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I missili sono arrivati

| 15 Aprile 2018 | ESTERI

È stata una settimana caratterizzata da forte tensione tra Stati Uniti e Russia quella che sta per concludersi. Tutto è partito dal presunto attacco chimico condotto sabato 7 aprile dal regime del presidente siriano Assad contro la città di Duma, alle porte di Damasco, che ha causato decine di morti e almeno un migliaio di feriti tra i civili. In risposta a questo attacco definito “barbarico” dal presidente Trump, gli Stati Uniti hanno dispiegato al largo delle coste siriane navi da guerra pronte a sparare missili contro le postazioni del regime siriano. La Russia, alleata di Assad, ha avvertito gli Stati Uniti che qualsiasi tipo di attacco causerebbe “gravi conseguenze”. Trump, in risposta alle minacce, ha rassicurato la Russia confermando che “i missili arriveranno”. E alla fine i missili sono arrivati davvero.

L’attacco missilistico

Nella notte di sabato aerei e navi da guerra statunitensi, britanniche e francesi hanno sparato in tutto 103 missili contro siti utilizzati dal governo siriano per lo sviluppo e lo stoccaggio di armi chimiche. Anche Regno Unito e Francia hanno partecipato militarmente a questo attacco dopo che nei giorni scorsi il presidente francese Macron e il primo ministro britannico May avevano duramente accusato Assad per il presunto uso di armi chimiche. Lo scopo ufficiale del blitz era quello di evitare che armi di questo tipo venissero nuovamente utilizzate contro la popolazione civile che vive nelle aree presidiate dai ribelli: i missili hanno quindi colpito un centro di ricerca nei pressi di Damasco e due magazzini vicino alla città di Homs che secondo i servizi d’intelligence occidentali ospitavano le armi chimiche. Tuttavia i sistemi anti-aerei siriani sono riusciti a intercettare numerosi missili prima che colpissero i loro obiettivi: secondo la televisione di stato siriana sarebbero stati abbattuti 13 missili mentre la Russia afferma che ne sarebbero stati distrutti ben 71. Sebbene alcuni missili siano stati effettivamente intercettati in volo, non è del tutto chiaro quale sia il numero preciso.

La reazione russa

Dura la reazione dell’amministrazione russa che già prima dell’attacco aveva avvertito gli Stati Uniti che azioni militari unilaterali avrebbero generato una grave escalation nella regione. Il presidente russo Vladimir Putin ha bollato l’attacco missilistico di sabato notte un “atto di aggressione” che “avrà un effetto distruttivo sull’intero sistema di relazioni internazionali”. Contemporaneamente la Russia ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite mentre l’ambasciatore russo negli Stati Uniti definisce, attraverso un tweet, “inammissibile ed inaccettabile” il blitz missilistico. “Siamo stati minacciati -aggiunge l’ambasciatore- vi avevamo avvertito che questo tipo di azioni causerà delle conseguenze”. Il ministro della difesa russo sbeffeggia l’attacco occidentale facendo sapere che sono bastati missili sovietici vecchi di 30 anni per fermare i razzi sparati da americani, britannici e francesi. I sistemi anti-aerei siriani sono infatti dotati di missili terra-aria di produzione sovietica che la Russia ha recentemente venduto alla Siria per rinforzarla.

Il precedente dell’aprile 2017 e gli elementi di novità

Non è la prima volta che gli Stati Uniti “puniscono” Assad per aver fatto uso di armi chimiche. Esattamente un anno fa, nell’aprile 2017, gli Stati Uniti hanno colpito con lo stesso pretesto alcune postazioni delle forze armate di Damasco distruggendo “il 20 % dell’aviazione siriana” secondo quanto detto recentemente dal presidente Trump. L’azione militare dell’anno scorso rappresenta la prima volta in cui gli Stati Uniti hanno colpito il regime di Assad da quando sono intervenuti nella guerra civile siriana. Il coinvolgimento americano nel conflitto, iniziato nel settembre 2014, era stato limitato fino a quel momento a raid aerei contro le postazioni dell’Isis. Ci sono però alcuni elementi che distinguono l’attacco di sabato notte da quello dell’anno passato. Innanzitutto la potenza: se nel 2017 furono sparati 59 missili quest’anno ne sono stati sparati ben 103. Inoltre nell’attacco di sabato notte sono stati impiegati anche aerei e non solo navi da guerra. In più il raid di quest’anno si differenzia anche per la partecipazione di Regno Unito e Francia che nel caso precedente non intervenirono. Infine, gli avvertimenti molto minacciosi della Russia che hanno creato un’ansia da terza guerra mondiale. Non ci sono comunque motivi per temere un’apocalisse nucleare anche se bisogna attestare che pure questa crisi ha contribuito a deteriorare sempre di più le relazioni tra Occidente e Russia.

TAG: armi chimiche, Assad, attacco missilistico, presidente Trump, russia, Siria, stati uniti
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