
Il 14 giugno 1985, Berlino, Parigi e i Paesi del Benelux hanno dato vita all’accordo di Schengen. La firma è avvenuta nel fiume di Mosella, situato nella città di Schengen, in Lussemburgo. Schengen è stata scelta non soltanto per il buon vino che si può gustare al suo interno, ma perché il piccolo comune di 31,42 chilometri e 4.161 abitanti rappresenta un punto d’incontro tra la Germania e la Francia. Di sicuro i cinque firmatari non immaginavano che lo spirito di Schengen avrebbe portato la stessa Unione Europea verso un maggior livello di integrazione attraverso la libera circolazione di persone, servizi, merci e capitali.
Purtroppo, il messaggio iniziale non è stato interpretato né dai Mandatari, né dai Ministri degli Interni. Nonostante l’idea fosse stata posta in essere dall’asse franco tedesco nelle persone di Kohl e Mitterand, i limiti imposti dalla mancata unanimità tra gli Stati membri costrinsero a ridimensionare l’importanza iniziale dell’accordo. Infatti, a salire sulla Nave Princess Marie-Astrid furono Cinque Segretari di Stato e non i Ministri degli esteri.
L’incontro del 14 giugno 1985 è stato presieduto da Robert Goebbels, il quale, ricordando l’occasione ha ammesso: “(…)non si pensava che i primi accordi di Schengen nel 1985 avrebbero cambiato il corso della storia. Se i ministri degli esteri avessero immaginato l’importanza li avrebbero firmati di persona”. Lo stesso Goebbels ha ricordato come, soltanto dopo la firma, la Commissione avrebbe rivendicando la propria potestà sugli accordi stipulati in materia europea e segnalando i firmatari di voler fare un’Europa a due velocità.
Seppur graduale, l’abolizione delle frontiere interne rappresentava una sfida in termini di sicurezza nazionale. Non poteva esserci la libera circolazione senza pensare alla sicurezza, per tale motivo sono state create delle misure compensatorie che hanno dato vita alla cooperazione tra organi di giustizia e di polizia. Allo stesso modo, sono stati creati strumenti come l’Europol, l’Eurojust, Frontex dando vita a un sistema di sorveglianza sovranazionale.
Predisporre i propri confini in segnale di apertura verso l’Europa Unita ha significato il più elevato gesto di altruismo eseguito da uno Stato nei confronti dell’altro. Non serve ricordare come i confini abbiano rappresentato e, tornino con forza a simboleggiare, l’unico elemento di certezza da parte di uno Stato in quanto garanzia del possesso del territorio.
Questa manifestazione di fiducia portata avanti da una Comunità orizzontale, ovvero senza un vertice che potesse agire al di là del consenso tra parti, ha rappresentato e rappresenta tuttora un unicum nella realtà politica internazionale. E’ stato un gesto di cooperazione che ha simboleggiato tutto il contrario ai due secoli di ostilità precedenti che, sin dalla formazione dello Stato nazione hanno visto dei sanguinosi confronti tra le Potenze del vecchio continente.
Il salto di qualità nella cooperazione inter-europea è stato reso più concreto dalla messa in essere della Convenzione di Schengen firmata nel 1990 dagli stessi Stati che hanno firmato l’accordo precedente e nella quale sono state regolate nel dettaglio le condizioni per rendere concreta la Libertà di Circolazione alla quale più tardi avrebbero aderito altri Stati membri dell’allora Comunità Europea.
La firma della Convenzione, prevista per l’inizio di quell’anno, sarebbe stata posticipata sempre a giugno su richiesta del Ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Genscher, il quale, con la riunificazione alle porte, non voleva rischiare di tracciare sin da subito dei nuovi confini tra Est e Ovest. Entrata in vigore nel 1995, a dieci anni dalla prima firma, la Convenzione è stata poi inglobata dal Trattato di Amsterdam del 1997.
Con la firma di Schengen, è la prima volta in cui gli europei hanno fatto il tentativo di deporre gli egoismi nazionalistici e di spingere in maniera coordinata verso una più efficace forma unificazione. A dire il vero, forse gli egoismi non sono mai svaniti, ma attraverso una lettura più approfondita e lungimirante di quella che si ha in questi momenti, gli Stati hanno capito quanto fosse urgente, necessario e conveniente intraprendere sul serio il percorso dell’integrazione.
Nell’attualità, Schengen non è solo il punto d’incontro tra la Germania e la Francia, ma è diventato il ponte di 26 Stati tra i quali sono presenti quattro Paesi non membri dell’Unione, come lo sono l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera. Ogni anno, i cittadini europei fanno almeno 1,25 miliardi di viaggi all’interno di questo spazio che rappresenta tuttora la più ampia delle realtà per quanto riguarda l’esercizio e la tutela delle libertà fondamentali.