Guai a toccare la scienza, la tecnologia. Hanno tutte le risposte ed è vietato fare delle domande. Non guardano in faccia a nessuno in nome di quella tecnocrazia, armata di capitalismo pronta a distruggere qualsiasi identità per il controllo completo.
Da anni viene denunciata questa minaccia totalitaria. La robotica, l’intelligenza artificiale ed altro ancora, si stanno impossessando dei nostri spazi, dei nostri lavori e del nostro tempo libero.
Intanto, Microsoft fa sapere, che non rinnoverà i contratti a circa 50 giornalisti impegnati sul suo portale Msn e prevede di utilizzare l’intelligenza artificiale per svolgere le loro mansioni. Lo riferisce il Seattle Times.
Alcuni dipendenti, parlando sotto anonimato, hanno affermato che il loro lavoro sarà sostituito dall’uso di algoritmi per identificare le notizie di tendenza tra quelle di decine di partner editoriali e per ottimizzare il contenuto riscrivendo i titoli, aggiungendo fotografie o slide show.
Fino al 2013 il portale Msn offriva contenuti originali e collegamenti a notizie, meteo e sport, ma nel 2014 ha lanciato una versione pagando altri siti di notizie per ridistribuire i loro contenuti. Oggi il servizio news si basa interamente su quelle partnership senza alcuna produzione originale.
E’ solo un piccolo esempio. Moshe Vardi, (già nel 2017) esperto di informatica della Rice University in Texas e tra i principali protagonisti del convegno della Società americana per l’avanzamento delle scienze a Washington, si domando’: “La tecnologia che stiamo sviluppando porterà davvero benefici al genere umano?”
Secondo un rapporto presentato a Davos, nel 2016 nel meeting del World economic forum, entro la fine del 2020 i robot si prenderanno 5 milioni di posti di lavoro prima occupati da altrettanti uomini in 15 Paesi del mondo.
All’interno della comunità scientifica c’è anche chi invita a tenere alto il livello di guardia. E’ difficile quantificare, ma il 50% dei posti di lavoro nei prossimi anni sarà messo a rischio dai progressi dell’intelligenza artificiale.
Bart Selman professore di Computer science all’Università Cornell di Ithaca, nello stato di New York, nel 2015, insieme ad altre centinaia di ricercatori, ha firmato una lettera aperta rivolta ai governi di tutto il mondo. Tra gli aderenti, anche il fisico inglese Stephen Hawking e l’imprenditore Elon Musk.
I firmatari chiedevano di valutare le opportunità, ma anche i rischi, dell’evoluzione dell’intelligenza artificiale. L’esperto prese come esempio i magazzini di Amazon: “Qui si muovono migliaia di robot tra gli scaffali.
Ci sarà ancora qualche magazziniere per gestire le squadre di robot, ma la forza lavoro umana è ridotta del 90%. Allo stesso modo, i sistemi di diagnosi medica non elimineranno la richiesta di radiologi, ma ridurranno significativamente il loro numero, perché la maggior parte delle diagnosi di routine possono essere fatte ugualmente, se non meglio, usando le macchine”.
In un articolo del 2016 de Il Fatto Quotidiano, viene sottolineato, che nel 2014, per esempio, sono stati venduti 230mila robot industriali con una crescita del 30% rispetto all’anno prima. E si prevede che sarà così anche per i prossimi anni.
In Cina si registra la prima fabbrica “deumanizzata”, dove gli operai di un’azienda di componenti per cellulari sono passati da 650 a 20, seguendo un programma industriale dal nome quanto mai esplicito: “Robot replace human“… Ad interessare il fenomeno saranno e sono i lavori manuali, certo, ma anche quelli intellettuali.
