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Siamo tutti Fantozzi

| 6 Luglio 2017 | ATTUALITÀ, CRONACA

Ero bambino, forse 12 anni, appena adolescente, cresciuto in un piccolo paese di periferia, provinciale, nella sala del cinema si proiettavano i film del momento e con gli amici ci si recava per passare la domenica. Tutti a vedere le vicende del ragioniere Fantozzi con l’auspicio di farsi quattro risate in compagnia, che bella cosa la spensieratezza dell’età. Il ricordo è ancora nitidissimo e indelebile.

L’angoscia al limite del pianto, ecco quello che mi ha fatto provare la visione del film di Paolo Villaggio con il personaggio del ragioniere Fantozzi, forse la prima vera forte emozione del genere che avessi mai provato e, solo dopo alcuni anni, sono riuscito a ridere anch’io sulle vicende di Fantozzi. Non capivo perché in sala tutti ridevano a crepapelle ed io provavo un senso di angoscia tale da far scendere anche qualche lacrimuccia pur sapendo che si trattava di finzione cinematografica, poi con il passare degli anni ho capito la chiave di lettura del personaggio.

Tutto ha origine dall’educazione che ho avuto, ricordo ancora gli insegnamenti della mamma, “non fare agli altri ciò che non vorresti sia fatto a te”, e ancora, “prova sempre a metterti nei panni degli altri”, oppure, “abbi rispetto per te e per gli altri e tieni un comportamento educato”. Ricordo benissimo che mi immedesimavo nel personaggio di Fantozzi e provavo un senso di dispiacere per quello che gli accadeva, non ci trovavo nulla da ridere ma compassione per la vita da sfigato perenne che conduceva. Come si poteva ridere, mi domandavo, per una vita del genere, e se fosse capitato a me gli altri mi avrebbero deriso in questo modo?

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Poi ho capito che per riuscire a ridere era necessario rimuovere tutti questi sani principi, diventare più individualisti, avere meno rispetto per gli altri, anzi fregarsene del prossimo, solo così poteva uscire una grassa risata, tanto quello che gli accadeva non poteva toccarmi minimamente. Ecco trovata la giusta chiave di lettura, ecco come si nasce puri e limpidi e poi la società ti dice che si può ridere delle sventure altrui, si diventa impermeabili alle vicende umane che non ci riguardano strettamente. Questo è lo specchio della nostra società e Paolo Villaggio è riuscito a leggerlo benissimo inventandosi il personaggio che tutti conosciamo.

Una folla immensa ieri ha reso omaggio in Campidoglio a questo grande personaggio per l’ultimo saluto, lo ricorderemo sempre tutti perché è riuscito ad interpretare una caratteristica della società Italiana latente dove ci si ritrova un po’ tutti negli stereotipi da lui interpretati, un po’ come era successo con un altro grande, Alberto Sordi nel personaggio del dottor Terlizi e vari altri, dove l’Italianità mostrava i suoi lati peggiori. Grande tra i grandi, rilevatore dei nostri difetti, dei nostri comportamenti non proprio lusinghieri, dove riderci è un modo per non pensare, riderci perché gli sfigati sono sempre gli altri.

TAG: Fantozzi, Fracchia, Paolo, ragioniere, Villaggio
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