
Fare nuovo debito pubblico per alleggerire i rincari in bolletta? Non sembra questa la strada che ha intenzione di prendere il governo, nonostante le pressioni di una parte del Parlamento, Lega e Cinque Stelle in primis, che spingono per altro deficit, cioè denari da chiedere in prestito ai mercati.
Palazzo Chigi non esclude nuovi interventi per raffreddare i prezzi di luce e gas, dopo i dieci miliardi e mezzo di soldi pubblici stanziati dalla scorsa estate, ma si muove con prudenza, confidando sul buon andamento dell’economia e su quanto avanzato (s’ipotizza fino a cinque miliardi) dalle precedenti misure a sostegno delle attività colpite dal Covid.
Nel cassetto c’è anche il piano presentato dal ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani: una serie di ipotesi, che valgono oltre 9 miliardi, ma che non appaiono di rapida e facile realizzazione. C’è da tenere conto anche che non è chiaro quando l’energia abbasserà la cresta e che l’Europa ci ha detto in modo esplicito di stare attenti alla spesa.
Ma questo non è l’unico tema economico che crea frizioni. Altro fronte caldo è quello dei bonus edilizi, in particolare quello al 100 per cento. Per arginare le frodi (da inizio anno ne sono state denunciate per oltre cinque miliardi) è stata decisa, con decreto, una stretta sul meccanismo del credito fiscale: non potrà più essere ceduto per più di una volta. In pratica, l’impresa che ristruttura, potrà continuare a girare il diritto al rimborso statale alla banca (per avere subito soldi freschi), ma questa non potrà venderlo ad altri come ha fatto finora.
Il timore è che questo nuovo vincolo (valido dal 7 febbraio) possa frenare il settore edilizio e in generale gli investimenti, con ricadute negative anche sulle tasse che incassa l’Erario. Per questo nella maggioranza cresce il pressing per un passo indietro e modifiche al provvedimento approvato a fine gennaio.