
“Un popolo che nella vita s’incazza solo se l’arbitro non controlla il var è destinato a perdere” twitta lapidario Alessandro Gassman domenica pomeriggio. Il Var è ancora argomento social di tendenza, e Alessandro, con 210mila followers, non puo’ non dire (ancora una volta) la sua. Stavolta sono d’accordo con lui, ma non solo per motivi calcistici.
L’atroce beffa subita dalla Juve al Santiago Bernabeu brucia ancora, e sul rigore decisivo concesso ai Blancos e segnato da Cristiano Ronaldo nei minuti di recupero continuano a scorrere fiumi d’inchiostro. Intanto, tre giorni dopo Juve-Real Madrid e ad una settimana dal presunto attacco chimico contro la città siriana di Duma attribuito dagli Stati Uniti alle truppe governative siriane, sulla vu di “var” ha iniziato a aleggiare un’altra vu. Che fa intravedere la doppia vu con cui inizia “war”.
Nella notte tra venerdì e sabato Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno lanciato l’attacco contro la Siria, un Paese in guerra da sette anni, per colpire il presunto arsenale di armi chimiche del governo di Assad.
Qualche ora dopo, Trump ha affidato a Twitter elogi e ringraziamenti per gli alleati: “Un attacco perfettamente eseguito. Grazie alla Francia e alla Gran Bretagna per la loro saggezza e le capacità dei loro eserciti. Non ci poteva essere risultato migliore. Missione compiuta!”
Mettiamoci d’accordo innanzitutto su quale fosse la missione. Perché a prima vista, lo sfoggio di muscoli da parte delle tre potenze nucleari pare sia servito per distruggere un magazzino, un deposito e forse un laboratorio. Per tacere su un imbarazzante dettaglio, cioè senza autorizzazione da parte dell’ONU e senza conferme di quanto sostenuto dagli Stati Uniti da parte dell’OPAC, l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche. Eppure la missione dell’OPAC per accertare la veridicità delle denunce contro il governo siriano di aver colpito decine di civili con barili di cloro, provocando la morte di oltre 70 persone, sarebbe dovuta iniziare proprio sabato.
Mentre aspettiamo (non sereni) le inevitabili ritorsioni di Putin e assistiamo al solito tentativo dell’ONU di riparare il recinto quando le vacche sono già scappate, una domanda sorge spontanea. Cosa unisce i tre dell’Ave Maria?
Sicuramente un indice di popolarità in calo. Trump resta il presidente degli Stati Uniti meno popolare della storia moderna, con un gradimento intorno al 40%. E l’ “effetto Stormy” per le vicende legate alla porno attrice Stormy Daniels e alla coniglietta di Playboy Karen McDougal, ha fatto scendere il sostegno femminile al 35%.
E l’enfant prodige dell’Eliseo? Anche per Macron l’indice di popolarità è in caduta libera: secondo gli ultimi sondaggi, più del 57% dei francesi ha un’opinione negativa sul suo operato.
E la lady della Brexit? Proprio dopo Brexit il gradimento di Theresa May è sceso in picchiata, pressochè dimezzandosi. Il partito conservatore britannico appare inoltre profondamente spaccato al suo interno.
Il trait d’union dei tre dell’Ave Maria, insomma, è un disperato bisogno di aumentare i consensi. E allora make war, la solita arma di distrazione di massa che funziona sempre! Mentre il popolo, in ossequio all’inossidabile panem et circenses, continua a chiedere a viva voce: dateci il var.