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Pane, pasta e olio di girasole la guerra aumenta i prezzi

| 26 Febbraio 2023 | ECONOMIA

Gli effetti della guerra in Ucraina sui prezzi di alcuni prodotti di largo consumo continuano a farsi sentire. La riduzione di forniture dall’Est Europa e il rialzo generale delle quotazioni internazionali hanno influito pesantemente sul costo di tre beni alimentari le cui materie prime sono interessate direttamente dal conflitto: pane fresco, pasta di semola di grano duro e olio di semi di girasole. Assoutenti ha confrontato i listini dei prezzi al dettaglio di tutti e tre nelle principali città italiane: ecco dove costano di più e dove sono invece più economici.

In nessuna provincia il pane fresco costa più caro che a Bolzano, dove un chilo arriva fino a 6,21 euro. Poi ci sono Venezia (5,91), Ferrara (5,89), Treviso (5,08 euro) e Bologna (4,96 euro). Le province dove è meno caro sono invece Napoli (2,18 euro), Benevento (2,45 euro), Perugia (2,51 euro), Terni (2,73 euro) e Siena (2,82 euro). La differenza di prezzo tra Bolzano e Napoli, fa notare Assoutenti, è abnorme, pari al 185%.

L’olio di semi di girasole raggiunge il prezzo più alto a Siracusa, dove un litro arriva a costare fino a 3,80 euro. Seguono Genova (3,54), Sassari (3,44), Firenze (3,43), Cagliari e Siena (3,33). Rispetto a gennaio 2022, l’aumento più significativo è quello che si registra nel capoluogo toscano, dove il costo è salito in media del 121,3%. Non va meglio a Siena, Lucca e Genova, che hanno visto i listini schizzare del doppio rispetto all’anno scorso.

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Livorno, con i suoi 2,54 euro per ogni litro, è invece il posto più economico dove comprare l’olio di semi di girasole. Tra le città meno care anche Bari (2,55), Palermo e Grosseto (2,59), Napoli (2,64) e Terni (2,67).

La pasta più costosa d’Italia è quella che si compra a Cagliari: 2,32 euro al chilo. Secondo posto per Ancona e Udine (2,23), terzo Ravenna (2,20), quarto per Bologna (2,18) e quinto per Genova (2,16). Tra le zone che registrano i prezzi più elevati, Modena e Bologna sono quelle che hanno subito i rincari maggiori (rispettivamente +34,2% e +33,7% su gennaio 2022).

A Palermo c’è invece la pasta più conveniente: qui il prezzo si ferma a 1,46 euro al chilo. Molto più economiche del resto del Paese anche Siracusa e Cosenza (1,49), Messina (1,56 euro), Catanzaro (1,58 euro) e Reggio Calabria (1,63).

Dati alla mano, restano pochi dubbi sul fatto che la guerra in Ucraina abbia “modificato profondamente i prezzi al dettaglio di molti prodotti venduti nel nostro Paese”, dice il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi.

A pesare soprattutto sui listini al dettaglio è stato “lo stop alle importazioni di grano, mais e olio di girasole da Russia e Ucraina”, continua Truzzi. I due Paesi in guerra sono infatti “i principali produttori mondiali” di questi beni alimentari.

Di conseguenza, i rialzi delle quotazioni delle materie prime si sono “trasferiti in modo diretto sui prezzi al dettaglio di negozi e supermercati italiani”. Truzzi sottolinea però come non sia soltanto l’aumento naturale dei costi a incidere sulle tasche dei cittadini: ci sono anche “evidenti fenomeni speculativi, considerato che la pasta viene realizzata con il grano duro, materia prima che l’Italia non importa dai due Paesi in guerra”.

“I consumatori italiani, quindi, hanno pagato e continuano a pagare il conto di un conflitto che ha rivoluzionato i listini del comparto alimentare, con i prezzi che una volta saliti, difficilmente torneranno ai livelli pre-guerra”, conclude Truzzi.

TAG: guerra ucraina, olio di girasole, pane, pasta, prezzi
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