
Nel giro di poche settimane l’epidemia di Coronavirus ha inevitabilmente adombrato la vicenda giudiziaria del giovane attivista Patrick George Zaky.
Ventisettenne di origine egiziana ed attivo sostenitore della difesa dei diritti delle minoranze e dei gruppi LGBT, Patrick vive e studia a Bologna dall’agosto del 2019.
Fin qui nulla di strano, quella descritta potrebbe infatti sembrare la comunissima storia di uno studente qualsiasi.
Le cose iniziarono a complicarsi quando il giovane, in pausa dall’università, decise di tornare dalla propria famiglia a Mansoura; è il 7 febbraio quando Patrick viene arrestato al Cairo.
Ad oggi sono 65 i giorni di dura prigionia scontati dal ragazzo che attualmente si trova nel carcere di Tora.
Struttura di detenzione per criminali e prigionieri politici, i capi di accusa verso il giovane attivista sono diversi: fomentare manifestazioni contro il governo, pubblicare notizie false, istigare al terrorismo e promuovere la violenza.
Sottoposto a vari, lunghi e massacranti interrogatori, svolti secondo modalità che ahimè possiamo ben immaginare, le analogie tra la storia di Patrick e quella di Giulio Regeni sono evidenti.
Non si sa quali siano le condizioni dello studente ma certamente l’epidemia di Covid-19 ha reso la situazione ancor più complicata.
Interruzione delle visite dei parenti a partire dal 10 marzo ed ennesimo slittamento dell’udienza per la liberazione prevista il 6 aprile: queste le maggiori ricadute dell’epidemia sulla vicenda giudiziaria di Patrick.
Il direttore e responsabile della comunicazione per l’Italia di Amnesty International, Riccardo Noury, rispetto il sistematico rinvio del processo è chiaro:
“Questi continui rinvii sanno di accanimento. Se le udienze al Cairo non si svolgono per paura del contagio da Covid-19 allora Patrick George Zaky, che oltre ad essere innocente è anche persona a rischio di contagio, sia rilasciato immediatamente.”
Come ha fatto sapere la sua famiglia, comprensibilmente molto preoccupata, Patrick soffre d’asma e, come poc’anzi affermato, questo lo renderebbe un soggetto clinicamente più vulnerabile.
Non sono giorni facili per l’Italia, lo abbiamo detto e continuiamo a ripeterlo.
La crisi sanitaria, i suoi imprevedibili risvolti economico-sociali ci tengono col fiato sospeso ogni giorno e la preoccupazione è innegabile.
Tuttavia, la difficoltà del momento non deve farci dimenticare storie drammatiche come quella di Patrick.
L’attuale epidemia non può fermare la giustizia.
Una tale violenza verso l’integrità fisica e morale della persona è inammissibile.
Patrick libero subito.