
La vicenda è nota a tutti, anzi difficilmente si dimenticano delitti così afferrati specialmente quando le vittime sono donne e bambini. Di cronaca nera l’Italia vanta una notevole percentuale rispetto ad altri paesi dell’Unione, ma il caso di Massimo Bossetti resterà un antropologico mistero avvolto nella storia giudiziaria italiana.
Condannato in primo grado all’ergastolo per l’uccisione della piccola Yara Gambirasio, l’avvocato di Massimo Bossetti, Camporini, sfodera ulteriori prove che mettono seri dubbi sulla colpevolezza di Bossetti: “Non c’è neanche una donna nuda nei supporti informatici sequestrati a Bossetti e nessuna ricerca pornografica o ancor meno pedopornografica in quelli da lui usati”, lo ha detto durante l’arringa nel processo d’Appello.
Continua l’avvocato Camporini: “Che cosa emerge dalle analisi del pc? Niente. In tutte queste ricerche, nel corso degli anni, non sono state trovate chat né interessi verso minori né ci sono tracce di navigazioni nel cosiddetto dark web. Soltanto il 29 maggio 2014, e in un altra occasione, che non ci dà dimostrazione di digitazione manuale, di ricerche a sfondo pedopornografico. Ricerche comunque fatte da un computer” ha sottolineato il legale, “privo di password per l’accesso e effettuate dalla moglie di Bossetti, Marita Comi, come da lei stesso dichiarato. Quando si è cercata qualche conferma non si è trovato che smentite”.
Come, ha sostenuto, per la intercettazioni in carcere, usate come cavallo di battaglia dalla parte civile, che non solo non hanno, secondo il legale, valore di indizio, ma che addirittura, una di esse, la prima, la più genuina, la sera della sparizione di Yara è tornato a casa per le 19.30, scagionerebbe l’imputato.