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Don Pino Strangio, il prete della ‘ndrangheta

| 3 Maggio 2018 | CRONACA

È nota la strana religiosità ostentata dai mafiosi, molto fuori luogo per gli onesti. La Chiesa ricambia spesso questa benevolenza dei criminali, nei modi più svariati: dagli inchini durante le processioni, a intestazioni fittizie di beni di provenienza illecita e offrire un posto per nascondersi ai latitanti. Esistono preti pro mafia e preti antimafia, come don Pino Puglisi o don Peppe Diana uccisi per il loro impegno. Per le persone oneste, sconcerta il fatto che la Chiesa sia spesso vicina a personaggi molto ambigui e che si macchiano di delitti gravi.

Nella storia delle mafie ci sono già stati prelati vicini alla criminalità. In passato Don Agostino Coppola, parente del boss Frank Coppola, è stato il prete che ha sposato in latitanza Salvatore Riina con Ninetta Bagarella, ha ritirato il riscatto del sequestro Cassina e manteneva costanti rapporti con Luciano Ligio. Come lui anche Fra Giacinto, legato anche a Stefano Bontate, è il frate con la calibro 38. Così anche la ‘ndrangheta ha il suo parroco di fiducia in Don Pino Strangio di San Luca. È parente della famiglia Strangio tristemente nota per la faida con i Pelle-Vottari e per la strage di Duisburg del 15 agosto 2007, ha gestito per circa 20 anni il Santuario di Polsi. Proprio a Polsi, in occasione della festa della Madonna della Montagna che si celebra il 3 settembre, si riuniscono i capi della ‘ndrangheta.

Don Strangio ha sempre minimizzato sull’accaduto, ha sempre predicato dal pulpito contro giornalisti, magistrati e Forze dell’Ordine difendendo la sua famiglia perseguitata per il cognome che porta. Ha testimoniato a favore di Francesco e Sebastiano Giorgi accusati del sequestro di Alessandra Sgarella. Dimessosi dal Santuario di Polsi, rimane il parroco ed il padrone di San Luca ed è accusato di associazione segreta di tipo massonico insieme a Paolo Romeo e Giorgio De Stefano. Don Strangio ha ricevuto l’eredità di Don Stilo, parroco di Africo (RC), arrestato nel 1994 a Montecatini, nel fare da tramite tra ‘ndrangheta, massoneria e Forze dell’Ordine; una sorta di garante e punto di riferimento per i clan della Locride.

Nonostante ciò, la Chiesa non prende le distanze dal prete della ‘ndrangheta. Come si può parlare di scomunicare i mafiosi quando non si allontanano nemmeno i sacerdoti che sono contigui alla criminalità organizzata? Due pesi e due misure all’interno della Chiesa: si dipinge la facciata per propaganda ma non si pulisce il marciume al suo interno. Chissà quanto altri Don Strangio, Padre Coppola e Fra Giacinto, esistono che oscurano l’impegno di quei pochi sacerdoti che hanno contrastato e contrastano la criminalità!

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