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Stop Femminicidio

| 21 Settembre 2019 | ATTUALITÀ

Parallelamente alla crisi politica agostana innescata da Matteo Salvini, una delle più inspiegabili dell’intera storia repubblicana, andava in scena un’emergenza silenziosa che dura tutto l’anno e tocca i suoi picchi massimi proprio durante i mesi estivi.

«I periodi festivi, in genere, sono sempre quelli di maggior lavoro per i centri antiviolenza», racconta a Left Francesca Innocenti, presidente del Centro donna Lilith.

Quella che potrebbe sembrare una piccola realtà di Latina è in realtà un centro che accoglie donne in fuga, talvolta assieme ai figli, da relazioni in cui la violenza domestica è ormai divenuta una componente quotidiana.

Ma limitarsi ai posti letto disponibili, sette, non rende giustizia all’importanza del progetto: dal 1991 ad oggi sono transitate al Centro donna Lilith più di tremila donne, e dal 2003 sono almeno 200 i bambini che vi hanno trovato rifugio con la madre.

La presenza sul territorio di questa struttura è fondamentale, essendo rimasta l’unica in tutta la provincia di Latina in seguito alla chiusura dell’unica altra casa rifugio presente in zona.

Purtroppo non si tratta di un episodio occasionale, anzi, la scarsa sensibilità delle amministrazioni locali sull’importanza sociale dei centri antiviolenza è supportata da molti esempi recenti.

Basti pensare alla Casa internazionale delle donne di Roma, al momento sotto sfratto tra mille polemiche, o anche il Centro di Tor Bella Monaca, nel cuore di uno dei quartieri più problematici della Capitale, che ha più volte rischiato di scomparire.

Nel frattempo, soltanto nell’arco dell’ultimo mese, dieci donne sono state uccise dagli uomini che avevano respinto o lasciato, ultime vittime di una strage che prosegue imperterrita e che spesso sfocia in assurdi meccanismi di colpevolizzazione della vittima

La situazione rimane critica anche in prospettiva, e non sembrano arrivare segnali incoraggiante nemmeno dai primi passi mossi dal Governo Conte II.

La ministra delle Pari opportunità e per la famiglia Elena Bonetti ha fatto sapere che il contestatissimo ddl Pillon sull’affido condiviso sarà accantonato, è vero, ma la formazione del nuovo esecutivo conta solo 7 ministre donne su 21, e si è parlato soltanto una volta di donne, e in chiave imprenditoriale.

L’impegno contro la prevenzione dei femminicidi e la lotta alla violenza è ancora troppo scarso, e anche il cosiddetto Codice Rosso, legge a tutela delle donne vittime di violenza domestica, si è rivelato del tutto inefficace.

Lo dimostrano i dieci femminicidi avvenuti dall’8 agosto, data di entrata in vigore della legge: «Il Codice rosso non considera il volere delle donne», ribadisce Francesca Innocenti, la cui esperienza sul campo suggerisce che i tempi sono diversi per ciascuna donna, e spesso è necessario un certo periodo di tempo per prendere coscienza di quegli abusi che talvolta non lasciano lividi sul corpo ma cicatrici psicologiche terribili e profondissime.

A convincere poco è proprio il modo in cui si velocizza l’iter giudiziario: «Lavorare in fretta e furia – prosegue Innocenti – non è la chiave per avere un reale beneficio nella lotta alla violenza. Quando una donna arriva a denunciare, molto spesso racconta solo l’ultimo episodio accaduto, quello che l’ha spinta a dire basta. Ma la permanenza nelle case rifugio le offre la possibilità di provare a elaborare quanto ha vissuto, magari arrivando a riconoscere come violenti dei comportamenti che prima reputava normali».

La vicenda giudiziaria che ha riguardato l’omicidio di Sara Di Pietrantonio, al contrario, costituisce un precedente di grande importanza perché dimostra come in Italia sia possibile celebrare un processo in tempi assolutamente ragionevoli applicando la legge in modo corretto.

Il suo omicida Vincenzo Paduano è stato condannato all’ergastolo con una sentenza che ha, forse per la prima volta, evidenziato e stigmatizzato il ruolo centrale che il reato di stalking ha rivestito nella vicenda di cronaca.

Un segnale di discontinuità con quanto avvenuto finora, e che potrebbe aprire una breccia fondamentale nell’approccio a questo tipo di reati.

TAG: Antiviolenza, Centro donna Lilith, ddl Pillon, femminicidio
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