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Storie di ordinaria violenza

| 14 Febbraio 2019 | IL FORMAT

La violenza sulle donne? Una delle più vergognose violazioni dei diritti umani, asseriva l’ex presidente dell’ONU Kofi Annan.
Seguo tutti i giorni le vicende di Chiara, ragazza timida e dolce, con una passione sfrenata per la Lazio, picchiata brutalmente, con calci in testa, dal fidanzato, a soli diciannove anni, a tal punto da ridurla in gravissime condizioni. Chiara, dopo anni in stato vegetativo, è ora costretta a vivere in centri riabilitativi, sottoposta a intense sedute di ginnastica giornaliere per cercare di recuperare l’uso degli arti e delle sue capacità cognitive. A 6 anni dalla sua aggressione, Chiara è ancora assistita quotidianamente dalla mamma Danielle e dal papà Maurizio che devono seguirla nelle sue cure.
Di notizie di questo tipo ne sentiamo tutti i giorni, ve ne potrei raccontare tante di storie, storie di donne e ragazze conosciute più di quindici anni fa quando lavoravo come psicologa e responsabile di uno dei centri antiviolenza, voluti e sovvenzionati dalla Regione Lazio, donne che ho seguito per circa dieci anni. Altre ne seguo tuttora.
Ma facciamo un po’ di chiarezza su questo fenomeno di cui sentiamo parlare così tanto.
Che cos’è la violenza? Con questo termine si intende l’insieme di tutti quegli atteggiamenti distruttivi che comportano nel soggetto condizioni di disagio fisico, psichico e sessuale.
Dall’ ultima indagine condotta dall’Istat nel 2014, emergono i seguenti dati, che si discostano leggermente dalla precedente del 2006.
Quasi la metà delle italiane tra i 14 e i 65 anni ha subito molestie almeno una volta nella vita. Più della metà degli uccisori sono ex o partner. La Lombardia e l’Emilia risultano le regioni più ‘insanguinate’. L’82 per cento dei femminicidi è stato compiuto tra le pareti domestiche. Troviamo leggere diminuzioni rispetto ai dati precedenti dovute all’aumento di denunce e a sempre più donne che interrompono relazioni con partner violenti. Ma dobbiamo considerare sempre l’alto tasso di sommerso, fatto di donne che non denunciano per vergogna o per paura del molestatore. Colpisce al riguardo il comportamento spietato, efferato e premeditato di questi delitti consumati attraverso coltelli, strangolamenti, oggetti contundenti, pistole e fucili, calci e pugni.

Se vogliamo dare uno sguardo alla situazione europea, secondo uno studio condotto dalla Divisione di Statistica delle Nazioni Unite, interessante è il dato sulla violenza sulle donne commessa dal loro partner: la frequenza in Italia supera quella della Danimarca ma è inferiore a quella della Germania; è molto elevata nei paesi più poveri, sebbene con varie eccezioni.  Ci troviamo, dunque, di fronte ad  un’emergenza sociale e culturale di vaste dimensioni e in continuo e preoccupante aumento.

Come sappiamo, la violenza si compone di vari aspetti. Mi soffermerò qui maggiormente sulla violenza psicologica, essendo la più difficile da riconoscere per le donne stesse e la più difficile da dimostrare alle autorità o a chi di competenza. Ancora oggi al primo posto tra le cause di sofferenza delle donne, essa comprende disagi provocati da minacce, disinteresse alla vita familiare, tradimenti, controlli, inganni, assenza di comunicazione, e ancora ricatti, menzogne, denigrazione, strategie di isolamento, intimidazioni, fino a quei comportamenti persecutori veri e propri chiamati STALKING, ossia quello sfinimento quotidiano che finisce per corrodere resistenza, difesa e voglia di vivere delle vittime.
Ma come funziona la violenza psicologica? Quando possiamo dire di trovarci di fronte a una relazione maltrattante? Come riconoscere un abuso psicologico? Esso agisce attraverso la comunicazione, e non una comunicazione sana, bensì una comunicazione perversa, spesso confusa con una forma di comunicazione conflittuale e dunque relativamente normale in una coppia, no, qui parliamo invece di una comunicazione il cui scopo è quello di sottomettere mentalmente l’altro. Nella maggior parte dei casi abbiamo donne che non sono consapevoli della situazione subita, tanto che è necessario un lungo percorso psicologico che le porti all’ accettazione di aver subito una violenza. Ho conosciuto donne che venivano da me adducendo scuse per giustificare il marito, dicendo che era solo “nervoso” e che era sempre stato così di carattere. Come se essere violenti facesse parte di una personalità ormai a loro ben nota. Non essendoci la piena consapevolezza dell’accaduto, molte donne arrivavano chiedendo solo consigli su cosa fare, ma senza alcuna volontà di denunciare. La denuncia, infatti, richiede spesso decisioni estreme, come abbandonare la realtà in cui si è cresciuti o l’uomo con cui si sono condivisi anni di vita.

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Notizie dei molestatori? I tratti del carattere e della personalità dell’autore del femminicidio sono l’espressione di una  combinazione di molteplici fattori, come impulsività, personalità antisociale, stress, instabilità affettiva, ansia, depressione, disturbi psichiatrici, abuso di sostanza, disabilità intellettiva, tendenza alla criminalità, disturbi ossessivi, disturbi dello spettro psicotico, tratti di psicopatia. Riconoscerli in una relazione non è cosa facile. Ma individuare, invece, in modo univoco la personalità della vittima appare impresa ancor più difficile.

E allora cosa possiamo fare noi tutti per una donna che ha subito violenza? Il nostro scopo è quello di condurre queste donne alla denuncia di tutti quei comportamenti di abuso. Cosa possiamo fare invece noi psicologi? Il nostro scopo è sempre stato, e continuerà ad essere, quello di accogliere, comprendere e indirizzare queste donne, donne e ragazze come noi, incastrate in schemi di pensiero che le vedono colpevoli di un solo reato: aver scelto accanto la persona sbagliata, quella persona che dopo averle fatte innamorare, ha rovinato la loro vita. E saranno proprio quegli schemi a renderle dipendenti, incapaci di chiedere aiuto, finché un giorno non prenderanno la decisione di uscire e arriveranno, con un filo di voce, presso uno dei centri antiviolenza (i centri sono presenti su tutto il territorio nazionale dagli anni ’80 e sono state una delle prime risposte in Italia al problema della violenza). Arrivano in lacrime, con gli occhi spenti e a testa bassa, come se custodissero un segreto atroce, di cui vergognarsi e per cui nascondersi dal mondo intero. Ma noi vogliamo ascoltarle quelle voci, quelle storie ricche di sofferenza, ma anche di coraggio e volontà. Vogliamo parlarne proprio oggi, giorno in cui si festeggia l’amore, il giorno di san Valentino. Vogliamo dar voce a queste donne, e vogliamo farle sentire a tutti voi..voci di donne e ragazze come noi.

TAG: Antiviolenza, denuncia, donne, fenomeno, Istat, psicologi, psicologico, ragazze, reato, storie, violenza, Vittime
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