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Dalla Valle del Sacco alla Terra dei fuochi, le sostanze tossiche minacciano gravemente la salute dei cittadini

| 5 Giugno 2021 | AMBIENTE, CRONACA

Un’area enorme, il cuore dell’Italia: saccheggiata, ferita e intossicata. Anni, decenni di inquinamento industriale, di discariche abusive (e non) e di lentezze burocratiche. La Valle del Sacco e la Terra dei fuochi: da questi due territori prende il via la campagna itinerante di Legambiente #liberidaiveleni per mettere in luce, ancora una volta, mancate bonifiche e situazioni di inquinamento su cui i cittadini, da anni, aspettano risposte pagando l’assenza di una politica trasversale e duratura per il risanamento e il rilancio dei territori.

Si è partiti dalla Campania con un flash mob alle 11 sotto la Giunta regionale, per proseguire nel Lazio con la seconda tappa, alle 16 a Ceccano. Le operazioni di bonifica sono in fortissimo ritardo rispetto ai tempi già stabiliti; serve una decisa accelerazione delle bonifiche dei siti inquinati che costellano il Paese. Tristemente esemplari le vicende che hanno caratterizzato la Valle del Sacco, che attraversa diversi comuni nella provincia di Roma e Frosinone nel basso Lazio, e la Terra dei Fuochi, anticamente denominata Terra Felix, che comprende un’ampia porzione di territorio della Campania tra la provincia di Napoli e Caserta.

Aree, anticamente fertili e floride, accomunate oggi da un inquinamento pesante dei terreni, delle acque superficiali e di falda, delle colture e degli allevamenti, con conseguenti danni ambientali, sanitari ed economici, per cui sono state inserite nel programma nazionale dei siti da bonificare (SIN). Entrambe le aree, poi, sono state però “declassate” a siti di interesse regionale (SIR) nel 2013. Fortunatamente la Valle del Sacco, con un ricorso al TAR che ha visto in prima linea anche Legambiente, è stata riammessa nell’elenco dei SIN, accumulando però un notevole, ulteriore ritardo nelle azioni di bonifica.

“Il PNRR inviato dal governo Draghi a Bruxelles – dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – dimentica le grandi aree da bonificare, i cui interventi di risanamento registrano ritardi insopportabili anche dal punto di vista della salute come dimostrano diverse indagini epidemiologiche”. Il rimpallo di competenze che si è succeduto per 15 anni per il sito del Bacino del Fiume Sacco ha sortito l’effetto di ritardare (o di fornire “la scusante” ai soggetti attuatori) le operazioni di caratterizzazione e di bonifica dell’area.

Nel 2019 con l’Accordo di Programma tra l’allora Ministero dell’Ambiente e la Regione Lazio, sembrerebbe essersi stabilizzata la macchina organizzativa, i ruoli e le competenze dei soggetti attuatori. È previsto un finanziamento di 53,6 milioni di euro, sono state stabilite le prime “priorità di intervento” che per la maggior parte riguardano la messa in sicurezza e la caratterizzazione di aree pubbliche e private.

Sono stati definiti 12 interventi prioritari e le risorse rese disponibili riguardano 10 siti nella provincia di Frosinone e 2 in quella di Roma e prevedono, nell’arco dei primi quattro anni (quindi entro il 2023), all’interno dei comuni ricadenti nel SIN, operazioni di caratterizzazione che riguardano la valutazione epidemiologica dei cittadini residenti, l’inquadramento delle aree agricole ripariali e il monitoraggio delle acque (per uso potabile, irriguo e domestico). Pesante l’impatto sanitario.

Per la Valle del Sacco, nel 2019 il rapporto Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) alla sua quinta edizione ribadisce quanto già individuato, cioè come lo “stato di salute dei residenti nella precedente perimetrazione che comprendeva nove comuni (Anagni, Colleferro, Ferentino, Gavignano, Morolo, Paliano, Segni, Sgurgola, Supino)” porta ad avere “eccessi di mortalità per tutte le cause e, tra gli uomini, eccessi di mortalità per tutti i tumori, in particolare quello dello stomaco e per malattie dell’apparato digerente”.

Per quanto riguarda il Fiume Sacco, ci sono voluti anni per avere le prime notizie su quello che accadeva: cioè rifiuti industriali, stoccati in fusti, che una volta chiusi, venivano interrati lungo gli argini del corso d’acqua. A ogni precipitazione in cui le acque del fiume si ingrossavano esondando l’acqua ha travolto e assorbito questi materiali e sostanze pericolosissime: da qui a penetrare nei terreni e quindi nella vegetazione, cibo per gli animali, e da questi nel loro latte e nelle carni non ci è voluto molto.

E’ il 2005 l’anno che fa scoppiare la vicenda dell’inquinamento. Dai controlli sul latte viene trovato il beta-esaclorocicloesano, il lindano, una molecola derivata dai pesticidi che aveva fatto un lungo viaggio: da quei depositi sotto terra a ridosso del fiume fino ai campi e da questi al foraggio e per ultimo al latte e alla carne. Scoppia così l’emergenza: si ferma la produzione del latte, molte mucche vengono abbattute, alcune vengono trovate morte lungo il fiume, e i terreni vengono resi off-limit. Addirittura, dalle analisi effettuate sugli abitanti della zona emergono contaminazioni di beta-esaclorocicloesano anche sull’uomo.

Sono mesi e anni difficili con intere aree vietate alla coltivazione al pascolo e conseguenti danni economici alle aziende, ma sono anche i primi anni di una crescente consapevolezza di quello che era accaduto. Secondo uno studio del 2012 sui tumori infantili nella Valle del Sacco diffuso da Legambiente, a Colleferro, Segni e Gavignano si registra un aumento del 40% dei ricoveri per patologie tumorali nelle fasce di età dai 0 ai 14 anni; a Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Murolo e Supino, la percentuale di “ospedalizzazione” di bambini della stessa fascia di età è del 18% in più rispetto alla media regionale.

Dati da brivido ad Anagni, 281% in più rispetto alla media di tumori all’encefalo, e 174% di tumori maligni del sistema linfatico per i maschi da 0 a 14 anni. Non cambia di molto la storia in Campania. La triste vicenda inizia circa alla fine degli anni 70, quando parecchie grandi industrie del Nord, grazie alla camorra, sversarono illegalmente di tutto in quella che poi sarebbe stata chiamata la ‘Terra dei fuochi’, a sud di Caserta e nord di Napoli, coinvolgendo circa tre milioni di abitanti.

Negli ultimi venti anni in provincia di Napoli si sono avuti incrementi percentuali del tasso di mortalità per tumori del 47% fra gli uomini e del 40% tra le donne, incrementi che sono stati rispettivamente del 28,4% e del 32,7% anche in provincia di Caserta.

TAG: inquinamento, Terra dei fuochi, Valle del Sacco
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