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Un Antonov 124 e un Ilyushin Il-62 sono arrivati all’Aeroporto Internazionale Simon Bolivar di Caracas ieri, 24 marzo, alle ore 14.47. I due aerei militari, provenienti da Damasco, sono atterrati nella capitale venezuelana con 99 soldati a bordo e 35 tonnellate di armi, provvigioni e attrezzature militari. A confermarlo è stata stessa agenzia statale russa Sputnik, la quale ha aggiunto che l’arrivo degli aerei obbedisce a una missione militare russa in pieno svolgimento che rientra nel marco dei Trattati e Convegni firmati in precedenza tra i due Paesi.
Allo scopo di garantire l’adempimento di contratti di carattere tecnico militare sottoscritti tra i due Paesi, i 99 militari arrivati in volo sarebbero sotto gli ordini del generale Vasily Tonkoshkurov, Direttore di Mobilitazioni dell’Alto Mando delle Forze Armate russe. L’uniche da citare sono quelle provenienti dall’Agenzia di Stampa del Cremlino, dato che le autorità militari venezuelane non hanno voluto rilasciare delle dichiarazioni alla stampa.
Nonostante le motivazioni ufficiali dichiarate dal Cremlino, l’arrivo dei due velivoli russi in mezzo a una profonda crisi politica che mette sempre più in discussione la permanenza di Maduro al potere, ci offre un indizio ben diverso Considerato che il debito di Caracas nei confronti di Pechino e Mosca ammonta attorno ai 150 miliardi di dollari. In altre parole, sembra logico che Mosca stia cercando di tutelare dall’interno i propri interessi nel Venezuela. A questo punto si starebbe valutando l’istallazione di basi militari russe nel sud del Paese.
E’ necessario sottolineare che non è la prima volta che un aereo militare di bandiera russa arriva a Caracas carico di soldati e approvvigionamenti. In realtà, questa sarebbe la terza volta in quattro mesi. Già a Dicembre dell’anno scorso, due Tupolev 160 avevano sorvolato sul territorio venezuelano scatenando le allarmi per causa del mancato preavviso alle autorità militari del Paese
Sebbene alcuni alcuni cerchino di raccontare che Maduro avrebbe voluto mantenere in segreto l’operazione militare russa, il fatto che l’opinione pubblica ne sia venuta a conoscenza sembra aver prodotto un po’ di disperazione in alcuni settori dell’opposizione, i quali avrebbero iniziato a chiedere delle azioni più concrete allo stesso Guaidò. Ci sarebbe anche da chiedersi, quale sarà l’effetto che produrrà la notizia su Washington? Li dissuaderà di intervenire dato l’aumento del rischio? O diventeranno più aggressivi pur di non cedere più spazi nel proprio continente?
Ora, se di una cosa si può essere certi è che questa azione militare rappresenta una contraddizione rispetto alle dichiarazioni fatte da Vassily Nebenzia il 26 febbraio al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Se non ricordo male, in quella occasione l’ambasciatore russo aveva posto il veto sulla risoluzione promossa dagli Stati Uniti nella quale si proponeva l’ingresso dei soccorsi umanitari destinati alla popolazione. Il paradosso non si pone tanto nel veto consuetudinario di Mosca nei confronti di una proposta fatta da Washington, quanto nell’argomento usato da un Nebenzia che sembrava stracciarsi le vesti nel nome della Non Ingerenza e del Principio di Autodeterminazione dei Popoli.
Se prendessimo in considerazione il contesto delle tensioni, potremmo capire come Mosca sia riuscita a prendere in giro una buona fetta dell’Opinione Pubblica facendo uso strumentale dei presupposti del Diritto Internazionale. Nello specifico, mentre Nebenzia addormentava il Consiglio di Sicurezza con la canzoncina della Non Ingerenza, era già in corso la missione militare di Mosca sul suolo venezuelano. In altre parole, mentre una parte consistente di Mondo stava cercando di sventare un ipotetico intervento statunitense sul suolo venezuelano, la vera ingerenza era stata compiuta.
Da Damasco a Caracas, cogliendo vantaggio da una narrazione antiamericana alimentata dalle innegabili figuracce rimediate dagli stessi Stati Uniti sia in Afghanistan che in Irak, nei laboratori del Cremlino sembra essersi creata una specie di Dottrina della Non Ingerenza a senso unico.