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A Milano le leggendarie foto di Margaret Bourke-White

| 2 Novembre 2020 | ATTUALITÀ
Due celebri scatti di Margaret Bourke-White: il campo di concentramento di Buchenwald e Stalin

La Storia del novecento raccontata dalla sua più celebre fotografa. Parliamo di Margaret Bourke-White (1904-1971), professionista del rullino che dagli anni trenta alla sua morte ha immortalato luoghi, persone ed eventi che spiegano più di tante parole cosa è stato il secolo scorso.

A Milano, Palazzo Reale sfida il Covid con la mostra fotografica “Prima, donna. Margaret Bourke-White”. Nelle ampie sale di Palazzo Reale, nel pieno rispetto delle norme anti-Covid, si possono ammirare i lavori di questa fotografa statunitense che, grazie a i suoi reportage pubblicati dalla celebre  rivista “Life”, immortalò la vita sociale degli Stati Uniti, per poi farci conoscere palcoscenici sconosciuti fino ad allora in “Occidente”, come l’Unione Sovietica di Stalin, l’Olocausto, la nuova India di Gandhi e il Sudafrica dell’apartheid.

Gli scatti della Bourke-White valgono davvero più di tanti saggi storici, perché contribuiscono a farci capire cos’era la vita nel XX secolo da efficaci immagini. I primi lavori riguardano l’industria americana. C’è tanto metallo e sudore: acciaio prodotto dagli operai, trafilati, luci delle fabbriche e, ovviamente, la forza lavoro. Colpiscono i proletari statunitensi, categoria che negli anni trenta del secolo scorso non veniva certo celebrata. Ammassati in baracche di legno, hanno i segni della fatica, i volti sporchi di grasso e ci fanno quasi sorridere nei loro pochi momenti di svago, dove, con il vestito della festa, ballano approcciandosi alle ragazze, suonano la chitarra o bevono birra in allegria. Bianchi con i bianchi e neri con i neri. La segregazione razziale è ben rappresentata in uno scatto che contrappone un cartellone pubblicitario con una famiglia borghese WASP in auto e, subito sotto, una fila di neri in coda per un lavoro.

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Gli operai quasi nascosti dalla propaganda a stelle e strisce si contrappongono a quelli mitizzati dall’Unione Sovietica. Bourke-White è stata la prima fotografa occidentale ad aver ottenuto il permesso dall’Urss di visitare e fotografare l’immenso Paese dei bolscevichi. La fotografa riesce a fuggire dalla propaganda e a ritrarre aspetti della vita comune che il regime staliniano cercava di nascondere, come i manicomi di Stato. Perfino il dittatore georgiano, nel ritratto della fotografa statunitense, perde la ieraticità che lo contraddistingueva nelle immagini di propaganda (e di demonizzazione da parte del nemico): Stalin ci appare come un dimesso signore di 60 anni con il volto butterato e i baffoni folti. Non sembra un dittatore, ma più un vecchio minatore o un soldato in pensione. Difficile credere che l’uomo baffuto immortalato da Bourke-White nel 1941 avesse deportato e condannato a morte migliaia di persone, fosse alla guida della seconda potenza industriale del mondo e si apprestasse a difenderla dall’invasione tedesca. In una foto viene ripreso proprio un bombardamento tedesco di notte su Mosca.

L’orrore dell’Olocausto non poteva essere raccontato meglio. In uno scatto vediamo una donna tedesca distogliere lo sguardo, vergognandosene, da una catasta di cadaveri fuori da un campo di concentramento. In questa immagine è riassunto il senso di colpa di un popolo che in larga parte appoggiò il regime criminale nazionalsocialista.

Al termine di una guerra sanguinaria arriva la ricostruzione, con tutto il suo entusiasmo e lo sguardo al futuro piuttosto che al passato. Lo si può comprendere ammirando il reportage della Bourke-White in India nel 1947, l’anno dell’indipendenza dell’ex colonia britannica, al temine di una sanguinosa guerra civile con il futuro Pakistan. Folle di induisti e islamici rendono bene l’idea del Paese nascente, il secondo al mondo per popolazione. Il leader politico Mahatma Gandhi è immortalato mentre lavora a un filatoio, come un qualsiasi operaio.

Il lavoro è il fil-rouge delle opere di questa eccezionale fotografa. Dalle grandi fabbriche dell’America più profonda al lavoro forzato dei carcerati neri. Come nel romanzo “Sulla Strada” di Jack Kerouac, con gli scatti di Bourke-White attraversiamo un quarantennio di Storia degli Stati Uniti, cogliendone molte delle sue contraddizioni. Aerei che sorvolano i grattacieli di New York contrapposti alle fattorie del Midwest nell’inquietante attesa di un tornado. Tante Americhe, tanti scatti. La mostra di Palazzo Reale è consigliata a tutti e obbligatoria per chi ama la Fotografia, la Storia e gli Stati Uniti d’America.

TAG: Bourke-White, foto, fotografia, Life, Margaret Bourke-White, Milano, Mostra, Palazzo Reale, stati uniti, XX secolo
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