Il 31 gennaio 2020 l’ospedale Spallanzani di Roma diffuse il primo bollettino medico sul coronavirus. Una circostanza dettata dalla scoperta dei primi due casi del virus in Italia: una coppia di cinesi in vacanza nel nostro Paese. Nel giro di qualche giorno, la diffusione sempre più capillare del virus portò il Ministero della Salute ad emanare un proprio bollettino. Viene pubblicato tuttora, ogni sera, con i dati giornalieri sui contagi, le persone attualmente positive, i ricoveri e i decessi. Ma c’è chi pensa che non serva più, almeno in questa forma.
“Sarebbe un’ottima idea far diventare settimanale il bollettino dei contagi, mi sembrerebbe naturale farlo”, ha detto Donato Greco, infettivologo e membro del Comitato tecnico scientifico. “Noi del Cts stiamo discutendo del parlarne col Governo”.
Parte dell’esecutivo si è già espressa. “Il numero dei contagi di per sé non dice nulla, è necessario soffermarsi essenzialmente sui dati delle ospedalizzazioni e occupazione delle terapie intensive”, ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa.
Il bollettino non viene più considerato un indicatore affidabile della situazione epidemiologica in Italia. Alcuni dei motivi li ha spiegati l’infettivologo Matteo Bassetti, uno di coloro che in queste ore hanno chiesto con più forza che il report cambi. “Ora non dice nulla e non serve a nulla se non mettere l’ansia alle persone. Che senso ha dire che abbiamo 250mila persone che hanno tampone positivo? Bisogna specificare se sono sintomatici, asintomatici, sono ricoverati, stanno a casa”.
E ancora: “Questi numeri ci fanno fare brutta figura col resto del mondo, perché sembra che vada tutto male e invece non è così. Nella realtà altri Paesi, che hanno molti più contagi di noi, cercano di gestirli in maniera diversa. Se continuiamo così finiremo con l’andare in lockdown di tipo psicologico e sociale”.
Il riferimento è soprattutto all’aumento del numero dei casi, spinto dalla variante Omicron, e di coloro che sono attualmente positivi. Basta guardare ai dati dell’ultimo bollettino, pubblicato oggi, 11 gennaio 2022: le nuove infezioni sono 220.532, oltre due milioni le persone che hanno il virus. Ma c’è ancora chi considera queste informazioni importanti, seppure incomplete.
È il caso, per esempio, del viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri. “Nell’immediato – osserva – e in attesa di evidenze conclusive sull’argomento, ritengo comunque utile una comunicazione puntuale e trasparente di tutti i dati disponibili, accompagnata da un’adeguata interpretazione che aiuti i cittadini ad orientarsi meglio in questa nuova fase della pandemia”.
Sulla stessa linea il il virologo Fabrizio Pregliasco: “Comunicare giornalmente il dato relativo ai contagi rappresenta una posizione di trasparenza e la raccolta del dato in se è fondamentale per la ricerca e la sanità pubblica. Siamo ancora in una fase di transizione, e non fornire oggi tale dato potrebbe facilitare un ‘liberi tutti’ a cui non siamo ancora pronti”.
Questo aspetto è stato sottolineato anche dal fisico Roberto Battiston, che da tempo analizza i dati sull’epidemia. “Io credo che oggi ci siano due esigenze da tenere insieme”, ha detto. “La prima che è il grande pubblico è bombardato da numeri e rimane spesso sconcertato e impaurito, quindi si può pensare di rilasciare il bollettino Covid ogni 2-3 giorni, meglio se corredato da un commento. Ma a fronte di questo, occorre che i dati siano sempre disponibili per la comunità scientifica, i tempi di raddoppio dei casi Omicron sono molto veloci”.
Il bollettino giornaliero non è l’unico documento ad oggi disponibile sull’andamento dell’epidemia. La Fondazione Gimbe, per esempio, pubblica un report settimanale e con la stessa cadenza anche l’Istituto Superiore di Sanità diffonde il suo monitoraggio. Quest’ultimo ha inoltre diffuso svariati report sulle varianti e sull’efficacia dei vaccini.