Simone Martini, Maestro ineguagliabile dell’Arte senese del trecento, si lega indissolubilmente, alle figure di Giotto e Duccio di Buoninsegna.
Un Trittico, come ebbe modo di fare nella pratica, di arte e genialità.
Confluirono nelle menti di questi artisti almeno due linee di pensiero innovative.
Quello che era il canone duecentesco pittorico, prende nuova viva e vivida forma.
Si ringrazia per la realizzazione di quest’articolo il sito “Geometrie fluide”, una miniera di preziosissime informazioni, a cura di Alessandra Cocchi.
Agli inizi del Duecento la pittura in Italia è dominata dalla cultura bizantina, caratterizzata da immagini solenni e austere, ma anche raffinate, statiche, immobili.
Questo nelle parole di Bruno Santi, Storico dell’Arte, accademico.
Pur non trascurando i temi sacri, le produzioni si rifacevano al genere cavalleresco letterario, fino a quel tempo dominante.
I committenti, d’altronde, più dotati e disponibili erano i notabili delle chiese.
Se nel duecento le figure, la paesaggistica appariva, immobile, solenne, inerte, da parte di questi tre autori vi è una sorta di “scardinamento”.
Essi, infatti, prendono la figura dipinta e la “tirano fuori dal muro” ove essa era stata per millenni.
Le regalano una vita che sarebbe dovuta vivere, donandole grazia, e vita viva.
Mentre, infatti Giotto si attiene ancora ai canoni precedenti, Simone Martini si approccia ad una visione più analitica del soggetto pittorico.
Una pennellata che predilige il particolare, che non focalizza il soggetto principale, quale unico “focus” dell’opera.
Ecco che l’attenzione ai dettagli fa risaltare la “fortitudo” dell’opera.
Prima il tratto era “vis”, ossia forza fisica dell’Autore, ora è “fortitudo”, forza morale e interiore del pittore.
Altro elemento fondamentale è la sua incessante ricerca della resa dei sentimenti.
In questo campo Simone Martini mette in atto una raffinata capacità di osservazione psicologica e una restituzione delle espressioni di grande profondità, che anticipa ricerche che si svilupperanno soprattutto nel Rinascimento.
Ne sono esempio L’Annunciazione (1333 Galleria degli Uffizi) e Il ritorno di Gesù al Tempio, (1342 Walker Art Gallery, Liverpool).
Analisi del soggetto da riprodurre, sentimento del protagonista e fluidità nel tratto pittorico.
Chi avrà modo di osservare le sue opere, entri di spalle nella sala, si giri e lo splendore si manifesterà.
Questa la filosofia del nostro Professore di Storia dell’Arte, Sergio Molesi, già docente al Liceo – Ginnasio “Dante” Alighieri di Trieste.
Lui ora può conversare con Simone Martini, per chi credente.