Parlando di Europa, la prima frattura su cui vergono le attenzioni è la cosiddetta “sovranità”. E’ vero che si cede?
La sovranità viene diminuita? Ma soprattutto la sovranità di chi?
E’ molto importante, per l’appunto, sottolineare a chi appartenga questa sovranità che viene limitata; la sovranità in oggetto è quella degli Stati.
Ma non dimentichiamo di precisare che la sovranità viene in realtà solamente esercitata dagli Stati, ma non appartiene in sé agli Stati se non in qualità di vettori.
Infatti in primis, la sovranità appartiene alla cittadinanza, la quale la esprime attraverso lo Stato.
Anche qui, bisogna non confondere il mezzo col fine. Se il fine è la sovranità, lo Stato è certamente lo strumento col quale la sovranità viene esercitata a nome della collettività. Ugualmente a come reputo errata ogni idolatria dei mezzi in sé, è altrettanto errata l’idolatria dello Stato come fine a sé stante.
Quando i politicanti parlano di sovranità persa, fanno un gioco molto sporco.
Persa da chi? Lo Stato la perde, non i cittadini.
Lo Stato, come ogni essere vivente, mira a tutelarsi ergo a distorcere la realtà in proprio favore, e così fanno i politici che sono ambasciatori di questa sovrastruttura. Quando le città indipendenti divennero parte di una provincia, gli allora sindaci che ricoprivano il ruolo di padri eterni, vennero declassati. Quando i Regni italiani furono conquistati e uniti sotto una unica corona, gli ex-re e regnanti vennero spodestati.
E’ normale che costoro non intendano perdere il proprio posto al sole per entrare in un circuito istituzionale (l’Unione) dove non potranno più ricoprire il vertice (se non con nuove elezioni, che avvenendo in un campo con una competizione allargata, vedranno molto più probabilmente gente più competente eletta).
Sarebbe molto strano che dei governanti rinuncino al proprio angolo di terra in favore di un territorio più ampio da spartire con altri regnanti, così come sarebbe strano che i politici italiani spingano affinché ci sia un allargamento istituzionale europeo che porti alla federazione: verrebbero declassati a meri politici regionali.
Sarebbe strano se lo facessero: appunto non lo fanno.
Cercano di tutelare il proprio ruolo a vantaggio dello Stato, ma a discapito del fine per cui sono stati eletti: essere vettori di sovranità popolare.
Analogamente in economia, alle aziende conviene far credere che il monopolio sia più efficiente, quando invece il monopolio sconviene solo ai consumatori e conviene solo alle aziende. La paura più grande per una azienda monopolista è passare da un mercato dove regna padrona a una realtà di mercato in cui dovrà fare i conti con altre realtà più all’avanguardia. Lo stesso vale per i politici nazionali. Da monopolisti passerebbero a dover riformulare per adeguarsi a standard più alti.
Ma se dunque la sovranità non viene limitata ma solo trasferita, perché allora l’orologio non gira a dovere?
Il motivo va ricercato nel momento storico che oggi viviamo: un momento di passaggio fra una sovranità esercitata tramite gli Stati ad una sovranità che scavalca gli Stati per esercitarsi direttamente a livello federale europeo.
Come in ogni allargamento verticale del potere pubblico nella storia, i piccoli poteri si accorpano, permettendo ai cittadini di confrontarsi direttamente con altri cittadini, prima appartenenti a un feudo diverso, su scale di rappresentanza maggiori, avvalendosi di politici di rango più elevato. Tuttavia se il potere non viene subito trasferito, si rischia un vero vuoto, come quello che viviamo oggi. La resistenza dei governi nazionali sta alla base della perdita di sovranità dei cittadini.
E’ l’assenza di una autorità centrale ben definita, attiva e coercitiva che riduce la sovranità dei cittadini, non viceversa.
In questo processo, la resistenza da parte degli Stati mostra una scarsissima lungimiranza.
Infatti il balzo ormai è fatto. Quando ci si accinge a saltare sul trampolino si sceglie prima se saltare o meno, ma quando la scelta è fatta, stare fermi a mezz’aria e ripensarci non farà altro che far spezzare il collo all’atleta. Indietro non possono tornare. O meglio si potrebbe tornare. In un mondo che si agglomera in centri di potere sempre più forti e sempre meno democratici, si finirebbe per diventare inevitabilmente gli zimbelli della triplice Intesa o del regnante tedesco, americano o cinese di turno.
Motivo questo, per cui pure gli stessi movimenti indipendentisti in Europa esprimono solamente la volontà di confluire direttamente negli organismi internazionali, scavalcando lo Stato centrale, senza uscire dal sistema comunitario.
E’ meglio essere gli avversari sottomessi della Germania oppure convivere sotto lo stesso tetto trovando un compromesso seduti allo stesso tavolo?
Infatti più si amplia la base su cui è possibile esercitare sovranità, più aumenta de facto la sovranità, il reciproco controllo e il potere decisionale.
Siamo più sovrani votando solamente per il nostro consiglio comunale o votando anche per la giunta regionale? Siamo più sovrani votando solo la giunta o votando anche le legislature?
Siamo più sovrani votando solo per l’Italia o per tutta l’Unione?
Se i primi Stati americani federati, avessero avuto pretese sovraniste al posto di quelle federaliste, oggi sarebbero ancora rimaste colonie britanniche.
Al momento l’unico ostacolo per una piena sovranità, non è l’Unione, sono gli Stati.