Il Natale, nonostante il dinamismo e la velocità del mondo moderno, è la festa che maggiormente ci tiene attaccati ai nostri luoghi e alla nostra famiglia. Durante questo periodo, infatti, fanno ritorno alle proprie case moltissimi studenti oppure lavoratori. E una famiglia, come d’incanto, si ritrova di nuovo unita e in momenti di condivisione. Il senso sacro della famiglia, quindi, parrebbe celebrato e custodito di anno in anno. Il Natale e la purezza infranta dello spirito cristiano. Parte I
C’è qualcosa, però, di cui spesso non siamo consapevoli e che ci impedisce di vivere fino in fondo il vero significato del Natale. In quanto festa cristiana, infatti, il Natale dovrebbe essere fortemente connesso non soltanto alla nascita, ma anche alla vita, alle parole e alle azioni di Gesù Cristo. Celebrando la sua nascita celebriamo anche la sua figura. E cos’ha detto Gesù di tanto importante e, oltre 2000 anni dopo, ancora attuale? Per quale motivo viene ancora ricordata la sua venuta al mondo?
La risposta, che si potrebbe cercare in maniera dotta tra le righe della Bibbia così come, in maniera più diretta, tra le vite di milioni di credenti, è in realtà molto semplice e al contempo complessa. Gesù, infatti, in un atto di grande rivoluzione e rottura, ha lanciato agli uomini un messaggio di amore e di pace e di solidarietà e fratellanza. Il messaggio, come è facile intuire, è chiaro e comprensibile: dona amore! La realtà, però, molto spesso non rende semplice interpretarlo e porlo in atto. E, senza pensare alle guerre, basta volgere lo sguardo ai litigi, alle inimicizie e alle difficoltà che incontriamo nel perdonare noi stessi e gli altri.
Cristo, però, o meglio, proprio per questo, proprio perché nonostante in quanto uomo conoscesse i meccanismi di questi sentimenti, il messaggio d’amore ha voluto lanciarlo lo stesso. «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Gv 15, 12-14). “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20, 35). E, ancora, nel Vangelo di Marco: “Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi”.
Parole simili sono sconvolgenti in ogni epoca e in ogni civiltà. Ai giorni nostri, in un mondo dove dominano individualismo ed egoismo, risultano ancora potenti ed altamente illuminanti. E su Gesù, del resto, c’è e ci sarà ancora molto da dire. Senza entrare in questioni teologiche, sappiamo per esempio che la sua figura è uno dei punti di contatto tra ebraismo, cristianesimo e islam.
Tornando al nostro discorso, che verte sul Natale, ritengo necessario porre l’attenzione su alcune domande che in apparenza sono talmente semplici da risultare scontate. Il Natale, ovvero la celebrazione della nascita di Cristo, in che modo ha a che fare con il suo messaggio di amore e fratellanza? In che modo, a livello collettivo, noi cristiani viviamo e rispettiamo il Natale? Siamo sicuri di tradurre in atto le parole e gli esempi di Gesù?