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È iniziata la demacronizzazione della Francia

| 28 Agosto 2018 | ATTUALITÀ

Non se n’è andato in punta di piedi Nicolas Hulot, ministro dell’Ambiente del governo Macron. Lo ha fatto ad arte: non da politico, ma da abile giornalista qual è. E le sue dimissioni aprono una profonda crepa nel governo Macron, dando il via alla “decomposizione del macronismo”, esulta su twitter il leader della France Insoumise, Jean-Luc Melenchon.

Il colpo per il governo Macron è sicuramente duro: Macron aveva puntato molto su Hulot per accreditare l’immagine di un esecutivo forte e determinato sul fronte ambientale. Hulot è noto in Francia come conduttore di “Ushuaia Nature”, una trasmissione televisiva che tra il 1987 e il 1996 ha contribuitoa sensibilizzare ai temi ecologisti, denunciando l’immobilismo della politica di fronte alle emergenze dell’ambiente.

«Prendo la decisione più difficile della mia vita», ha detto dai microfoni di France Inter con la voce rotta dall’emozione. «Non voglio più mentire a me stesso, e dare l’illusione che la mia presenza al governo significhi che  siamo all’altezza delle sfide ambientali. Non ci credo più».

Poche parole per le sue dimissioni in diretta, come conviene ad una vecchia volpe dell’informazione che tra il dire e non dire opta per un misto di retorica e di trasparenza disarmante, che orientano meglio di dieci slogan.

«Abbiamo cominciato a ridurre l’utilizzo dei pesticidi? La risposta è no. A fermare l’erosione della biodiversita? La risposta è no. Ad arrestare l’artificializzazione del suolo? La risposta è no».

Di grande efficacità mediatica anche l’irriverenza protocollare del suo gesto: le dimissioni in diretta, senza informare preventivamente Macron. «Se lo avessi informato prima, avrebbe cercato di convincermi a non farlo».

Ma non ci sarebbe comunque riuscito: le delusioni per Hulot sono già troppe, e hanno tutte un comune denominatore: la lettera elle di «lobby».

Ventiquattr’ore prima dell’annuncio delle dimissioni di Hulot, Macron aveva fatto un regalone ai cacciatori francesi firmando l’autorizzazione a dimezzare il costo del permesso di caccia da 400 a 200 Euro. Un regalone da tre milioni di voti.

Glifosato: Hulot ha convinto l’esecutivo a rifiutare la proposta della Commissione Europea di autorizzare il pesticida ancora per dieci anni, ma ha dovuto digerire una moratoria di tre anni in cui la cangerogenicità del glifosato continuerà a mietere vittime (e la Monsanto continuerà a rimpianguare le sue casse).

Olio di palma: non sia mai Macron dovesse deludere gli amici della Total, si continua ad importare olio di palma per alimentare la bioraffineria della Total di Mède, vicino Marsiglia. Altro pugno nello stomaco a Hulot.

Ma è sul fronte energetico che la débacle è più evidente: la denominazione specifica del ministero di Hulot è «Ministero della transizione ecologica e solidare».

Obiettivo neutralità carbone: entro il 2022 abbandono del carbone come fonte energetica, entro il 2040 stop alla commercializzazione di auto a benzina, progressiva riduzione del ricorso al nucleare. Belli i palette messi, ma un fiasco annunciato secondo l’ultimo rapporto di RTE (Réseau de Transport d’Électricité de France).

Sulla protezione della biodiversità, nei giorni scorsi gli ecologisti esultavano per l’imminente pubblicazione di un decreto atteso da otto anni, che dà ai prefetti poteri importanti per la protezione dei biotopi e gli habitat naturali. La consultazione pubblica si è aperta sul sito del Ministero della transizione ecologica e solidare il 24 agosto, si chiuderà il 19 settembre.

Ma nel frattempo, Hulot ha gettato la spugna. Avanti il prossimo.

TAG: #FranceInsoumise, #Hulot, #Melenchon, Francia, Macron
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