
Le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti hanno catturato tutti i riflettori globali, ma ci sono altri attacchi alla democrazia che hanno molte più possibilità di successo. La Cina, ad esempio, continua a schiacciare i diritti politici dei residenti di Hong Kong di fronte alla passività dei media internazionali. Il Partito Comunista Cinese ha arrestato 53 esponenti dell’opposizione di Hong Kong, protetti da una legge di sicurezza autoritaria e fiducioso che il suo potere economico lo proteggesse da ogni critica. Salvo alcune affermazioni, le democrazie occidentali hanno deciso di mantenere le distanze. Infatti, nessun governo non si è pronunciato su questo tema.
Nonostante la sua promessa di rispettare l’autonomia di Hong Kong, comprese le sue istituzioni democratiche e l’indipendenza dei suoi operatori giudiziari, il regime di Xi Jinping è stato energico nel mettere a tacere le voci dell’opposizione. È così che ha promosso, attraverso i suoi alleati a Hong Kong, una legge sulla sicurezza che fondamentalmente consente di imprigionare chiunque abbia un’opinione diversa. Ora la democrazia è vista come un crimine. Anche solo menzionarlo è un motivo sufficiente per essere imprigionato.
Questo è uno degli aspetti che vede la democrazia, degli ultimi 30 anni, deteriorarsi sulla scia dell’economia in fase crescente sulla base dell’oppressione politica sui diritti umani fondamentali. Nell’esattezza dell’esposizione dei concetti che dovrebbero migliorare le disuguaglianze sociali tra i popoli, le politiche internazionali cercano di accusare l’attivismo pro-democrazia come resistenza sovversiva.
Dunque, se a Pechino la democrazia viene messa a tacere dal potere economico l’occidente non è da meno. Sembra che per il mondo, in maniera subdola e silenziosa, l’autoritarismo sia il punto di riferimento. Praticamente un malcontento legato alle preoccupazioni per l’economia, i diritti individuali e i galoppanti privilegi delle elite, ha fatto emergere leader, partiti e movimenti anti-establishment sia a destra che a sinistra che sfidano le norme fondamentali e le istituzioni della democrazia liberale.
In Europa, ad esempio, svedesi e olandesi sono soddisfatti dello stato attuale della democrazia, mentre la maggioranza degli italiani, degli spagnoli e dei greci si dice insoddisfatta. E’ la frustrazione nei confronti dei politici che non sembrano curarsi degli interessi della cittadinanza. Qui la questione dell’immigrazione e l’antipatia verso l’Europa, sono centrali: gli europei con opinioni sfavorevoli sull’UE sono anche quelli meno soddisfatti della democrazia.
In Italia, è insoddisfatto della democrazia l’87% degli antieuropeisti e il 57% degli europeisti. Più insoddisfatti di noi dell’Europa ci sono solo gli antieuropeisti spagnoli. Infine, si osserva chiaramente che i simpatizzanti dei partiti populisti tendono ad essere molto meno della democrazia, e l’Italia è il paese con la percentuale più alta di simpatizzanti populisti (qui si fa riferimento soltanto alla Lega Nord) insoddisfatti dell’assetto democratico, ma anche di non simpatizzanti populisti insoddisfatti.
Tutto sommato, a parte la pandemia, gli italiani non vivono nel migliore dei mondi possibili. Ragionando però in prospettiva comparata, è innegabile che l’Italia, nel bene e nel male, abbia saputo adeguarsi agli altri paesi sviluppati. Così come la società italiana è divenuta sì assai più differenziata, non diversamente dalle altre società postindustriali, ma anche più omogenea al suo interno, economicamente, ma anche sul piano culturale, su quello delle culture politiche. Nel Mezzogiorno, o meglio nella maggior parte di esso, non si è riusciti a innescare il circuito virtuoso dello sviluppo, ma i mutamenti sconvolgenti che vi si sono verificati hanno impressionantemente ridotto il divario con il Nord del paese.
La società italiana non ha più molto senso rappresentarla in termini di classi, di conflitti di classe, d’identità e ideologie contrapposte, e pure la religione non può più ritenersi motivo grave di divisione. Antiche disuguaglianze permangono, e se ne sono anzi prodotte di nuove e di non meno gravi. Sta di fatto che settori della popolazione politicamente alienati, e bisognosi d’integrazione, non ne esistono più. A tutti i livelli, poche differenze insomma separano gli italiani dai loro vicini dell’Europa del centro e del nord.
A tutto questo occorre affiancare la stabilità del quadro democratico, in un paese che con la democrazia di familiarità ne aveva pochissima. In Italia la democrazia si è radicata profondamente, laddove per democrazia s’intendano le libere elezioni, il pluralismo partitico, i diritti di cittadinanza. Non solo. Ma è stato possibile gestirvi democraticamente, ed in un lasso di tempo brevissimo, trasformazioni che altrove sono avvenute pagando costi di gran lunga più alti e che hanno richiesto un travaglio addirittura secolare. Ed inoltre, mentre si conquistava il benessere, sì è edificato un sistema di welfare, senz’altro scombinato, e dispendiosissimo, ma pur sempre in grado di fornire alcune prestazioni essenziali, consentendo una straordinaria espansione sia dei diritti politici e civili, sia di quelli sociali.
Quindi in Italia è a rischio la democrazia? Non bisogna drammatizzare, ma oggi i segnali di un’involuzione che potrebbe far collassare il sistema democratico ci sono davvero e dovrebbero preoccupare tutti. Le democrazie avanzate sono sempre più colpite dal problema di rispondere alle esigenze dei cittadini attraverso decisioni e politiche pubbliche che riflettono le loro preferenze: la sfida più grande che non riesce ad affrontare il nostro Paese, riguarda proprio la loro capacità di coniugare rendimento e sostegno da parte dei cittadini.
In questi mesi il Covid-19 ha messo a dura prova le democrazie occidentali. Nei principali paesi europei infatti gli spazi per il confronto, specie in parlamento, si sono ridotti. Da questo punto di vista le nuove tecnologie rappresentano un’opportunità da cogliere. E, con l’avvento del terzo millennio in piena era tecnologica, non c’è più posto alle ‘democrazie politiche’ ma alla Democrazia Liberale.