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La vera storia de “Il corriere-The mule” di Clint Eastwood

| 12 Febbraio 2019 | IL FORMAT

È da qualche giorno nelle sale italiane l’ultimo film diretto, prodotto ed interpretato da Clint Eastwood. Il corriere – The Mule (titolo originale The Mule) racconta la storia di Earl Stone, interpretato da Clint Eastwood, un floricoltore molto anziano, veterano della guerra di Corea, che dopo aver visto fallire la sua azienda agricola decide di diventare corriere della droga per un potente cartello messicano che opera a Chicago. Come si evince già dal poster pubblicitario, il film è tratto da una storia vera. Chi era quindi il vero corriere della droga?

Leo Sharp lavorava come corriere per niente meno che il cartello messicano di Sinaloa, uno dei cartelli della droga più potenti e spietati del mondo, capeggiato all’epoca dal famigerato Joaquin Guzman, detto El Chapo. Ma Sharp non era un corriere qualsiasi. Classe 1924, bisnonno, veterano della Seconda Guerra Mondiale, Sharp, seppur molto anziano quando iniziò a lavorare per il cartello (non si sa con esattezza quando), compiva lunghissimi viaggi in auto che avrebbero affaticato un uomo con la metà dei suoi anni. I suoi viaggi iniziavano a Tucson, Arizona, non lontano dal confine col Messico, dove si trovavano i magazzini con la droga, e si concludevano a Detroit, Michigan, dove consegnava gli stupefacenti che venivano poi spacciati. Un viaggio di migliaia di chilometri che Sharp ha compiuto innumerevoli volte senza venir mai fermato dalla polizia, eccetto quando venne arrestato. L’incredibile storia dell’anziano corriere della droga che lavorava per il cartello di Sinaloa è stata raccontata dal New York Times in un articolo del giugno 2014, da cui è stato tratto il film.

Leo Sharp venne arrestato il 21 ottobre 2011 mentre era viaggio verso Detroit con 104 chili di cocaina nel cassone del suo pick up Lincoln nero. L’agente speciale della Dea Jeff Moore (Colin Bates nel film, interpretato da Bradley Cooper) e la sua squadra di Detroit erano sulle tracce del misterioso e prolifico corriere da mesi. Gli uomini del cartello lo chiamavano El Tata, il nonno, a volte anche El Viejito, il vecchietto. Moore vide Sharp per la prima volta guardando una registrazione che era stata fatta da un informatore della Dea utilizzando una microcamera nascosta nei vestiti. “Ero sorpreso che sembrasse in buona salute” disse Moore. “Quando pensi a un uomo di 87 anni, ti immagini che stia su una sedia a rotelle. Invece era in forma”. Quando gli agenti della Dea individuarono il pick up nero di Sharp che sfrecciava per le autostrade del Michigan, si attivarono per compiere l’arresto. Per non compromettere l’operazione, l’arresto doveva essere eseguito da un agente della polizia statale, che avrebbe fermato Sharp con la scusa di una semplice infrazione del codice della strada.

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L’agente della polizia statale Craig Ziecina, che lavorava con la Dea, fece accostare Sharp per non aver rispettato la distanza di sicurezza. Questi, invece di aspettare che l’agente di polizia scendesse e si avvicinasse a chiedergli i documenti, scese a sua volta dall’auto. “Che succede agente? A 87 anni voglio sapere perché sono stato fermato” chiese Sharp sorpreso e insofferente. Ziecina chiese di poter vedere i documenti e la patente. Il corriere apparve confuso e ci mise parecchio tempo a fare ciò che l’agente gli aveva chiesto. I documenti confermarono la sua identità. Era proprio Leo Sharp, il corriere che riforniva di droga Detroit per conto del potentissimo cartello di Sinaloa. La sua fedina penale era pulita, neanche una multa. Ziecina gli chiese se aveva con sé delle armi. “Armi? A 87 anni? Per cosa? Mi faccia il piacere agente!” rispose stizzito. Allora gli chiese dov’era diretto. Sharp disse che stava andando a trovare un suo vecchio compagno d’armi dei tempi della guerra di nome Vanvelder, di cui però non ricordava né il nome di battesimo, né l’indirizzo né il numero di telefono. Ziecina gli chiese se stava trasportando della droga. “Nossignore” rispose, e chiese all’agente di non perdere tempo a controllare la sua auto perché doveva affrettarsi per giungere a destinazione. “Bisogna che arrivi dove sto andando prima che faccia buio, agente” disse Sharp. “Non guido molto bene quando è buio”. L’agente Ziecina però gli disse che prima di lasciarlo andare doveva far controllare la macchina dal suo cane poliziotto. Sharp era così nervoso che l’arteria del suo collo stava chiaramente pulsando, scrisse Ziecina nel suo rapporto. Apollo, il cane poliziotto, espresse immediatamente grande interesse per il cassone coperto del pick up di Sharp. Quest’ultimo inizialmente tergiversò ma poi si fece convincere dall’agente di polizia ad aprirlo. Quando il cassone venne aperto Sharp si limitò a dire sottovoce “oh mio dio”, annotò Ziecina nel rapporto.

