
Nella storia del cinema italiano sono molte le coppie di attori che insieme garantiscono film di grande successo, da Monica Vitti e Alberto Sordi, a Mariangela Melato e Giancarlo Giannini con interpretazioni da Oscar. Tra queste celebrità restano vive nella memoria con circa quattordici film, l’ineguagliabile Sophia Loren e il camaleontico Marcello Mastroianni, un marchio italiano. Insieme in tante pellicole di successo come Tempi nostri, Peccato che sia una canaglia, La bella mugnaia, La fortuna di essere donna, Ieri, oggi, domani, Matrimonio all’italiana, I girasoli, La moglie del prete, Una giornata particolare, Pret-à-Porter.
Entrambi attori di grande fama internazionale, eclettici, carismatici capaci di aggiungere sempre quel tocco di sensibilità e spessore anche a piccole storie, facendole diventare dei classici del cinema. La loro bravura, sintonia, bellezza, carattere e interpretazione sono un risultato sicuro, per qualsiasi regista. E sicuramente con Vittorio De Sica, i due attori rappresentano un connubio perfetto, complici e talentuosi, improvvisano e “dopo dieci minuti”, si muovono in perfetta sintonia.
Sofia Villani Scicolone, nata a Roma il 20 settembre nel 1934 e vissuta a Pozzuoli, arriva giovanissima nella capitale a soli quindici anni, trovando la sua fortuna nell’incontro e unione con il produttore Carlo Ponti, da cui nasce un sodalizio sentimentale e artistico, durato poi tutta la vita, in ruoli “cuciti ad arte per lei”. “Devo ringraziare mio marito e De Sica. Ho cominciato dal niente. Mia madre era una povera signora, ci morivamo di fame e siamo andate a Roma. Senza persone che credono in te non vai da nessuna parte”.
La sua verve napoletana nella parte della popolana, spontanea, forte, battagliera, accattivante, maliziosa, la rende famosa in tutto il mondo. In queste interpretazioni, esprime al meglio la sua natura forte e prorompente e le sue radici partenopee, aggiungendo credibilità alla narrazione e andando oltre la finzione, come se le vicende le avesse realmente vissute e si limitasse a ripeterle. “La vita mi ha insegnato tutto, mi è bastato portarla sullo schermo piano piano. Gli attori vanno nelle scuole ma io tutti i sentimenti li portavo dentro di me. Non potevo sbagliare”.
La Loren, lavora con i più grandi registi da Sydney Lumet, Dino Risi, Mario Monicelli, Ettore Scola e tra i premi ricevuti, tanti, la Coppa Volpi, l’Oscar per la Ciociara e per la carriera, i David di Donatello, il Nastro Argento, il Globo d’oro.
E anche per Marcello Mastroianni, la carriera, soprattutto dopo “La dolce vita” è segnata da una grande fama. Nato a Fontana Liri nel 1924 e spento a Parigi nel 1996, inizia a lavorare da bambino come comparsa nei film di De Sica. Nella sua fortunata carriera anche lui come la Loren lavora con grandi cineasti, da Luchino Visconti, Luciano Emmer, Ettore Scola e Federico Fellini che lo consacra nella Dolce vita. Dino Risi, lo considera “l’anima del cinema italiano ”, e con la Loren girano “La moglie del prete”. In seguito nel ’75, i due si ritrovano di nuovo sul set con “La pupa del gangster” di Capitani e poi in “Una giornata particolare”.
Marcello riceve molti riconoscimenti, tranne l’Oscar, anche se in tanti ruoli lo avrebbe davvero meritato. Basta ricordare qualche sua interpretazione in Divorzio all’italiana, I soliti ignoti, o come il tormentato Oreste, muratore comunista in “Dramma della gelosia”. Dove perdutamente innamorato di Adelaide, dopo essere stato lasciato per un altro uomo, si consuma nella gelosia fino a ucciderla in uno scontro con il rivale. Rappresenta e restituisce anche qui i tormenti interiori, la perdita di lucidità con una serie di tic e ossessioni che non temono confronti, facendo del suo ruolo una figura emblematica e unica.
La coppia Marcello e Sophia, con queste straordinarie doti e una particolare affinità, stima e bene, funzionano benissimo, soprattutto sotto la guida del grande Vittorio De Sica. Il regista, nato a Sora nel 1901 e morto a Neuilly-sur-Seine nel 1974, maestro del Neorealismo cinematografico italiano, con Sciuscià, Ladri di biciclette, e film come Il giardino dei Finzi Contini, li dirige più volte. In particolare, tra le pellicole migliori, le commedie scritte da Eduardo De Filippo e ispirate a vicende realmente accadute. Infatti, sia Matrimonio all’italiana, tratto dalla commedia Filomena Marturano, che la contrabbandiera Adelina Sberatti in Ieri, oggi, domani, nascono da storie vere.
Nel primo episodio di Ieri, oggi, domani, Sophia è appunto, Adelina, una venditrice abusiva di sigarette, che per sfuggire al carcere, ogni anno all’arrivo dei carabinieri si presenta fiera col pancione, in dolce attesa. Fino a quando il marito Carmine, interpretato da Marcello, debilitato, non riuscendo più a sostenere la situazione, priva Adelina di una nuova “creatura” e viene arrestata. Sophia, in questa veste accattivante, spontanea, verace, esplosiva, con le sue battute pungenti rivolte al marito Carminuccio, che “quando c’era fare i fatti, te ne andavi da mammà, ti facevi prendere gli svenimenti”. E’ semplicemente meravigliosa, espressione pura della napoletanità, spontanea e spassosa.
