Il progressivo isolamento auto-inflitto del Regno Unito sta portando fra le massime priorità dell’agenda di governo Westminster la necessità di riacquistare una posizione imprescindibile sul campo internazionale.
La posizione imprescindibile è quella che Putin ha ottenuto per la Russia in 20 anni di duro lavoro, che Erdogan sta ottenendo col conflitto in Siria e che gli USA si sono guadagnati già dal secondo dopo guerra (motivo per cui per Stati vengono annoverati come super potenze): l’imprescindibilità è dunque quella caratteristica che obbliga gli altri attori internazionali a tenere in vincolante considerazione le posizioni e la volontà del Paese in questione.
Uno Stato come il Regno Unito non può accettare di essere privo di questa imprescindibilità, anche perché rischierebbe di perdere tutto il potere negoziale, ergo perdere tutti quei vantaggi derivati dalla sua posizione di dominio ex-coloniale. Il Regno Unito ha vitale bisogno di questo potere internazionale, senza il quale verrebbe lentamente risucchiato nell’oblio.
Una volta svelata questa necessità, il punto della analisi verte quindi non sul “se” ma sul “come”, cercando quindi di capire quale sarà il modo che il Regno Unito utilizzerà per aumentare la propria imprescindibilità.
Ipotesi 1: cercherà di reintrodursi nuovamente del progetto europeo, questa volta molto probabilmente senza avere diritto a tutte le clausole e ai trattamenti esclusivi che gli erano stati riservati finora. Una simile strada sarebbe una vera sconfitta morale sia per i brexisti ma anche per il Paese intero, in quanto il Regno Unito dovrà rientrare col capo chinato finendo in una situazione, senz’altro migliore di quella attuale, ma peggiore rispetto a quello che aveva prima del referendum sulla Brexit.
In questo caso all’Europa spetterà l’onore di saper mettere in riga il Regno Unito obbligandolo ad accettare le riforme strutturali, altrimenti si ripresenterà uno Status quo simile a quello precedente (che non gioverebbe né alla Gran Bretagna, tanto meno al processo integrativo europeo).
Ipotesi 2: La Gran Bretagna tenterà una ardua mossa, alzando di molto la posta, ed entrando autonomamente e nel mercato africano e asiatico, tenendo un basso profilo nei confronti degli alleati occidentali, cercando però di superarli infilandosi nei mercati emergenti. Così facendo otterrà un peso dominante diretto in tutte quelle economie che vedranno il proprio apice fra qualche anno.
Questa ipotesi la ritengo la meno probabile, tuttavia è quella che garantirebbe meno fratture interne fra gli alleati occidentali.
Ipotesi 3: Si farà paladina della NATO. Cercherà di trovare un nemico esterno, come ad esempio il consueto parafulmine di tutti i mali (Vladimir Putin), diventando quindi una sorta di miniatura europea dell’aspetto poliziesco degli Stati Uniti.
Quali contro-effetti porterà però una scelta tattica del genere?
Questa scelta, che ritengo la più probabile, porterà molto probabilmente nel lungo termine a rimpicciolire le distanze atlantiche ma ad aumentare invece le distanze dal continente, in quanto, se progredirà il processo di unificazione europeo, il continente dovrà un giorno non molto lontano munirsi di un proprio esercito e di una propria politica estera sovrana che si vedrà sempre più contrapposta agli interessi atlantici. Inoltre questa ipotesi, renderà il processo di unificazione europeo molto più rischioso, in quanto o l’Europa sarà in grado di rispondere tempestivamente, oppure la Brexit potrà davvero segnare un inevitabile declino europeo in favore di un sfaldamento interno e un assorbimento atlantico.
Protesta contro il confine fra Repubblica Irlandese e Irlanda del Nord (Regno Unito)
Inoltre, tale distanza dal continente esacerberà il conflitto in Irlanda del Nord, portando molto probabilmente a un iniziale conflitto interno alla repubblica irlandese per via del confine con l’Ulster.
Il che, molto probabilmente, darà una enorme spinta a una graduale dissoluzione del Regno Unito in cui la Scozia chiederà nuovamente l’indipendenza e farà domanda per entrare nel mercato unico.
La situazione irlandese potrebbe rimanere stabile, solo qualora il processo integrativo europeo prenda due velocità e l’Irlanda scelga di fare parte della fascia più lenta dell’Europa, e quindi di integrarsi il meno possibile per mantenere il più calmo il confine con Belfast.
La seconda ipotesi, per quanto azzardata, potrebbe essere l’unica che possa delinearsi come pax romana, in cui ognuno bada tendenzialmente al proprio senza esacerbare la rivalità.
Le tre variabili determinanti affinché si possa verificare la prima, la seconda o la tera ipotesi, sono ovviamente le scelte attuate dall’Unione, dagli USA e dal Regno Unito.
In poche parole Macron, Trump e May hanno il destino di un intero emisfero nelle proprie mani.