
Si avvicina il 2 Novembre con la commemorazione dei defunti Tutti i Santi, e le curiosità e i simboli della morte si affacciano timidi nei pensieri. Tra questi l’uso del nero nella cultura occidentale durante il lutto, nell’abbigliamento e altri segni. Sembra che tale usanza risalga agli Antichi Romani, che ai funerali indossano anche la stola grigia o marrone.
Con il Medioevo i reali francesi sostituiscono il nero con il bianco. Fino a quando la Regina scozzese Maria Stuarda, coniugata a Francesco II di Francia, nonostante un lutto in bianco alla morte del marito, ritorna alle usanze dei romani. Infatti, Maria Stuarda, fervente cattolica, nel 1587, dopo vent’anni di prigionia per complotto, viene giustiziata dalla cugina protestante Elisabetta I d’Inghilterra. Ma non prima di aver dato precise indicazioni alle sue damigelle di vestirsi rigorosamente in nero al suo funerale in stile spagnolo, facilitando e diffondendo l’usanza.
La stessa dominazione spagnola estende l’uso del nero nella tradizione italiana, con i cattolici reali Carlo V e Filippo II, introducendo vestiti austeri e neri, che esprimono la contrizione del lutto. Diventando nel tempo una consuetudine nella nobiltà e nelle tradizioni popolari e religiose e anche molto di moda a corte.
Particolari curiosità sul lutto risalgono al Periodo Vittoriano e fra queste l’usanza di coprire gli specchi, come un rituale. Infatti, gli inglesi inizialmente pensano che l’anima del defunto possa rimanere intrappolata nel riflesso. E sembra che anche in molte zone rurali italiane ci fosse questa credenza. In seguito diventa solo un’espressione del dolore.
Altro rito all’epoca è quello di fermare l’orologio al momento del trapasso. E quasi sempre anche la stanza del defunto viene chiusa e lasciata intatta, ferma nel tempo insieme alle lancette. Proprio come ci ricordano i film dell’horror e i thriller, con una certa inquietudine, ispirandosi alla storia e aggiungendo spettri capricciosi e vendicativi.
Invece, aprire le finestre all’epoca, favorisce il volo dell’anima. Ma in realtà serve più per il ricambio d’aria, di ambienti infetti e maleodoranti, senza contare l’iniziale decomposizione del corpo nelle stagioni calde e la scarsa igiene.
Altra stranezza è l’ingegnosa bara con l’allarme ideata da Adolf Gutsmuth, per essere certi che non si trattasse delle solite morti apparenti. Lui stesso si fa seppellire per alcune ore e verificarne l’efficacia. Sono molte le invenzioni proposte al tempo per essere certi di una morte sicura ed evitare paurosi risvegli. Addirittura alcune tombe sono provviste di scale, tubi, bandiere, se si fosse trattato di una morte breve e non del temuto eterno riposo.
Anche il dottore Johann Gottfried Taberger progetta una bara collegata a una campana, legata con dei fili ai piedi alle mani e alla testa, che in caso di movimenti avrebbe suonato e allertato il guardiano del cimitero. Sperando però che non avesse il sonno pesante o altre futili distrazioni.
A questa tipo d’invenzione è legata la storia o leggenda della giovane americana Bloody Mary, verso la fine dell’Ottocento, che muore di difterite. Almeno sembra. Il padre, un medico, non riesce a salvarla e la madre a farsene una ragione. E la sera della sepoltura aggiunge un filo fra le mani a cui è legato esternamente un campanello. Al padre l’idea della moglie sembra improbabile e insieme all’acqua, per calmarla, aggiunge un sedativo, facilitando un sonno profondo. Ma sbagliando di nuovo. La prima, per averla dichiarata morta troppo presto e la seconda per non aver nutrito nessuna speranza dopo.
Infatti, la mattina al loro risveglio andando a controllare e vedendo il campanello mosso, i genitori capiscono che qualcosa è successo. Infatti, trovano il corpo della figlia sporco di sangue nel tentativo di aprire la bara e salvarsi. Da qui le leggende, (sempre se si tratta di una storia reale) si sono sprecate e la vendetta di Mary non ha risparmiato nessuno. Basta ripetere il suo nome davanti allo specchio, per ritrovarsela dietro le spalle. Meglio non rischiare e usarlo solo per ordinare il noto cocktail e berci sopra.
Comunque le notizie e le curiosità sulla morte per quanto interessanti entusiasmano sempre poco. L’idea d’immaginarsi dall’altra parte freddi e soli, protagonisti assoluti del nero evento, suggerisce idee migliori. Meglio passeggiare in un vicolo cieco, o parlare di niente e guardare il vuoto, piuttosto che caderci per sempre.
“Non v’è rimedio per la nascita e la morte, salvo godersi l’intervallo.”
Arthur Schopenhauer