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Quale futuro per l’UE?

| 14 Novembre 2018 | ESTERI

Viviamo in un mondo politico e non in cui l’immigrazione e i relativi effetti sembrano essere tutto ciò di cui dovremmo interessarci e in cui con sempre più voce si chiede una regolamentazione dei flussi di esseri umani. Come ben sappiamo tali soluzioni non possono essere prese su iniziativa dei singoli Stati, sia che queste comportino una chiusura o viceversa, pena la loro inutilità. E’ proprio sulla base di queste necessità che le Nazioni Unite hanno deciso di elaborare un “global compact”, un piano d’azione mondiale, per regolare uniformemente il fenomeno migratorio. Per la prima volta, con la dichiarazione di New York del 2016 approvata unanimemente dai 193 membri si è stabilita la volontà di affrontare organicamente la materia. Se gli auspici erano dei migliori la realtà dei fatti ha però presentato il conto molto presto. Proprio nel 2016 è infatti salito alla presidenza americana Donald Trump, il quale ha subito ritirato gli USA dall’accordo creando un pericoloso precedente che ora serve da esempio per altri governi sovranisti.

E’ di pochi giorni fa la notizia che anche la Bulgaria, paese che si trova in prima linea riguardo il flusso migratorio “via terra”, ha deciso di non approvare la ratifica del trattato che si svolgerà questo dicembre in Marocco. Purtroppo quello bulgaro non è un caso isolato in Europa, infatti essa è stata preceduta dall’ Austria e dall’ Ungheria di Orban, oramai considerato il modello del sovranismo europeo. A questi tre paesi vanno poi aggiunte le posizioni di Repubblica Ceca e Polonia, anch’esse indirizzate verso il rifiuto dell’accordo. Se le nazioni dell’est rifiutano i principi stabiliti dall’ UNHCR, organizzazione internazionale per i rifugiati, spostandosi su posizioni apertamente xenofobe esse lo fanno esercitando un’azione che anche se illiberale è espressione di governi pienamente legittimati a prenderle. Si tratta quindi di scelte nazionali , ma come si traducono sul piano politico europeo? 

Il problema sorge spontaneo quando si considera che il PPE, primo partito europeo, conta ancora al suo interno sia il governo austriaco che quello di Orban, esecutivi che remano sostanzialmente in direzione contraria rispetto la linea ufficiale del partito che li ospita, creando non pochi imbarazzi. Come fa notare il socialista Bullmann: ” nel PPE manca una vera leadership” e continua dicendo che non si può stare contemporaneamente con “Kurz,Orban e Juncker”.  Ciò assume ancora più rilievo se si considera il fatto che il Partito Popolare è la forza favorita a confermarsi come maggioritaria  alle prossime elezioni di maggio 2019. Aleggia un’ombra sulla direzione che il PPE potrebbe prendere: continuerà ad essere la forza europeista che fino ad oggi abbiamo conosciuto o i sovranisti al suo interno ne prenderanno il controllo? Se così fosse si potrebbe prospettare la fine dell’Europa così come ora la intendiamo. A questi interrogativi tenteranno di rispondere i leader storici di questa area: Merkel, Juncker e il neocandidato Weber alla seduta plenaria dell’Europarlamento di questo pomeriggio.

TAG: Europa, politica
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