
A Berlino si è arrivati finalmente ad una soluzione che apre la strada al fattore politico. Nonostante il temporaneo cessate il fuoco tra le forze regolari del governo libico guidato dal Premier Al Serraj riconosciuto dall’ONU e le forze irregolari guidate dal Generale Haftar, i lavori della Conferenza di Berlino si chiudono con una soluzione politica molto apprezzata dal Segretario Genrerale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, insieme al Premier Conte e al Ministro Luigi Di Maio per un Italia a detta del Premier Conte, promotrice del dialogo e di un “Moderato Ottimismo” con cui tessere la delicata tela della diplomazia.
Alla fine in “Nome del Dio Petrolio”, si è arrivati a quella soluzione finale che ha soddisfatto tutti o quasi. Nei sei punti delineati ai lavori di Berlino, quello più importante e l’embargo della armi più volte votato e applicato nei passati focolai di crisi del pianeta per favorire il dialogo e quella soluzione politica che porti i contendenti sull’asse politico, sociale economico dell’unificazione tra le parti. L’embargo sulle armi, quindi la scelta del dialogo con la cancelliera Merkel impegnata nei colloqui separati con il Generale Haftar e il Premier libico Al Serraj, unitamente alla mossa strategica del Signore della Guerra (così definito dal Sultano Erdogan) Haftar che ha deciso di chiudere le esportazioni petrolifere in tutti i terminal di carico, fra tutti quelli di Brega e Ras Lanuf.
Poco importa se Erdogan ha puntato il dito sull’affarista Macron e sullo stesso Haftar non idoneo secondo Ankara di portare avanti la nazione libica in un processo politico ed economico duraturo. Chiaro che da parte di Ankara ci sia la chiara intenzione di allungare i confini geopolitici sul Mediterraneo con la netta insoddisfazione di altrettanti partner politici ed in parte commerciali come la Grecia e Cipro. Così come sembra chiara la posizione della Russia di Putin che oltre ad aprire quell’autostrada di nome Siria verso il Mediterraneo e il Medio Oriente, continua a mostrare il suo Cavallo di Troia con all’interno i Mercenari Wagner a sostegno della truppe di Haftar. Cosa dice in merito a questa posizione di Putin l’embargo delle armi? Putin ritirerà il suo esercito fantasma?
Nel Lunedì del venti Gennaio, denominato come la giornata della malinconia, a Berlino i lavori terminano delineando il futuro assetto politico- economico e sociale della martoriata Libia che sotto l’egida dei paesi UE ed extra UE – arrivati in ritardo nella trattazione diplomatica di questa delicata questione secondo il premier Al Serraj – dovrebbe avviarsi verso un processo di ricostruzione politica supervisionato da una commissione speciale ONU che dovrà vigilare e relazionare sul cessate il fuoco e su un probabile e futuro dialogo tra Al Serraj e il Generale Haftar? Al solo pensiero che in futuro si possa diventare malinconici di quella preziosa risorsa economica estratta dal sottosuolo e che prende il nome di Petrolio, si è arrivati al dunque con un passaggio dalle armi, al dialogo politico. Ma tra chi dovrebbe avvenire questo dialogo politico che dovrebbe portare-secondo le speranze dell’Europa Unita affezionata alle risorse energetiche libiche- all’unificazione politica?
A distanza di poche ore dalla conclusione dei lavori, il vero protagonista della Conferenza di Berlino è stato il Generale Haftar che ha bloccato le esportazioni di petrolio generando in chiave economica impennate nei grafici dei titoli azionari delle principali borse europee, senza considerare l’apparente propensione al dialogo del Presidente turco Erdogan che ha ribadito le sue posizioni anti Haftar e sottolineato che la posizione internazionale raggiunta ai lavori di Berlino deve avere una continuità per evitare che la Libia cada nella mani del Generale Nero Haftar e delle forze di Al Qaeda e dell’Isis. L’obbiettivo finale-Russia e Francia permettendo- è quello di sostenere il debole governo di Al Serraj che ai lavori si è limitato a dichiarare l’Unione Europea scialba e poco attenta alla questione libica, e avrebbe anche ragione di questa affermazione il Premier libico in quanto la delicata questione libica si affianca anche alle problematiche Iran, Iraq e in ultima analisi Libano alle prese con le proteste popolari che preannunciano un’altra primavera araba e di conseguenza un’altra crisi energetica all’orizzonte con un quinto delle risorse energetiche proveniente dal Medio Oriente a rischio e su cui la stessa UE esprime molta preoccupazione.
Dalla Libia, al Libano passando per Iraq, Iran e Golfo Persico in una stretta ragnatela di proteste popolari e guerre tra i signori della guerra che si contendono lo scettro e quindi la guida del paese, senza minimamente pensare che i “Vampiri Imperialisti” ancora una volta porranno il loro veto all’avvicendarsi delle amministrazioni politiche da loro elette, solo ed esclusivamente per la spartizione delle aree di influenza come nel caso della Libia rimasta alla mercé dei potenti di turno, dove il solo Khalifa Haftar rivendica la sovranità del popolo libico anche a costo dell’ennesima guerra e dove a pagare ancora una volta è il popolo piegato dalle deleterie volontà dell’uomo.