È il caso di Ross, ad esempio, il primo robot ad essere stato elaborato per la comprensione delle cause legali, assunto dalla Baker & Hostetler, è la cosa più simile ad un avvocato artificiale presente nel mercato della robotica contemporanea: “Gli poni le tue domande in inglese semplice, come faresti con un collega, e poi Ross passa in rassegna l’intero corpus legale e ti dà una risposta contenente una citazione e letture a tema a partire dalle leggi, dai precedenti legali e dalle fonti secondarie per metterti velocemente in moto”, si legge nella descrizione del prodotto Ibm.
Ross, dunque, ma anche STAR, il robot che può effettuare operazioni chirurgiche in assoluta autonomia. I giornalisti, poi, non se la passano meglio: Associated Press ha cominciato ad usare Wordsmith, che qualcuno profetizza prossimo vincitore di un premio Nobel, un algoritmo capace di scrivere da solo. Funziona dalla metà del 2014 ed è già diventato protagonista sulle riviste trimestrali delle aziende americane.
C’è, poi, Otonaroid, il primo conduttore di telegiornali ad essere un robot. Sviluppato dallo scienziato giapponese Hiroshi Ishiguro, il giornalista televisivo somiglia in tutto e per tutto ad un essere umano ed oltre alla capacità di leggere le notizie ha anche quella di interagire con il mondo umano circostante.
Il settore, insomma, sta lentamente coprendo tutte le attività svolte solitamente dagli uomini: i chatbot, cioè quegli algoritmi capaci di chattare con gli esseri umani, utilizzati soprattutto per l’assistenza clienti, i robot che gestiscono interamente alberghi destinati agli esseri umani che consentono ai proprietari delle strutture di dover affrontare molti meno costi di gestione, c’è F, che sta per In-situ Fabricator, il robot muratore, che si muove dentro i cantieri in modo del tutto autonomo ed ha competenze strutturali in tutti i campi della costruzione edilizia e, soprattutto, c’è Handle, la nuova produzione di Boston Dynamics, l’azienda del gruppo Alphabet (Google) che si era già distinta sul mercato della robotica mettendo a punto Big Dog, Atlas, Cheetah e PetMan.
Handle si muove su due ruote, ha l’agilità di un ballerino e corre a grosse velocità. Un prodotto che sembra essere destinato ad usi militari, in grado di stare in equilibrio bilanciando la propria massa avanti ed indietro e persino capace di saltare gli ostacoli.
La creazione più inquietante degli ultimi anni per coloro che nella robotica vedono un grosso pericolo per l’uomo. Ci sono le macchine autonome, i commercialisti, i guidatori di camion, i lavoratori domestici, i robot prodotti per avere rapporti sessuali e così via.
Mentre c’è chi si preoccupa di assumere i robot in fabbrica, c’è chi si preoccupa di dar vita ad un robot in grado di fare colloqui di lavoro e selezionare gli umani più idonei per ricoprire un determinato ruolo. Matilda, progettata dal Research Center for Computers, Communication and Social Innovation (Reccsi) dell’Università La Trobe di Melbourne, in Australia, legge, risponde e memorizza le emozioni umane come le espressioni facciali, la voce e il tatto.
Il robot sottopone i candidati a una serie di domande, analizza le risposte e le confronta con quelle degli altri candidati, monitora le loro espressioni facciali e si ispira, nella scelta, agli altri impiegati di successo all’interno dell’azienda. Non è difficile prevedere che i tassi di disoccupazione possano raggiungere cifre mai viste in tutto il mondo civilizzato.
Non rimaniamo con lo sguardo fisso nel vuoto sui telefonini e tablet in un mondo virtuale. Siamo sull’orlo di una rivoluzione antropologica che intende snaturare l’Uomo della propria umanità, per renderlo sempre simile a una “macchina” e al contempo più manipolabile e controllabile.
È in gioco la nostra sopravvivenza: conoscere le ricerche e gli obiettivi nel campo del post-umano può aiutarci a fermare questa deriva prima che siano le macchine a ribellarsi ai propri inventori, come nei peggiori incubi. L’essere umano ha delle grandissime potenzialità, non facciamoci intrappolare in una cella dalle pareti trasparenti. Riprendiamoci la nostra vita.