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Strage di Erba: Rosa e Olindo vittime di errore giudiziario

| 17 Aprile 2023 | CRONACA

Le prove per cui sono stati condannati Rosa e Olindo per la strage di Erba sarebbero maturate in “un contesto che definire malato sarebbe un esercizio di eufemismo”. Lo scrive il sostituto pg Cuno Tarfusser nell’istanza di revisione del processo che ha portato alla condanna all’ergastolo per l’omicidio dell’11 dicembre del 2006 di Raffaella Castagna, Paola Galli, Youssef Marzouk, Raffaella Cherubini e per il tentato omicidio di Mario Frigerio.

Intanto emerge che ci sarebbe un nuovo testimone, secondo quanto sostiene la difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Una prova contenuta nella richiesta di revisione che “tra qualche giorno” i difensori depositeranno alla Corte d’appello di Brescia per chiedere la riapertura del caso.

Dopo la sentenza della Cassazione, arrivata il 4 maggio del 2011, gli avvocati hanno lavorato a lungo – con un pool di esperti – per cercare di ribaltare la condanna. Le indagini difensive hanno portato a rintracciare, pochi mesi fa, un uomo tunisino, finito in un’inchiesta della Guardia di finanza e legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (compagno e padre di due delle vittime), il quale avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell’agguato all’interno dell’appartamento di via Diaz in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi.

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Intanto, nell’istanza di revisione di Tarfusser, le tre prove cardine – e cioè il riconoscimento degli imputati come autori del delitto da parte di Frigerio, le confessioni dei coniugi e la macchia di sangue trovata sull’auto di Olindo appartenente a Cherubini – vengono smontate una a una dal magistrato, la cui istanza dovrà comunque essere valutata dai giudici prima di un eventuale nuovo processo.

A convincere il pg della necessità di una revisione sono state anche due consulenze che gli hanno sottoposto gli avvocati Fabio Schembri e Paolo Sevesi, il 14 febbraio scorso “alla cui stesura hanno contribuito diversi accademici, tutti luminari della rispettiva materia tecnica e scientifica, le quali, alla luce delle più moderne e recenti tecniche e metodologie, comunque successive alla fine della prima decade del secolo, e quindi dei fatti oggetto del processo, hanno analizzato le due prove dichiarative, ovvero il riconoscimento e le confessioni dei due condannati e una consulenza Tecnica biologico-genetica forense che, ad oltre 16 anni di distanza, ha riesaminato e rivalutato alla luce dell’enorme sviluppo tecnologico e metodologico che ha avuto la materia in questi anni, la tecnologia e la metodologia utilizzata allora per il repertamento”.

Inoltre secondo il pg “le dichiarazioni auto accusatorie di Olindo Romano e Rosa Bazzi sono da considerarsi false confessioni acquiescenti”. Questo è “il risultato cui giungono i consulenti” sulla base dei “più recenti ed avanzati dati scientifici che corrispondono ai criteri che, se mancanti, rendono le confessioni, false confessioni”. Quanto alla prova del sangue della vittima Valeria Cherubini sull’auto di Olindo, il magistrato scrive che “non si può non rilevare come si tratta di una prova che trasuda criticità mai valutate dalle Corti di merito che mai hanno messo in dubbio, né l’origine della macchia di sangue, né la chain of custody dal momento del suo repertamento”.

La richiesta, indirizzata al presidente della corte d’appello di Brescia è il primo atto di una possibile revisione su quanto accaduto la sera dell’11 dicembre 2006 quando, sotto i colpi di spranga e coltello, furono uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli 2 anni, la nonna del piccolo, Paola Galli, e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Si salverà, solo per un caso fortuito, il marito di Cherubini, Mario Frigerio, unico testimone della strage, morto qualche anno fa. Pagina dopo pagina il magistrato – che chiede il proscioglimento dei due condannati, “probabilmente vittime di errore giudiziario” – sottolinea “le numerose e gravi criticità che hanno costellato l’intera indagine, le quali soprattutto alla luce dei profili di novità insite nelle ‘nuove prove’ gettano una luce di più di qualche ragionevole sospetto su come queste indagini sono state condotte”.

Il pg sottolinea anche come nella vicenda ci sia stato un “mancato perseguimento anche di altre piste investigative”. E poi pone l’attenzione verso “le mai spiegate lacune di giorni, le intercettazioni sia ambientali che telefoniche: il mancato esame di possibili testi oculari, la distruzione di reperti in violazione di un ordine di mantenimento”.

TAG: carcere, Rosa e Olindo, Strage di Erba
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