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Pepe Mujica alla Festa Nazionale dell’Unità

| 1 Settembre 2018 | ATTUALITÀ, POLITICA

Una standing ovation durata svariati minuti ha accolto l’arrivo nella sala Aldo Moro dell’ex presidente uruguaiano José Alberto “Pepe” Mujica alla Festa Nazionale dell’Unità di Ravenna. Centinaia di persone accalcate in ogni dove hanno dato un calorosissimo benvenuto al politico sudamericano fuori dagli schemi. Tutti in piedi, applausi a non finire, bandiere dell’Uruguay sventolanti, a un certo punto la folla inizia pure ad incitarlo gridando “Pepe! Pepe!” e battendo le mani a ritmo. Dopo qualche minuto, soddisfatto ed onorato da tale accoglienza, Mujica fa cenno al pubblico di sedersi. E allora tutti in religioso silenzio ad ascoltare le parole profonde di un politico il cui pensiero, a prescindere da opinioni personali e idee politiche, dovrebbe farci riflettere molto.

Pepe Mujica è stato presidente dell’Uruguay dal 1° marzo 2010 al 1° marzo 2015 e venne definito da più parti “il presidente più povero del mondo”.  Mujica è diventato famoso per il suo stile di vita umile, sobrio come direbbe lui, che l’ha reso un caso unico nel panorama politico mondiale. Nessun privilegio, niente residenza nel palazzo presidenziale, nessuna guardia d’onore e niente maxi-stipendio. Il completo giacca e cravatta, ammesso che ne abbia mai avuto uno, è probabilmente finito sperduto in un qualche armadio della sua fattoria mezza diroccata nelle campagne appena fuori Montevideo dove, da presidente in carica, viveva assieme alla moglie e ai suoi cani. Mujica non faceva uso di auto blu blindate con tanto di autista per spostarsi. Da presidente, il suo unico mezzo di trasporto era un vecchio Volkswagen Maggiolino del 1987 di colore azzurro. Inoltre, rinunciò al 90 % del suo stipendio da presidente, donandolo alla carità. “Mi chiamano “il presidente più povero”. Ma io non mi sento povero. I poveri sono solo quelli che lavorano per mantenere uno stile di vita costoso, e vogliono sempre di più. È una questione di libertà. Se non possiedi molti beni allora non devi lavorare per tutta la vita come uno schiavo per mantenerli, e così facendo avrai più tempo per te stesso. Potrei sembrare un vecchio eccentrico…ma la mia è una scelta libera”. Così disse nel 2012 l’allora presidente Pepe Mujica in un’intervista alla Bbc.

Ascoltando le sue parole pronunciate il 30 agosto alla Festa Nazionale dell’Unità è facile comprendere il motivo della sua scelta. Il tappeto rosso, la banda che suona, le guardie d’onore, le cerimonie sfarzose, sono un insieme di simboli che legano gli attuali capi di Stato con i sovrani assoluti dell’Ancien Regime. “Questo insieme di simboli mette i governanti su uno scalino superiore rispetto al resto della cittadinanza” afferma Mujica, e ciò rappresenta un ostacolo insormontabile al raggiungimento dell’equità e della giustizia sociale. “I repubblicani progressisti devono capire che la nomenclatura che ci rappresenta deve vivere come la maggior parte del suo popolo. Bisogna fare politica per passione e per servire il proprio popolo, e non per arricchirsi. È inconcepibile per un politico fare carriera per sistemare la propria vita e così facendo allontanarsi dallo stile di vita della maggioranza delle persone che rappresenta” aggiunge l’ex presidente che poi definisce il suo pensiero con parole ancora più chiare. “La condotta dei governanti deve tendere alla giustizia, quindi essi devono vivere come la maggior parte delle persone che rappresentano. Ciò deve essere fatto per due motivi: per avere la fiducia della popolazione e per dare inizio a una rivoluzione culturale nell’ottica del futuro”. È questo il punto del discorso di Pepe Mujica. “Generare una cultura della sobrietà“. Di questa necessità deve farsi carico la sinistra a livello mondiale. “Quando ero giovane io – continua Mujica – pensavo che la sinistra dovesse lottare per il potere. Noi abbiamo combattuto per cambiare i rapporti di forza nella produzione e nella redistribuzione della ricchezza. Oggi che sono vecchio penso che il ruolo della sinistra progressista stia nella lotta per la civilizzazione umana” e per fare ciò è necessaria “coerenza” tra il pensiero e lo stile di vita. “Dobbiamo vivere come pensiamo, altrimenti finiremo per pensare come vivere”.

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Il fulcro del discorso dell’anziano ex presidente è una dura critica all’attuale sistema economico capitalista ed alla cultura che ne garantisce il funzionamento. Al giorno d’oggi la cultura dell’accumulazione di beni e denaro è dominante. Essa si serve del mercato, pilastro fondamentale del sistema capitalista, il quale esige che i consumatori comprino in continuazione beni, accumulandoli, e così facendo spendono il proprio denaro e contraggono debiti per avere altro denaro da spendere per accumulare ulteriori beni. Questa cultura è insostenibile e va contro natura perché “l’accumulazione infinita non esiste in natura. L’albero più alto del mondo raggiunge un’altezza di 115 metri, quello più vecchio ha 4700 anni. Ogni cosa ha un limite”. La cultura dell’accumulazione mette seriamente a rischio l’ambiente, quindi la vivibilità del nostro pianeta, e il perpetuarsi del sistema consumistico e capitalista è possibile solo grazie alle profonde disuguaglianze nel livello di ricchezza che caratterizzano il mondo. “È da stupidi, da idioti, pensare che tutto il mondo possa vivere come gli Stati Uniti o la Germania. Il mondo non resisterebbe a questi ritmi, collasserebbe”. Secondo Mujica si rende quindi necessario un cambio di sistema, ma per cambiare sistema bisogna prima cambiare cultura. “Nessuna modifica materiale dei metodi di produzione potrà innescare un cambiamento del sistema se prima non cambia la cultura”.

Parafrasando Mujica, si può riassumere che il sistema economico capitalista è insostenibile e profondamente diseguale. Bisogna sostituire la cultura dell’accumulazione di beni e denaro con una cultura della sobrietà di cui le classi dirigenti della sinistra progressista devono farsi promotrici vivendo come la maggior parte delle persone che rappresentano, rifiutando inutili sfarzi e ricchezze, nel nome della giustizia e dell’equità sociale. Il cambio di atteggiamento da parte delle classi politiche è fondamentale per innescare un cambio di cultura che coinvolga tutta la società.

Infine, Mujica suggerisce la sua “ricetta” per la felicità. La cultura dominante spinge gli individui a credere che la felicità sia raggiungibile attraverso l’accumulazione di denaro e beni materiali, quindi diventando ricchi. “Ma ciò che compriamo non lo paghiamo con i soldi, bensì con il tempo della nostra vita che abbiamo impiegato a guadagnare quel denaro. Per essere felici non bisogna diventare ricchi. Per essere felici bisogna dedicare tempo e sforzi agli affetti. Moglie, figli, amici, compagni. Le cose davvero importanti nella vita”.

TAG: ambiente, capitalismo, cultura, cultura dell'accumulazione, diseguaglianze, giustizia, il presidente più povero del mondo, José Mujica, Pepe Mujica, presidente, ricchezza, sinistra, società, Uruguay
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