Dati rilasciati nei giorni scorsi dal Sistema Nazionale di Sicurezza Pubblica rivelano che tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2019 sono state uccise 8 493 persone, un aumento del 9,6 % rispetto allo stesso periodo del 2018.
Lo scorso anno ha fatto registrare il più alto numero di omicidi da quando si è iniziato a raccogliere dati statistici in merito. Se la tendenza dei prossimi mesi dovesse essere quella del primo trimestre, il 2019 infrangerà il tragico record del 2018 divenendo l’anno più sanguinoso della storia recente messicana.
L’elevato numero di omicidi è dovuto in larga parte alla guerra della droga che vede contrapporsi il governo ai cartelli e i cartelli tra di loro. In altre parole, la guerra della droga si sviluppa su due livelli: la guerra tra lo Stato messicano e i cartelli; la guerra tra i cartelli rivali in lotta tra di loro per il controllo del territorio e dei traffici illegali.
Dal dicembre 2006 il governo messicano è impegnato militarmente nel tentativo di mettere fine alle violenze e allo strapotere dei cartelli. Da oltre un decennio Città del Messico è letteralmente in guerra contro i narcotrafficanti. Si stima che in questi dodici anni la guerra della droga abbia causato più di 200 mila morti. Per saperne di più su questa guerra sconosciuta vi consigliamo di leggere un articolo che abbiamo scritto lo scorso autunno. Potete leggere l’articolo cliccando qui.
I dati raccapriccianti sugli omicidi sono un duro colpo per il presidente Andres Manuel Lopez Obrador, entrato in carica lo scorso 1° dicembre. Obrador, che ha fatto campagna elettorale promettendo di ridurre la violenza nel paese, ha più volte affermato che durante i suoi primi mesi di presidenza il numero di omicidi è diminuito o come minimo è rimasto stabile.
L’aumento degli omicidi nei primi tre mesi del 2019 non solo dimostra che il presidente Obrador ha torto ma anche che in questi dodici anni l’intervento militare governativo non è riuscito a mettere fine alla violenza nel paese.