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Il digitale è il Green Pass Italia

LE PRIORITÀ DEL RECOVERY PLAN - La lezione del calcio in streaming che divide ancora di più il Paese
| 25 Agosto 2021 | L'OPINIONE

Il calcio è la religione degli italiani e fa il suo debutto di campionato in streaming. Realizza in novanta minuti lo straordinario risultato di mandare in onda la partita del digital divide di un Paese che è costretto a rincorrere gli altri e che è rimasto immobile per vent’anni guidato dall’idea-chiave che i tanti o i pochi che questo o quello non ce l’hanno si arrangiano. Siamo sempre al solito federalismo regionalista della irresponsabilità. Per cui i diritti universali non esistono più. Sono i piccoli diritti ad avere una scuola funzionante, un asilo nido nel proprio quartiere, un ospedale attrezzato, un treno veloce, una rete a banda larga ultra-veloce. Queste cose una volta si chiamavano standard di civiltà.

Molto tempo fa lo era avere il gabinetto in casa. Significava avere conquistato uno standard di civiltà. Questa frontiera è stata in buona parte espugnata. Ci sono, però, tanti altri diritti che nel comune sentire delimitano la soglia della partecipazione alla civiltà e, per quanto possa apparire paradossale, il diritto negato a vedere in streaming la partita della squadra del cuore assume un valore simbolico che non va sottovalutato. Perché sono i simboli che tengono insieme il Paese. Perché il simbolo negato dimostra esemplificativamente che, anche pagando, la partecipazione a quel comune benessere che è indice della partecipazione alla società evoluta non è possibile.

Per cui se la banda larga c’è in alcune zone e in altre no, è la fine. Non è negato un piccolo privilegio, è annullato uno strumento che oggi serve per vedere in streaming una partita di calcio, ma allo stesso tempo è indispensabile per fare in modo che l’offerta turistica diventi organizzata, che la pubblica amministrazione entri nelle case degli italiani rendendoli cittadini moderni, che le due Italie comincino a riunirsi.

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Quella rotellina che gira all’infinito con la gente inviperita perché la partita non si vede, dice questo. Ci documenta quanto il nostro Paese deve ancora lavorare per recuperare il suo ritardo con la Germania, la Svizzera, il Canada, ma anche con il Brasile perché è la stessa multinazionale di eventi sportivi (Dazn) che con la sua piattaforma digitale fa cilecca in mezza Italia a offrire con la stessa piattaforma un servizio a pagamento in video streaming e a renderlo disponibile senza problemi in trenta Paesi. Questo dato di fatto rende evidente dove la connessione in streaming funziona e dove no, dove funziona di più e dove funziona di meno. Soprattutto, ci dice perché.

Facciamola breve. Oltre alla notissima diversità di reddito, siamo davanti alla nuova, popolare, cartina di tornasole della doppia distanza dell’Italia rispetto agli altri nel mondo e, al suo interno, tra i suoi sud e i suoi nord. Siamo davanti allo specchio delle nostre diseguaglianze. Vi siete mai interrogati su che cosa hanno significato per l’unità d’Italia trasmissioni televisive come “lascia o raddoppia” o “il musichiere”? Hanno voluto dire una cosa sola: la stessa tv pubblica per tutti gli italiani. Che è la stessa cosa della battaglia vinta per la nazionalizzazione della energia elettrica senza la quale non ci sarebbe stata la rivoluzione italiana dei consumi. Perché il miracolo economico “camminava sulle gambe” di frigoriferi e lavatrici. Che hanno cambiato il modo di lavorare delle donne nelle case e hanno segnato l’inizio della stagione moderna.

Se tanto mi dà tanto, la nuova ricostruzione deve partire dal digital divide perché questo odioso divario territoriale, come tutti gli altri, va rimosso. A questo serve il Recovery plan italiano e questo ci insegna il caso della Dazn che porta le partite di calcio in streaming nelle famiglie di tanti Paesi, ma in Italia è costretta a lasciarne fuori una buona parte.

TAG: digitale, Pnrr, Recovery Plan
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