell’ Uomo senza qualità di Musil, che narra di un serial killer, internato nel manicomio criminale, e tutta una pletora di persone, a cominciare dalle dame di carità, che fanno la fila per incontrare il criminale trattandolo di volta in volta come belva o come vittima del sistema.
Ciò che importa a chi si reca nella prigione ospedale non è però l’uomo, del quale non si indaga la effettiva capacità criminale, ma l’emozione nell’incontrarlo.Ora, le visite a bordo rischiavano di diventare qualcosa di simile e orrendamente disgustoso. Ha fatto bene la Capitaneria a vietarle. Una volta scoperto che si poteva andare a bordo, a cura di un gruppo di parlamentari che hanno avuto l’idea, subito altri hanno provato a imitarli. Le interviste hanno cominciato a fluire con argomentazioni notevoli come il se li guardi, capisci che sono minori.
Non si capisce invece come questo elemento empatico possa spostare di un millimetro la questione. In Italia, le statistiche ufficiali parlano di un numero di clandestini compresi in una forbice che va da centonovantamila a quattrocentonovantamila. Cioè non si sa nemmeno se ci siano trecentomila persone delle quali di conseguenza non si sa nemmeno se esistano. La situazione è ancora più ingarbugliata in Francia, dove si sospetta che i clandestini sconosciuti, e che non si sa se esistano, siano milioni.
Ecco qual è il problema. Non ce ne sono altri. Gli stati avanzati non sanno più chi vive nel territorio da loro amministrato. Ovviamente, i clandestini sono meno soggetti di altri alle leggi, ai vincoli e anche ai diritti. Che male possono fare altri quarantasette migranti, con simili premesse? Nessuno. O meglio, anche se facessero del male, sarebbe un fattore assolutamente marginale rispetto al clan scoperto nel CARA di Mineo, ad esempio, o al racket o allo sfruttamento della prostituzione, la vendita di droghe e di armi.
Esiste però un problema di diritto che va chiarito. Chi può stare nel nostro Paese? Tutti? Solo chi risponde a determinate caratteristiche? Chi abbia i titoli giuridici per farlo? Le possibilità sono tante. Se il titolo giuridico di cittadinanza spettasse a tutti quelli che lo desiderano, cosa accadrebbe?
Tra le tante conseguenze, c’è quella di poter rinunciare a essere cittadini. Se si potesse fare, sarebbe la fine del diritto positivo. Non è un caso che gli ospedali non possano consegnare i bambini appena nati ai genitori se prima questi non vanno a generare il codice fiscale del bebè.E allora, se teniamo conto di questo, scopriamo che i migranti sulla nave di una ONG tedesca, ma registrata in Olanda, che incrocia sistematicamente nel Mediterraneo, servono per aiutarci a definire chi siamo noi oggi e cosa vuol dire essere italiani.Chi è italiano?
Per quel che mi riguarda, davanti a questa domanda, penso al diploma di mio nonno, graduato dell’esercito che ha combattuto a Vittorio Veneto. Da bambino immaginavo di sentire il rumore dei cannoni, quando guardavo quel pezzo di carta. Mio nonno non parlava della guerra. Ma ebbe compagni morti. Beh, io non ce la faccio a dire chi se ne frega, tanto l’Italia non è nulla.
Anche sulla questione dei migranti penso alle vite buttate, sprecate e insultate e ribadisco: voglio un principio di diritto, salvare le vite di chi è in difficoltà ma non voglio essere complice dei trafficanti né distruggere l’idea di cittadinanza per un errore di comprensione. Amare la propria patria significa proteggerla dall’arbitrio, anche in casi come questo. E se a ricordarcelo è l’ex padanista, beh, interroghiamoci sul perché ci siamo persi fino a questo punto.
Spero che l’Italia definisca come è possibile entrare nei suoi confini e in Europa legalmente. Spero anche che si possa sapere con precisione quante persone vivono in questo Paese e che nessuna sia clandestina. La legge deve valere per tutti, o presto non varrà per nessuno.