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Genitori dannosi con figli di successo: da Truman Capote, Cary Grant, Marilyn Monroe, John Lennon

| 19 Dicembre 2020 | CULTURA

La vita di alcuni personaggi e artisti di fama internazionale apparentemente perfetta e invidiabile, nasconde un’infanzia difficile con genitori instabili o dannosi, ma con figli di successo. Un passato oscuro,  sembra fortificare la tempra e la loro tenacia nell’affermarsi e sostenere le proprie passioni. E magari, se avessero ricevuto il dono dell’amore, si sarebbero salvati da loro stessi e avuto una vita tranquilla priva di ambizioni, eccessi e celebrità. Invece, è proprio la loro sofferenza, i tormenti, la solitudine a renderli Unici e Immortali.

Tra i nomi noti dall’infanzia difficile lo scrittore americano Truman Capote  (1924 –1984), autore di grandi opere letterarie come Colazione da Tiffany e A sangue freddo. Truman è anche un caro amico d’infanzia di “Harper Lee, scrittrice anch’essa autrice del romanzo Il buio oltre la siepe (1960)”. Lui stesso sollecita l’amica a realizzare il libro per i suoi racconti ironici e autobiografici. Truman, seppur in modo diverso, ha come Harper “una vita familiare difficile”, segnata dalla separazione dei genitori. Infatti, Truman viene affidato ad alcuni parenti a Monroeville e solo di rado riesce a vedere la madre, che si mostra distaccata e alla ricerca di nuove e ricche occasioni per rifarsi una vita.
Tanto da portare persino il figlio “con sé durante gli incontri con i propri amanti, chiudendolo a chiave, al buio, in una stanza d’albergo”. Un’esistenza la sua selvaggia, libera e solitaria con l’unico sostegno della cugina Sook,  l’amica Harper e le sue grandi passioni per la lettura e scrittura, presenti già a otto anni.

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I libri sono un sano rifugio per lo scrittore, spesso deriso per i modi effeminati. E presto con la sua immensa cultura si afferma nei Premi letterari e come scrittore di fama mondiale, frequentando i salotti mondani e ritenuto nell’ambiente un “intellettuale dandy”. Nonostante i traguardi, il suo carattere complicato e la natura omosessuale, non riesce a vivere con serenità. Lui stesso ammette: “Sono un alcolizzato. Sono un tossicomane. Sono un omosessuale. Sono un genio”. Non riesce mai a superare l’affetto negato dalla madre,  lasciando ferite indelebili. Una vita di eccessi, alcool, che causa la sua morte per cirrosi epatica. Le mancanze che l’hanno aiutato a diventare l’eterno Truman Capote, sono anche la sua condanna, smarrito nel vuoto affettivo in un mondo indifferente e famelico.

Una storia seppur diversa, viene vissuta da Cary Grant, caratterizzata da tanti lati oscuri e irrisolti. Anche per Grant, considerato tra gli attori di maggior successo, l’infanzia non è certo un periodo idilliaco. Nato in Gran Bretagna a Bristol il 18 gennaio 1904 e spento a Davenport il 29 novembre del 1986, secondo una recente biografia di Marc Eliot, rivela che a soli nove anni il padre fa credere al figlio, che la madre sia morta di cancro. Un lutto traumatico considerando la giovane età della discussa e misteriosa star, che lo porta a soli quindici anni a lasciare gli studi per seguire una compagnia di saltimbanchi. Anni dopo, quando già vive negli Stati Uniti e ha intrapreso la carriera cinematografica, scopre che la madre non è mai morta e si trova rinchiusa in una clinica psichiatrica. Probabilmente voluto dal padre e non solo per i suoi isterismi, ma anche per vivere finalmente con l’amante e senza l’intralcio della moglie. Di fronte alla sconcertante scoperta, la madre viene rilasciata dall’Istituto e Cary provvede a una nuova sistemazione e al suo mantenimento. Ma nonostante la gioia di saperla viva, il passato doloroso definisce la sua natura controversa per sempre. E non mancano allusioni, ipotesi poco chiare sulla sua personalità e le sue relazioni sentimentali.

L’attore bello, raffinato e affascinante, che ha ispirato l’agente James Bond e molto amato da Hitchcock, riesce a imporsi e a farsi conoscere a livello internazionale, ma appare sempre ambiguo. E nonostante i cinque matrimoni e una figlia, le voci sulla sua presunta bisessualità o omosessualità, e i lati oscuri continuano a rumoreggiare e a fare discutere. Per tanti alcune sue relazioni sono una copertura, per tacere altre verità.  Lui stesso dichiara: “Ho finto per tutta la vita di essere qualcuno fin quando non mi resi conto di essere diventato quella persona immaginaria”. Il dolore provato pensando alla madre morta e il senso d’abbandono, sembra segnare i suoi rapporti futuri irrimediabilmente.


Altri personaggi famosi oggi considerati delle vere e proprie icone mondiali  hanno subito mancanze e tormenti simili. Basti pensare all’indimenticabile Marilyn Monroe che ha  “trascorso gran parte della sua infanzia in case-famiglia”, con una madre inadeguata e un padre dileguato. La madre instabile mentalmente e con difficoltà economiche non è in grado di accudirla e per Marilyn inizia un vero calvario passando da una famiglia all’altra, tra sofferenze, mancanze e abusi. La stessa fame d’amore, il vuoto e la solitudine, nonostante i grandi successi, causano purtroppo la sua prematura scomparsa, rafforzando il suo mito e diventando fonte d’ispirazione.


Lo stesso Tom Cruise, interprete di Mission: Impossible, racconta di un’infanzia dura, per le violenze subite dal padre, che lo picchia spesso e senza motivi. E  quando finalmente i genitori si separano, per lui non è certo un dramma, ma una sana liberazione. Invece, John Lennon, cantante dei Beatles e solista,  viene affidato presto alle cure della zia Mimi, e sottratto dai nonni alla madre, che la ritengono inadeguata per la sua crescita. Intanto, la madre Julia poi, continua la sua vita con altri figli, vedendolo di rado, ma quando John diventa  più grande, riprendono i rapporti. Purtroppo, questo riavvicinamento dura poco, spezzato dalla morte di Julia  per un incidente. Perdendo la madre, come lui dice due volte, e proprio quando il rapporto sembra evolversi.

Osservando queste vite di geni famosi e  infelici, sembrano confermare l’importanza di un’infanzia affettiva sana ed equilibrata. Ma allo stesso tempo  che i traumi e le frustrazioni, favoriscono la creatività in un connubio di genio e follia. Il dolore non si disperde, ma serve, si trasforma per seminare e costruire sulle ferite, generando passione, arte, idee, forza e mondi nuovi e seduttivi. E lo stesso John Lennon, per le mancanze affettive materne in un’intervista del 1971, ammette:

«Il dolore più grande è non essere desiderati, renderti conto che i tuoi genitori non hanno bisogno di te quando tu hai bisogno di loro. Quando ero bambino ho vissuto momenti in cui non volevo vedere la bruttezza, non volevo vedere di non essere voluto. Questa mancanza di amore è entrata nei miei occhi e nella mia mente. Non sono mai stato veramente desiderato. L’unico motivo per cui sono diventato una star è la mia repressione. Nulla mi avrebbe portato a questo se fossi stato normale».

TAG: figli, genitori, Star
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