In nome di quella scienza senza scrupoli, ogni invenzione porta il nome di progresso. L’ideologia transumanista non guarda in faccia a nessuno. Stanno spingendo la super tecnologia in un punto estremo, mai nella storia, senza porsi delle domande di natura etica. Rendendo la vita sempre più virtuale la tecnodittatura pretende di sostituire l’uomo con i robot e l’intelligenza artificiale, sdradicandolo dalla natura in nome di un omologante tecnocapitalismo.
Nessuno vuole tornare nel 1200, ma porsi delle domande in questo contesto diventa di fondamentale importanza. Nell’era Covid 19, sono numerosi “i lanci” pubblicitari della robotica, pronta a salvarci da tutto. Ma è davvero così? L’ultima è di qualche giorno fa. Nel nuovo laboratorio di robotica per l’agricoltura inaugurato a Piacenza dall’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), è stato presentato un braccio robotico esperto nella potatura della vite a guidare la carica dei ‘robot agricoltori’, che si preparano a scendere letteralmente in campo.
Lo staff è contento e motivato: “Attraverso il ricorso all’intelligenza artificiale – afferma Claudio Semini, responsabile della linea di ricerca Dynamic Legged Systems dell’IIT – è stata addestrata una rete neurale artificiale con l’obiettivo di distinguere i diversi organi della vite e di identificare i punti di taglio in corrispondenza dei quali un braccio robotico collegato a una forbice elettrica eseguirà la potatura”.
Il braccio sarà installato su un innovativo sistema di locomozione, il robot quadrupede HyQReal, che vedrà i primi test al termine della prossima stagione vegetativa e sarà poi perfezionato nel corso del 2022. “Il robot quadrupede HyQReal, realizzato in IIT grazie al supporto di INAIL, Moog e nel contesto del progetto europeo ECHORD++, è stato presentato per la prima volta nel 2019 – ricorda Semini – quando ha mostrato la sua forza trainando un aereo di 3,5 tonnellate all’Aeroporto di Genova, e ora è pronto per una nuova sfida”.
Dai fertilizzanti, gli OGM a pesticidi, non poteva mancare il robot agricoltore. Oltre ad un sistema di vita, che si distacca dalla natura, creando non pochi problemi, tra tutti quella della disoccupazione. E se tutto questo diventasse la normalità, che sarà dei vari lavori? Tra qualche anno i robot potranno sostituire l’uomo nella maggior parte delle attività lavorative. Tanto che la disoccupazione in quei Paesi che si avvaleranno della forza lavoro robotica potrebbe superare la soglia del 50%.
A lanciare la preoccupante ipotesi è stato Moshe Vardi, (già nel 2017) esperto di informatica della Rice University in Texas e tra i principali protagonisti del convegno della Società americana per l’avanzamento delle scienze a Washington. Lo scenario preoccupante tracciato da Vardi ricalca quello già emerso dal rapporto del World Economic Forum di Davos, secondo cui si registrerà la perdita di 5 milioni di posti di lavoro nei prossimi anni per colpa dell’automazione. “La tecnologia che stiamo sviluppando porterà davvero benefici al genere umano?”, si domandò Vardi. Ad interessare il fenomeno saranno e sono i lavori manuali, certo, ma anche quelli intellettuali.
È il caso di Ross, ad esempio, il primo robot ad essere stato elaborato per la comprensione delle cause legali, assunto dalla Baker & Hostetler, è la cosa più simile ad un avvocato artificiale presente nel mercato della robotica contemporanea: “Gli poni le tue domande in inglese semplice, come faresti con un collega, e poi Ross passa in rassegna l’intero corpus legale e ti dà una risposta contenente una citazione e letture a tema a partire dalle leggi, dai precedenti legali e dalle fonti secondarie per metterti velocemente in moto”, si legge nella descrizione del prodotto Ibm.
Ross, dunque, ma anche STAR, il robot che può effettuare operazioni chirurgiche in assoluta autonomia. I giornalisti, poi, non se la passano meglio: Associated Press ha cominciato ad usare Wordsmith, che qualcuno profetizza prossimo vincitore di un premio Nobel, un algoritmo capace di scrivere da solo. Funziona dalla metà del 2014 ed è già diventato protagonista sulle riviste trimestrali delle aziende americane.
C’è, poi, Otonaroid, il primo conduttore di telegiornali ad essere un robot. Sviluppato dallo scienziato giapponese Hiroshi Ishiguro, il giornalista televisivo somiglia in tutto e per tutto ad un essere umano ed oltre alla capacità di leggere le notizie ha anche quella di interagire con il mondo umano circostante.
Il settore, insomma, sta lentamente coprendo tutte le attività svolte solitamente dagli uomini: i chatbot, cioè quegli algoritmi capaci di chattare con gli esseri umani, utilizzati soprattutto per l’assistenza clienti, i robot che gestiscono interamente alberghi destinati agli esseri umani che consentono ai proprietari delle strutture di dover affrontare molti meno costi di gestione, c’è F, che sta per In-situ Fabricator, il robot muratore, che si muove dentro i cantieri in modo del tutto autonomo ed ha competenze strutturali in tutti i campi della costruzione edilizia e, soprattutto, c’è Handle, la nuova produzione di Boston Dynamics, l’azienda del gruppo Alphabet (Google) che si era già distinta sul mercato della robotica mettendo a punto Big Dog, Atlas, Cheetah e PetMan. Handle si muove su due ruote, ha l’agilità di un ballerino e corre a grosse velocità.
Un prodotto che sembra essere destinato ad usi militari, in grado di stare in equilibrio bilanciando la propria massa avanti ed indietro e persino capace di saltare gli ostacoli. La creazione più inquietante degli ultimi anni per coloro che nella robotica vedono un grosso pericolo per l’uomo. Ci sono le macchine autonome, i commercialisti, i guidatori di camion, i lavoratori domestici, i robot prodotti per avere rapporti sessuali e così via.
Mentre c’è chi si preoccupa di assumere i robot in fabbrica, c’è chi si preoccupa di dar vita ad un robot in grado di fare colloqui di lavoro e selezionare gli umani ( o magari i robot stessi) più idonei per ricoprire un determinato ruolo. Matilda, progettata dal Research Center for Computers, Communication and Social Innovation (Reccsi) dell’Università La Trobe di Melbourne, in Australia, legge, risponde e memorizza le emozioni umane come le espressioni facciali, la voce e il tatto.
Il robot sottopone i candidati a una serie di domande, analizza le risposte e le confronta con quelle degli altri candidati, monitora le loro espressioni facciali e si ispira, nella scelta, agli altri impiegati di successo all’interno dell’azienda. Non è difficile prevedere che i tassi di disoccupazione possano raggiungere cifre mai viste in tutto il mondo civilizzato. In tutto questo, stimati professori e scienziati è doveroso o no porsi delle domande?