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Italia e Vie della Seta: occasione da cogliere o già sprecata?

| 18 Luglio 2018 | ATTUALITÀ, IL FORMAT

Come già scritto nell’articolo precedente, nel corso della storia il ruolo dell’Italia in politica estera è dipeso molto dalla sua posizione geografica. L’Italia ha ricoperto per secoli il ruolo di tramite commerciale tra l’Europa continentale e l’Oriente. Le repubbliche marinare hanno potuto costruire ricchezza economica e prestigio grazie a questi commerci. Il ruolo guida svolto da alcune città italiane in questo settore è stato possibile proprio grazie alla peculiare posizione geografica dell’Italia, posta nel centro del mar Mediterraneo.

Ma è passato tantissimo tempo da quando le repubbliche marinare prosperavano grazie ai commerci nel Mare Nostrum. Nel corso di quasi un millennio il mondo è cambiato più volte. L’ombelico del globo si è dapprima spostato dal Mediterraneo all’Atlantico e infine, recentemente, dall’Atlantico al Pacifico, o meglio Indo-Pacifico. Questa regione rappresenta il cuore della demografia, dell’economia e del commercio a livello globale. Qui si trovano pure le maggiori potenze militari del pianeta.

Ora che il centro politico-economico del mondo si è spostato nell’Estremo Oriente, per l’Europa, e quindi anche per l’Italia, si sta materializzando un futuro caratterizzato dall’irrilevanza a livello globale? Forse sì. Ma l’Europa e in particolare l’Italia hanno un’occasione unica per poter entrare da protagoniste a far parte delle dinamiche dell’economia e del commercio globali.

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Tale occasione si chiama Belt and Road Initiative (Bri), colloquialmente nota come Vie della Seta del XXI Secolo. Si tratta di un progetto annunciato nel 2013 e voluto dal presidente cinese Xi Jinping che consiste nella realizzazione di canali commerciali terrestri e marittimi che collegherebbero la Cina all’Europa, passando per tutta l’Eurasia. Il nocciolo di questa colossale iniziativa è la costruzione di infrastrutture come strade, ferrovie, porti, gasdotti, in Asia centrale e sud-orientale, ma pure in Europa.

La destinazione finale della Via della Seta Marittima sarà il Mediterraneo. Qui arriveranno le merci dall’Estremo Oriente, già passate per l’Oceano Indiano e per il canale di Suez, che verranno infine trasportate via terra verso il cuore dell’Europa.

Dovendo decidere quale porto del Mediterraneo usare come hub, la prima scelta dei cinesi cadde su Taranto. La storia fece così un inaspettato ritorno. L’Italia, dopo quasi un millennio, avrebbe potuto ricoprire nuovamente il ruolo di tramite commerciale tra l’Oriente e l’Europa. Inoltre, questa occasione avrebbe permesso di rivitalizzare il Sud, storicamente carente di infrastrutture, mentre il divario con il Nord continua ad ampliarsi. Insomma, un’occasione irripetibile per dare linfa vitale Mezzogiorno, perennemente arretrato e destinato a diventare un deserto economico e demografico. E invece. Mancanza di disponibilità e ignoranza riguardo il progetto Bri da parte delle autorità locali e opposizioni interne hanno impedito a Taranto di diventare il perno della strategia cinese nel Mediterraneo. Fu così che l’Italia e in particolar modo il Sud persero l’occasione della vita.

I cinesi decisero infine di concentrare i loro investimenti nel Pireo, ovvero il porto di Atene. Il porto greco è diventato così hub delle merci provenienti dall’Estremo Oriente nell’ambito dei traffici commerciali della Bri, alla faccia di Taranto e del Sud Italia. Nel 2016 il Pireo è stato privatizzato e ora è controllato dalla Cosco, società cinese al terzo posto a livello mondiale nel commercio marittimo su container, una superpotenza del settore. I miliardi investiti dai cinesi hanno permesso di modernizzare il decadente porto che ora è diventato uno dei principali di tutto il Mediterraneo. Ma gli investimenti provenienti da Pechino sono stati una manna per la disastrata economia ellenica nel suo insieme, la quale ha bisogno di riprendersi dopo anni di recessione e crisi finanziaria culminata con l’intervento della Troika.

Ma per l’Italia non è detta l’ultima parola. Il Pireo infatti è semplicemente un hub, ovvero un porto di transito in cui i container vengono scaricati e poi caricati su navi più piccole dirette verso altri porti del Mediterraneo oppure su treni merce che passando attraverso i Balcani, raggiungerebbero l’Europa continentale. I cinesi quindi sono intenzionati a costruire infrastrutture anche nei Balcani in modo da collegare il Pireo all’Europa continentale. Ma per loro sarebbe più conveniente e rapido trasportare i container dal Pireo verso altri porti più vicini al centro dell’Europa. Ecco quindi che l’Italia torna in gioco. Genova e Trieste sono i due porti che i cinesi vorrebbero inglobare nel progetto Bri data la loro vicinanza con l’Europa continentale e in particolare con la Germania. Nello specifico, in occasione del Belt and Road Forum tenutosi lo scorso marzo a Trieste, i cinesi hanno espresso l’intenzione di aumentare la cooperazione con la regione Friuli – Venezia Giulia e hanno sottolineato l’importanza del porto triestino.

Dopo la figuraccia di Taranto, l’Italia si ritrova per le mani un’altra chance per entrare a far parte della Bri. Guai a farsela scappare. Ancora una volta la nostra collocazione geografica  dimostra il valore strategico dell’Italia nei commerci tra l’Europa e l’Asia. Ci manca solo la capacità di saper cogliere l’importanza di questo valore, e quindi gli immensi benefici che da esso derivano.

TAG: Belt and Road Initiative, commercio, Cosco, Europa, Genova, investimenti, Italia, Mar Mediterraneo, Pireo, porto, Taranto, Trieste, Via della Seta marittima, Vie della Seta del XXI Secolo, Xi Jinping
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