Leggendo il titolo di quest’articolo tutto porterebbe a pensare a qualche allusione alla smorfia napoletana. Eppure non è così: l’uso del numero 88 sulle maglie di calcio è stato realmente vietato. Questo precetto, che ha avuto ampio risalto mediatico, è emerso dalla dichiarazione di intenti sottoscritta dal Ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dal Ministro dello Sport, Andrea Abodi, e dal Presidente della FIGC Gravina.
Ecco, non si tratta di un’antipatia particolare verso il numero 88. Questo divieto infatti si inserisce nel più ampio contesto del contrasto all’antisemitismo. Perché sì: nel 2023 evidentemente c’è ancora bisogno di intervenire su questi temi.
Non si tratta, ovviamente, dell’unica contromisura adottata, ma è quella che ha inevitabilmente suscitato maggior attenzione nei confronti del grande pubblico. Le varie testate si sono sbizzarrite nel ricostruire chi negli ultimi anni abbia indossato il numero “incriminato”. Pašalić dell’Atalanta, Bašić della Lazio, fino ad arrivare a Gigi Buffon.
Si parte da un presupposto chiaro: il numero 88 può anche essere interpretato come un richiamo neonazista. Il numero 8 corrisponde alla lettera h dell’alfabeto. Così che il doppio 8 corrisponderebbe ad una doppia h e quindi alla frase “Heil Hitler”.
Questo è il richiamo subliminale che gli adepti (per non usare epiteti ingenerosi) di queste correnti si scambierebbero tra di loro. E se ci fosse qualche dubbio, ci ha pensato un tifoso della Lazio a fugarlo.
Fortunatamente, questi soggetti costituiscono una sparuta minoranza all’interno del mondo calcistico e del mondo in generale. Fermo restando, ovviamente, che fin quando ne resterà anche solo uno che porta avanti questi “ideali” dovrà essere contrastato. Ben venga quindi una netta posizione dell’Esecutivo verso queste tematiche, con la previsione di alcuni azioni concrete al verificarsi di espressioni, cori o atti antisemiti.
Ma il divieto di indossare il numero 88 era davvero necessario? Molti di noi, sinceramente, non erano neanche a conoscenza di quest’interpretazione del numero. Ciò vuol dire che chi ha indossato questo numero lo avesse fatto con questo fine specifico? No, quasi certamente no. O, comunque, non possiamo dirlo con certezza né fare un processo alle intenzioni.
Ed ecco che anche su questo specifico tema l’opinione pubblica si è polarizzata. C’è chi sostiene che sia una misura giusta e chi invece che sia una misura eccessiva.
In tutta questa ricostruzione – a parere di chi scrive – c’è un errore di fondo: la commistione tra il simbolo in sé e la sua interpretazione. Il simbolo di per sé, specie se un numero, è neutro, privo di significato. Così l’88 altro non è che il numero che sta tra l’87 e l’89. L’interpretazione di un simbolo, invece, varia in base al contesto. Per fortuna, abbiamo la capacità di discernere le varie situazioni e di interpretarle in base al singolo contesto.
È forse per questo che il divieto di indossare il numero 88 appare un po’ troppo radicale. Perché, ancora una volta, con l’intento giusto di proibire determinate interpretazioni di un simbolo, si finisce ingiustamente per cancellare il simbolo in sé o di ridurlo ai minimi termini.