
Ancora lui. Ancora lui e sempre lui. Novak Djokovic è il re di Melbourne per la nona volta in carriera. Quella del serbo con lo slam australiano, d’altronde, è una storia d’amore che va avanti ormai da 13 anni e che noi appassionati di tennis conosciamo fin troppo bene. Da quel lontano 2008, primo slam e primo Australian Open in carriera, sono successe molte cose, ma la sostanza rimane la stessa: in Australia Novak Djokovic non perde mai quando è in finale. Quest’anno a farne le spese è stato il russo Daniil Medvedev, uno dei giocatori della nuova generazione più in forma del momento. Non sono bastati i suoi colpi e nemmeno la sua agilità. Contro Novak bisogna prima di tutto superare se stessi. E forse proprio in questo non è riuscito il russo. Prima ancora di scendere in campo, la partita era già decisa a livello mentale.
Il risultato, infatti, parla chiaro. Il 7-5 6-2 6-2 finale è l’ennesima riconferma di un giocatore in grado di dominare qualsiasi avversario e in qualsiasi superficie. I più giovani devono quindi ancora attendere. Dando un rapido sguardo alla partita, vediamo infatti che gli unici momenti di equilibrio sono stati il primo set e l’inizio del secondo, con Medvedev che strappa il servizio a Djokovic in apertura e poi si porta in vantaggio. Dall’altra parte della rete, però, c’è il numero uno al mondo, un campione che bisogna battere prima di tutto sul piano mentale. Daniil non mantiene il distacco e Novak resiste, recupera il break di svantaggio e strapazza il russo ad una velocità impressionante, chiudendo il parziale con un secco 6-2. L’ultimo set, allo stesso modo, offre nel suo primo game una possibilità di luce al moscovita che però non conclude e non riesce più a sbloccarsi. Un secondo 6 a 2 porta nelle mani di Novak Djokovic il nono slam australiano e il diciottesimo in carriera. E la storia d’amore con l’Australia continua a non fermarsi.
Più che con l’Australia, però, nel caso di Novak sarebbe meglio parlare di storia d’amore con il tennis in generale, e oramai i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Djokovic, da lunedì 22 febbraio, vivrà la 311° settimana da numero uno al mondo e il record assoluto di Roger Federer, fermo a 310, viene finalmente superato. Nessuno, nella Storia, è stato così a lungo in vetta come il serbo. E adesso, nel mirino di Djokovic c’è un altro obiettivo da raggiungere e poi oltrepassare: il numero totale degli slam vinti. Con il trionfo australiano, il 18° in bacheca, Novak Djokovic si porta infatti a -2 da Federer e Nadal, a quota 20. Siamo vicini al record? Lo scorrere del tempo ci dirà se riuscirà nell’impresa oppure se accadrà qualcosa di talmente grande da renderglielo impossibile.
E a impedirglielo, ovviamente, oltre ai soliti Federer e Nadal, il mondo del tennis si augura che si inseriscano al più presto nuovi volti e giovani giocatori. La schiera dei talenti e dei potenziali vincitori slam, come spesso se ne parla, è ricca e assai numerosa. Ancora una volta, però, la breccia non è stata aperta. Contro i più giovani, negli slam, vincono sempre loro. Non è bastato Tsitsipas, che ai quarti ha estromesso Nadal prima di cedere alle semi contro Medvedev, e, appunto, non è bastato Medvedev. Probabilmente non è bastato neanche Thiem, che l’anno scorso ha vinto gli US Open contro Zverev in finale, ma evidentemente non ha dato il coraggio e l’ispirazione sufficienti per abbattere la fortezza dei Big Three. Djokovic è ancora il numero uno ed è ancora l’uomo da battere. Quando sarà il momento dei più giovani?
Questa è ovviamente una domanda che sentiamo molto spesso, e la sentiamo ormai da quattro o cinque anni. Forse, però, visti i risultati negli slam, è il caso di riformularla in altro modo: i più giovani inizieranno mai a vincere con Novak, Rafa e Roger ancora in attività oppure bisognerà aspettare che questi “vecchi” lascino definitivamente il tennis giocato?
La questione, posta in questi termini, forse può suonare un poco cruda e irrispettosa, perché rende implicito il fatto che i più vecchi, risultati alla mano, sono decisamente i più forti e i più vincenti. D’altro canto, però, è decisamente più realistica e aderente ai fatti. La nuova generazione non riesce a sfondare e a vincere con costanza. La rottura ancora non c’è stata, e, per esserci, i numeri dei giovani dovranno assolutamente invertire la rotta. Cosa succederà nei prossimi anni? Chi lo sa. Noi, nel frattempo, ci godiamo lo spettacolo. Qui gli highlights della finale: https://youtu.be/0nDZzoLq2js