Leo Sharp, il più prolifico corriere della droga che le autorità regionali avessero mai rintracciato, venne arrestato. Giunse così a termine la sua carriera nel cartello di Sinaloa. Sharp grazie alle sue gesta divenne una “leggenda urbana” e ottenne il rispetto e la fiducia degli esponenti di alto livello del più grande cartello messicano. Secondo i libri contabili del cartello ottenuti dalle autorità americane, El Tata consegnò 246 chili di droga nel febbario 2010, 250 chili in marzo, altri 250 chili in aprile, 200 chili in maggio e altri 200 chili in giugno. Dato che generalmente i corrieri venivano pagati 1.000 dollari per ogni chilo trasportato, Sharp accumulò una fortuna lavorando per il cartello, guadagnando più di 1 milione di dollari solo nel 2010. “Leo è il corriere perfetto per il cartello” affermò Jeremy Fitch, uno degli agenti speciali della Dea che lavorò al caso. “Ha un documento valido, è un signore anziano, non sarebbe mai stato etichettato come corriere della droga e non ha precedenti criminali”. Le forze dell’ordine americane dicono che i cartelli arruolano deliberatamente persone che non danno nell’occhio per fare i corrieri.

Prima di diventare corriere per il cartello, Sharp era un floricoltore di successo specializzato nella coltivazione di emerocallidi. Sharp viaggiò in lungo e in largo per tutti gli Stati Uniti partecipando a fiere di settore in cui mostrava e vendeva i suoi fiori. Ebbe molto successo diventando conosciuto in tutto il paese. I vicini di casa di Sharp a Michigan City ricordano autobus pieni di clienti che giungevano a casa sua per comprare i suoi famosi fiori. Secondo una teoria, l’attività di Sharp andò in crisi a causa di Internet. Anche gli emerocallidi vengono venduti online. “Conobbi Leo proprio quando il mercato degli emerocallidi su Internet era in crescita” disse Nikki Schmitt, una blogger amante di questo fiore. “Abbiamo avuto molte conversazioni su come entrare in questo nuovo mercato. Ma lui non si è mai approcciato all’informatica. È sempre rimasto sulla carta”. Sembra che Sharp sia entrato in contatto col cartello grazie a uno dei dipendenti messicani della sua azienda.

Leo Sharp si dichiarò colpevole l’8 ottobre 2013 ma si rifiutò di collaborare con la giustizia. I reati da lui commessi potevano costargli fino a vent’anni di carcere ma l’accusa propose solo cinque anni data la sua età. Durante il processo Sharp fece una strana proposta ai giudici. Per evitare la galera propose di pagare l’ammenda di 500 mila dollari che doveva al governo coltivando papaya hawaiana. “È così dolce e deliziosa” disse. Ma i giudici non si fecero ammorbidire.

Alla fine, nel maggio 2014, Sharp venne condannato a tre anni di detenzione in un carcere federale. Dopo poco più di un anno, nell’agosto 2015, venne rilasciato a causa del peggioramento delle sue condizioni di salute. Morì il 12 dicembre 2016 per cause naturali, all’età di 92 anni.

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