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Europeisti: responsabili della fine dell’Unione

| 3 Giugno 2018 | ESTERI

E’ il contesto che crea l’azione o l’azione che crea il contesto?

Immaginate il mare e il fondo marino: l’acqua si posa prendendo la forma del fondale, ma nel farlo essa modifica la forma del fondale e quindi anche la propria.

Il contesto è quello che per primo ricopre il ruolo di variabile indipendente.

Questa relazione bidirezionale è la tipica relazione che pone quesiti come:
se oggi l’Eu è minacciata, è colpa dell’Orban di turno, oppure questo o quell’Orban sono solo la manifestazione di un contesto fertile per gli euroscetticismi?
Lo scetticismo è il problema o la risposta al problema (risposta che a sua volta può creare altri problemi, modificando, per l’appunto, il contesto in cui opera)?

L’Europa che abbiamo conosciuto fino al 2005 è senz’altro frutto di un unico pensiero politico che ha portato l’Unione allo stato in cui è oggi, e non può dunque dirsi colpa di Orban. L’incolparsi a vicenda è sempre deplorevole, ma quando è un attore privo di responsabilità ad incolpare le istituzioni centrali è un conto, quando invece sono le istituzioni centrali ad incolpare un frutto del proprio creato, non fa altro che portare vento al mulino del creato, cioè Orban.

Orban è un capro espiatorio che riassume in poche parole un disagio non ascoltato, represso e non istituzionalizzato, nel cuore della EU. Ma di quale disagio si parla?

Mancanza di identità, mancanza di sovranità.

L’Europa di oggi non è l’Europa a cui pensavano i nostri padri, tuttavia è figlia di alcune loro impostazioni. In questa breve analisi mi sono fermato al 29 maggio 2005 perché tale data segna lo snodo fra attivismo europeo e passivismo europeo: passivismo che viviamo oggi nostro malgrado. Il deficit di sovranità e autorità (ergo di democrazia) è frutto di questo evento tragico nella storia istituzionale europea, cioè la bocciatura della carta costituzionale europea da parte di Francia.
Questo evento ha spezzato il piano unificatore Europeo formando in Europa un’enorme inaspettata voragine di potere: facendo sì che mentre alcuni sistemi istituzionali fossero pronti alla transizione altri siano rimasti indietro, creando quello che oggi viene percepito come una totale inezia e irrilevanza europea.

Ci si preparava all’unione già dagli albori negli anni 50, era tutto pronto: la moneta unica, la bandiera, il mercato unico, le politiche comuni agricole, gli standard qualitativi  per i consumatori, i vincoli su riarmamento e atomico, Schengen!
L’Europa non era pronta a quel NO, e di fatto la corsa alla cooperazione si interruppe.


L’ex Segretario di Stato Usa Henry Kissinger, ci definì: «L’Europa è un gigante economico, un nano politico, un verme militare».

In questa spaccatura, fra l’inchiodata francese e l’accelerazione pigra dei restanti paesi membri, si è creata una bella faglia per gli sciacalli politici, faglia su cui esternare ogni proprio insuccesso: piove? Colpa della Germania! o forse della BCE, ma sicuramente non nostra.

Ma quale è stato il contesto che ha portato al passivismo, che ha portato i francesi a dire No al Referendum?

La vera spina nel fianco dell’Europa fin dalle sue origini è stata quella di formarsi come ideologia elitaria che percepisce le diversità come pericolo e non come risorsa.

Aver trascurato il senso identitario, non riuscire a trasformare le critiche e le diversità in risorse: l’Unione non ha colto una basilare nozione secondo cui ogni conflitto che non si istituzionalizza, diviene una metastasi e una nevrosi. Avviene per le persone, avviene anche per gli agglomerati psicologici quali sono gli Stati e le istituzioni.

La diversità può essere un muro che blocca o un trampolino, a seconda di come la si affronta. Se la si vede come un pericolo e si cerca di sopprimere ogni senso di appartenenza alle proprie radici, quel senso di appartenenza e di rivendicazione si farà sempre più forte; se invece si percepisce la diversità come la conditio sine qua non di ogni federazione, allora, e solo allora, è lì che l’unione fa la forza.

I francesi hanno sentito lesi i propri diritti identitari, in quanto la dottrina è sempre stata quella di “sei europeo, non sei francese”. Questa miopia europea che ancora permea gli ambienti politici vede le identità e le autonomie come un pericolo, quando invece sono la virtù e la quintessenza di ogni meccanismo federale (una federazione non avrebbe senso se i soggetti costituenti fossero eguali). Una vera Unione Europea può funzionare solo se suddivisa in macro e micro-regioni, dove le istituzioni più vicine al cittadino siano quelle direttamente interessate alla vita politica federale. 

L’emergere dell’indipendentismo in varie regioni europee, è un ennesimo sintomo di questa carenza di senso identitario e di autogoverno. I movimenti secessionisti vanno accolti a braccia aperte perché si integrano perfettamente in un sistema federale che riconosca la diversità come ricchezza fondante, e non come una minaccia. 

Non può considerarsi sovranista un movimento il quale si prefigga di escludersi dai giochi e di amputarsi da solo gli strumenti decisionali (sarà la xenomelia?).
L’indipendentismo oggi non è un pensiero reazionario o sovranista, bensì una rivendicazione identitaria, culturale e politica che cerca di scavalcare quel filtro miope costituito dagli Stati, per negoziare direttamente al tavolo degli organismi sovranazionali, là dove il potere risiede e la sovranità impera.
I cittadini tendono a seguire ciò che è forte, nessuno rinuncia al proprio Stato senza che ci sia una alternativa più forte, e l’Europa oggi non riesce ad esprimere forza attrattiva sufficiente. 

Da questo deficit ne deriva il No francese, e da questo No ne è nato lo stallo.

Stallo che porta a una carenza di autorità e una carenza di autorità porta a una carenza di sovranità, e senza sovranità, non esiste democrazia. E gli Stati in tutto questo cosa pensano di fare? Riprendere il progetto iniziale per colmare il deficit di sovranità europea aggiustando laddove si è inceppato il meccanismo? Sia mai!
Meglio comprare una vecchia Panda anziché sprecarsi per aggiustare la Ferrari!

TAG: Europa, European Union, Francia, Indipendentismo, Orban, Secessionismo, Sovranismo, Sovranità, Stati, Unione bancaria, Unione Europea
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