Alla scoperta di Roma, che nella sua immensità non finisce mai di stupire, con le opere di grandi artisti impreziosiscono le chiese e ornano la città eterna. Tra queste nella Basilica di San Pietro in Vincoli la Meraviglia del Mosè di Michelangelo (1475-1564), immortalato in una statua marmorea di 235 centimetri, che prende forma dal 1513 al 1516. Il progetto viene affidato dal Papa Giulio II della Rovere, per realizzare la sua tomba a San Pietro. Ma l’artista impiega molti anni prima di terminare l’opera, cambiando più volte il progetto. E solo dopo la morte del pontefice che l’artista riprende il lavoro, ma l’opera si rivela problematica, tanto da essere definita dal Buonarroti “La tragedia della sua vita”. I tempi di lavorazione si allungano fino a quaranta anni e il Maestro impiega mesi solo per cercare tra il marmo di Carrara il blocco giusto. Per fortuna lo trova, ma il rapporto tra i due si incrina!
Giulio II, desidera un’opera monumentale simile ai mausolei dell’antichità per impressionare. E non solo con il suo sepolcro, ma anche con altri progetti nella Basilica di San Pietro affidati a vari artisti, tra cui Bramante, il quale insinua il pontefice che sia di cattivo auspicio costruire una tomba prima di morire. Infatti, nascono incomprensioni con Michelangelo, come racconta lui stesso e il lavoro viene compromesso sembra per “l’invidia di Bramante e di Raffaello da Urbino“. E così dopo alcuni progetti e disegni il Maestro irritato si rifugia a Firenze, per poi ritornare in pace nel 1508, richiamato dal papa anche per affrescare la Cappella Sistina.
Con la morte di Giulio II però, nel 1513, la realizzazione del Mosè diventa discontinua e l’opera viene poi spostata da Clemente VII nell’attuale collocazione. Anche i contratti e il progetto maestoso subiscono variazioni dagli eredi del pontefice e il complesso monumentale viene molto ridimensionato. Ma prende vita Mosè, in un ruolo centrale e definito per la sua straordinaria bellezza “l’uomo della luce“.
Infatti, nell’insieme del progetto padroneggia la figura del profeta, che appare seduto con la testa rivolta verso sinistra. E sembra che questa inclinazione venga aggiunta a lavoro ultimato, modificando parte della struttura con una torsione dinamica, che accompagna tutto il corpo. Il motivo della rotazione dopo 25 anni (1542), sembra sia religioso, per spostare lo sguardo di Mosè dagli altari e dal transetto, dove sono custodite le catene di San Pietro. Il viso del Profeta e l’espressione ricordano il carattere irascibile e orgoglioso dello scultore, tanto da essere definito “Terribile“. Inoltre, è affiancato da altre due statue: la Carità e la Fede.
Le corna invece, probabilmente sono un errore d’interpretazione del libro dell’Esodo, dove Mosè appare con due raggi sulla fronte, che tradotto da karan/raggi viene confuso con keren/corna. Inoltre, nel Medioevo solo Gesù può essere avvolto dalla luce, quindi ad alcuni, come appunto Mosè, toccano anche le corna.
La statua comunque, appare sublime con i suoi dettagli, le pieghe della barba, la perfezione del mignolo della mano destra, accompagnato dalla contrazione del muscolo nell’avambraccio. Dettaglio che dimostra la grande conoscenza di Michelangelo dell’anatomia umana, verso cui mostra sin da giovane un vivo interesse, dedicandosi alla dissezione dei cadaveri. Una conoscenza che permette al genio di riprodurre i movimenti muscolari, rendendo ancora più vere le sue sculture.
Altro aspetto importante nell’opera è la luce straordinaria, l’effetto studiato da Michelangelo tra la sua posizione, le finestre e le colonne, che nella primavera al tramonto, riflettono una particolare brillantezza, come se lo stesso marmo la irradiasse.
Si racconta che Michelangelo colpito dalla sua perfezione irritato chieda alla statua: “Perché non parli!”. E non ricevendo risposta lanci sul ginocchio destro una sana martellata, segno ancora visibile. D’altronde la calma non è certo un attributo del genio. Ma è pur vero che non si può avere tutto!
Comunque, si resta incantati da tanta maestria e bellezza e se per perfezionarlo ci sono voluti anni, non c’è dubbio che li valga tutti! Per Vasari la statua è talmente imponente e vera che sembra più “opera di pennello che di scalpello”. Secondo il suo biografo Ascanio Condivi invece: “Questa sola statua è bastante a far onore alla sepoltura di papa Giulio”.
E per noi comuni mortali privi di arte e maestria anche una piega della barba di Mosè è meraviglia pura. Mosè orgogliosamente seduto, fermo e imponente, che distoglie fiero lo sguardo dai suoi ammiratori, resta un capolavoro impressionante! Eppure il Maestro, scultore, pittore e architetto sulla sua arte scrive: “Se la gente sapesse quante ore ho sudato per realizzarlo, non mi considererebbe un genio”. Affermazione a cui ovvio, nessuno crede!