
Il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol è stato arrestato, segnando un momento storico nella politica della Corea del Sud. L’annuncio è stato dato dall’agenzia dell’anticorruzione (CIO) di Seul. Yoon, ex procuratore capo nazionale, è il primo presidente in carica – benché sospeso dalle sue funzioni a causa di un procedimento di impeachment – a finire in manette nella storia del Paese.
Nonostante avesse inizialmente accettato di collaborare con le autorità, Yoon ha poi rifiutato di testimoniare. L’arresto è avvenuto nelle prime ore del mattino, quando decine di agenti di polizia hanno fatto irruzione nella residenza presidenziale, situata nel centro di Seul, superando le barricate e perquisendo la struttura per oltre due ore prima di portare a termine l’operazione.
Dopo l’arresto, Yoon ha diffuso un messaggio video preregistrato in cui ha dichiarato di essersi sottoposto agli interrogatori per scongiurare eventuali episodi violenti. “Nonostante le numerose illegalità contestate all’inchiesta, ho deciso di rispondere all’ufficio investigativo sulla corruzione per evitare spargimenti di sangue”, ha spiegato, pur ribadendo di non riconoscere la legalità delle accuse mosse contro di lui.
Il presidente è stato interrogato per due ore e mezza in relazione alle accuse di insurrezione e abuso di potere, ma si è rifiutato di testimoniare. Successivamente, è stata avviata una seconda sessione di interrogatorio, condotta dal vicedirettore del CIO, Lee Jae-seung, con la presenza degli avvocati difensori di Yoon.
L’arresto di Yoon Suk-yeol rappresenta un momento di forte tensione politica e istituzionale in Corea del Sud, con implicazioni che potrebbero influenzare profondamente il panorama politico del Paese.