Anche il terzo episodio diventa un successo, con una Loren nel ruolo di Mara, una prostituta romana, che con il suo fascino, mette in crisi un seminarista, provocando lo sconforto della vecchia e divertente nonna, Tina Pica. Marcello diventa Augusto, un cliente abituale, che assiste ululando al famoso spogliarello davanti all’abbondante Sophia. Il secondo episodio Anna, invece, mostra una Sophia, ricca e annoiata, che nonostante la bravura indiscutibile, risulta più costruita e meno efficace. Sophia nell’immaginario è un mambo carnale, una mossa in un giro di fianchi che non finisce mai, una voce alta per il nessuno che tace. Un grido disperato in “me l’avete rovinata per sempre sta figlia mia, ora è peggio che morta!”
E come dice lo stesso Marcello: “Ho un’ammirazione sconfinata per lei, non sapeva l’italiano e ha imparato francese, inglese e tedesco, non poteva avere figli e ne ha avuti due, ma andava bene a far la popolana, lei; io, per affetto, i suoi film americani non li ho mai voluti vedere … si, questa sua smania di riscattarsi… ma de che, de che dico io?”.
Il film comunque, Ieri oggi, domani è straordinario, diventa un cult della commedia italiana e riceve l’Oscar come miglior film straniero.
E per finire il capolavoro che meglio li definisce come coppia del cinema nostrano, diretto sempre da De Sica in Matrimonio all’italiana, commedia di Eduardo De Filippo, che scrive per dare un ruolo femminile principale alla sorella Titina.
Sophia è un’ex prostituta, che paga per tutta la vita, il peso del suo passato nel legame con Domenico Soriano, ricco napoletano riluttante a un’unione ufficiale. Soriano con la malattia della madre porta Filomena finalmente in casa, ma non come compagna ufficiale, piuttosto come aggiunge lei stessa “una serva”, che cura i suoi interessi, e gli permette di continuare a fare la bella vita e il donnaiolo tra viaggi e agi. Quando però Filomena capisce, che Dummì vuole sposare una ragazza giovane e darle il ben servito dopo anni di sopportazione e lavoro, si finge morente e si fa sposare, per poi rivelare di avere tre figli e che solo uno è suo. E secondo la legge di Filomena, fatta di dolore e mancanze, lui deve accettarli tutti, perché “I figli non si pagano”.
In questo ruolo Sophia è magnifica. Marcello straordinario. Le parole di De Filippo sono toccanti, si fissano nell’anima e non escono più. Come dimenticare la loro interpretazione, il disincanto, la rabbia di Filomena e il cinismo maschile di Dummì. Il film è un successo grandioso riceve due candidature ai Premi Oscar, un premio Nastri d’Argento e quattro David di Donatello.
A Sophia il ruolo di popolana le appartiene, è suo, dove esprime la sua personalità dirompente, genuina. La sofferenza di chi si sente solo contro tutti e ha imparato presto l’arte d’improvvisare e di arrangiarsi. Il meglio nei suoi personaggi, arriva dalle sue radici, la cultura napoletana, che trovano in lei un veicolo di bellezza e bravura nell’esprimere modi e disillusione di un luogo. E Marcello si amalgama, si mischia in quel mondo facendolo diventare suo, come se fosse nato negli stessi posti e avesse visto le stesse cose, raccontando e completando i fatti in una sequenza naturale, l’uno nell’altro. L’armonia, gli sguardi e ammiccamenti, li rendono unici e indimenticabili.
I dialoghi, le frasi, il discorso di Filomena davanti ai tre figli, quando spiega i motivi che l’hanno portata al mestiere più vecchio del mondo, emozionano ancora oggi senza usurarsi, aggiungendo nel tempo la consapevolezza del dramma umano:
“La famiglia mia non lo so che fine ha fatto, non lo voglio sape’, non lo ricordo. Sempre con la faccia voltata! Sempre in urto l’uno con l’altro! Ci coricavamo senza dirci buonanotte e ci svegliavamo senza dirci buongiorno. … La sera ci mettevamo intorno alla tavola un piatto grosso con non so quante forchette. Una sola volta mio padre si interessò di me. Quando me lo ricordo, tremo. Tenevo sedici anni, disse: “Ti sei fatta grande e qua non ci sta da mangiare, tu lo sai?”. Sedici anni… Passavano le signorine vestite bene con certe belle scarpe e io guardavo… Ci stava uno che qualche volta mi aiutava: un fornaio. Mi dava i taralli, il pane fresco… D’inverno quel forno era un sollievo. Ma mio padre aveva ragione, mi ero fatta grande. Se ne accorse pure il fornaio. Un giorno incontrai una compagna mia, quasi non la riconoscevo, tanto stava vestita bene. Forse allora mi pareva bella qualunque cosa. Mi disse: “Così… così… così e così…”. Perdonatemi!”.
Un omaggio a due grandi artisti Sophia e Marcello, che con la loro anima danno maggior peso e valore a immagini e parole, rendendole immortali:
“Nu momento Dummì. Una sera mi dicesti “Filomè, facciamo finta di volerci bene”; io quella sera ti ho voluto bene veramente! Tu no, tu avevi fatto finta. E quando te ne andasti, mi regalasti la solita 100 lire. È quella 100 lire; io ci segnai l’anno, il giorno, poi tu partisti come al solito e quando tornasti tenevo nà pancia così. Ti feci dire che stavo poco bene e che ero andata in campagna. Ci sta un conticino che mi serve, la data che c’ho scritto.
Ecco. Tiè, i figli non si pagano.”.