Caracas, 17:45 (04 agosto 2018) «È arrivato il momento di recuperare l’economia…» è stata l’affermazione di Maduro prima di vedersi interrotto dal rumore di un drone che ha sorvolato la parata militare tenuta nell’Avenida Libertador, una delle principali autostrade di Caracas.
L’inaspettata presenza di un drone è bastata per sospendere il discorso di Maduro e sciogliere l’intera parata militare. Sì, sono stati i militari i primi a fuggire. Gli stessi con i quali il presidente venezuelano ha sempre minacciato gli Stati Uniti, la Colombia e qualsiasi altro «nemico» a seconda del momento.
Nonostante il ministro della propaganda Jorge Rodríguez – detto il Goebbels venezuelano – affermasse che i militari «sono rimasti fermi nelle rispettive posizioni di fronte all’attacco», le riprese televisive dimostrano tutto il contrario. Il mito degli eredi di Bolívar è stato sfatato proprio da quelli che avrebbero dovuto custodirlo gelosamente ma sono sfuggiti di fronte al primo oggetto volante…
È vero, non è il punto più importante della vicenda ma ci tenevo a precisarlo. Ora andiamo nel dettaglio dell’attentato fallito nei confronti di Maduro.
Di solito, ci si domanda chi è stato l’autore e quali siano I suoi complici e/o mandanti, se ha agito da solo oppure sotto la guida di qualcun’altro, poi arrivano tutte le domande inerenti a come si fa per saltare le misure di sicurezza, ma in realtà, questi dettagli perdono rilevanza se si contestualizza nel momento politico che vive il regime di Maduro.
La prima pista ci viene data dallo stesso presidente nel suo discorso (citato all’inizio), il quale non da mai alcuna risposta alla crisi economica. Se non ci fosse stato un drone a interromperlo, sarebbe stato lui stesso ad inciampare nell’ignoranza di chi ha affondato un paese ricco nella presente emergenza umanitaria.
Ma andiamo al dunque, a chi conviene l’attentato contro il presidente?
Il tiranno di Caracas appare di fronte all’opinione pubblica come il colpevole della crisi che attraversa il paese. Carestia di cibo e farmaci, aumento della povertà e la recente iperinflazione sono il risultato di politiche economiche sbagliate che trovano in lui l’unico responsabile.
Con un’emergenza che non si può più nascondere e la povertà che oltrepassa l’80%, in Venezuela non si parla di altro che di crisi e di come sopravvivere. Anche all’interno delle file del regime c’è chi da la colpa a Maduro e chi si dissocia dalle sue politiche.
Di fronte allo sfaldamento della ‘Revolución’ e alla delusione per le tante (troppe) promesse mancate, questo ‘attentato’ arriva come acqua nel deserto per un regime che non vedeva l’ora di togliere l’emergenza umanitaria dal centro del dibattito pubblico.
Del resto, il copione è sempre lo stesso. Come nel caso di Erdogan, il fallito attentato serve da collante per richiamare l’ideale rivoluzionario attorno un ‘nemico comune’, resuscitare un tiranno politicamente morto e, certamente, per annullare ciò che resta delle libertà individuali.
N.B.: Considerate che mentre scrivo il presente articolo, nel Venezuela ci sono arresti e perquisizioni a caso. Il regime è alla ricerca di un capro espiatorio…