
La campagna elettorale ucraina sbarca a Roma, più precisamente a Roma Nord. Corso di Francia altezza incrocio con via Flaminia. Pochi metri dopo campeggia un’affissione che balza agli occhi. Se non altro per le scritte. Una figura maschile di un baldo giovane con la barba in camicia chiara e gilet scuro. Alla sua sinistra solo frasi in cirillico (come per il russo) tradotte in italiano. Chi è costui? Si tratta del signor Volodymyr Petrov, candidato alle elezioni presidenziali in Ucraina. Resta però un mistero il perché abbia voluto ‘affittare’ uno spazio pubblicitario (speriamo pagato) proprio a Roma Nord, ammesso che non ce ne siano altri in giro per la Capitale. Il motivo però lui lo spiega o meglio lo spiega alle sue compaesane, visto che il messaggio bilingue è rivolto a loro. Si legge: “Carissime ucraine! vi mando i miei auguri per la festa delle donne! Tornate in Ucraina! Mi mancate, vi aspetto!”. Nessun logo, nessun contatto email o social.
Le elezioni per il nuovo presidente dell’Ucraina sono imminenti, infatti il prossimo 31 marzo a Kiev ci si recherà alle urne. Cosi, facendo una ricerca in rete si evince che Volodymyr Petrov è un blogger, attualmente agli arresti domiciliari per uno scandalo sessuale, che si vanta di essere il primo candidato nella storia del suo Paese a condurre una campagna elettorale mentre è ai domiciliari.
La figura rientra tra quei candidati (scesi da 44 a 39, ndr) di minor respiro. Tra i favoriti spiccano, infatti, i nomi dell’ex primo ministro Yulia Tymoshenko e l’attuale presidente Petro Poroshenko. Tuttavia, Petrov si aggiunge alla lista dei candidati ‘improbabili’ come il comico (Vladimir Zelensky), e il taxista un tempo accusato di appropriazione indebita (Roman Nasirov).
Tornando al curioso manifesto romano, Petrov chiama a raccolta le donne ucraine – presenti evidentemente sul territorio – affinché tornino in patria. I dati Istat ci dicono che il Lazio è al quarto posto nella classifica nazionale per numero di presenze ucraine sul territorio, di cui 5321 sono uomini e 19.143 donne. Non poche. La festa delle donne è passata, e l’affissione è ancora li. Chissà allora che le ucraine-romane non aderiscano al caloroso appello di Petrov, che di loro dice di sentire la mancanza. Noi, di certo, se dovessero rimpatriare ce ne faremo una ragione.