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A Venezia il primo Ghetto in Europa

| 5 Febbraio 2022 | CULTURA

A Venezia viene costruito il primo Ghetto Ebraico presente in Europa, che prende il nome del quartiere della città. Il Ghetto infatti,  viene chiamato in questo modo per la presenza nel luogo delle fonderie e degli scarti di rame  geto de rame, termine in uso dal 16. secolo. Dove poi viene confinata la comunità ebraica veneziana durante la Repubblica  dal 29 marzo 1516, tra quello  Nuovo, il Vecchio (1541) e il Ghetto Novissimo nel 1630. Allora l’area si trova ai margini della città, isolata con case fatiscenti e lontano dai luoghi religiosi cattolici, a cui si aggiungono le mura. La legge stabilisce che  “Li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che sono in ghetto appresso San Girolamo”.

In realtà la presenza degli ebrei in laguna risale all’anno Mille, ma nel tempo la popolazione cresce e dopo vari dibattiti e malumori vengono spostati vicino alle fonderie, poi dismesse. Infatti, tra il 13.-16. secolo in molte città dell’Europa Centrorientale gli ebrei vengono espulsi e perseguitati come in Francia, Spagna e Portogallo, trovando rifugio a Venezia. E probabilmente il termine Geto diventa Gheto,   proprio con l’influenza degli ebrei tedeschi, scappati da altre persecuzioni. Per la città gli ebrei si rivelano utilissimi, considerati come gli unici banchieri presenti nel luogo, favorendo l’economia, ma allontanati dal resto della popolazione.

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Comunque, anche il potere economico degli ebrei preoccupa le autorità, che li tassano molto, ma senza perseguitarli. La popolazione arriva a circa 4000 ebrei e le case innalzate fino a otto o nove piani, con soffitti bassi e stanze piccole addossate. Alcune oggi ancora presenti e abitate.

Qui costruiscono Sinagoghe, si mostrano abili, prestano denaro, vendono l’usato e si dedicano alla medicina. L’usura con la figura del  prestatore, diventa una loro attività, evitata dai cattolici per motivi religiosi e fondamentale per l’economia del luogo. E con la chiusura dei Monti di Pietà in città vengono affidati agli ebrei e collocati nel ghetto tre Banchi di Pegno: Rosso, Verde e Nero, che corrispondono al tipo di ricevute rilasciate. Nel luogo l’uso della frase andare in rosso o al verde viene attribuita proprio ai colori dei pegni.

Oltre al confinamento, seguono altre limitazioni, come indossare un segno distintivo inizialmente l’uso della O e poi il berretto giallo. Inoltre possono uscire solo di giorno e non durante le feste cattoliche. Non possono iscriversi alle Corporazioni di arti e mestieri o acquistare terreni, ma occuparsi della tintoria, commercio e tessitura. Nel tempo il ghetto diventa comunque un centro culturale ebraico, a cui spesso ci si rivolge anche per le traduzioni dei libri antichi sulla cabala, l’astrologia e previsioni.

Il Ghetto appare come un isolotto, diviso in tre parti, a cui si accede attraverso due ponti provvisti di tre porte e cancelli.  La sera al tocco della campana a mezzanotte il ghetto si chiude e l’area sorvegliata. I guardiani tra l’altro sono pagati dagli stessi ebrei, rendendo ancora più umiliate la chiusura.

Ma con la discesa di Napoleone (1797), viene abolita la segregazione e anche con l’Unità d’Italia sono considerati al pari di tutti i cittadini. Fino a quando con le leggi razziali promulgate dal Governo fascista nel 1938, non si adottano  nuove e gravi restrizioni e persecuzioni. Viene ordinato un censimento della popolazione ebraica, che conta circa 1200 persone. E nel 1943 sono deportati oltre duecento persone, di cui solo sette miracolati fanno ritorno. Purtroppo!

L’uso in generale di separare gli ebrei dalla popolazione comunque è presente nella storia già con i romani, resi colpevoli di svariati mali, peste compresa. E dal 16. secolo in Italia si diffondono i ghetti a partire da Venezia in molte città come Torino, Verona fino a Capua. Infatti, dopo quarant’anni dalla fondazione del ghetto veneziano, viene istituito anche a Roma (1555), e poi abolito nel 1870 come ultimo recinto. Ma questa è un’altra storia.

“Ognuno è ebreo di qualcuno… oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele”. Primo Levi

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