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Migranti: il Governo dichiara stato di emergenza nazionale per 6 mesi

| 12 Aprile 2023 | POLITICA

Mentre nel Mediterraneo prosegue l’ondata di arrivi di migranti, il governo lavora per cambiare le nuove norme in vigore sull’immigrazione. In particolare, si vuole modificare la protezione speciale – che agisce sui richiedenti asilo e sui rimpatri degli irregolari – per renderla un vero deterrente contro gli arrivi di migranti in Italia: gli emendamenti saranno presentati dalle 9 di domani, 12 aprile, in commissione Affari costituzionali al Senato.

In Consiglio dei ministri è stato però dichiarato per sei mesi uno “stato di emergenza nazionale” in materia di immigrazione, su proposta del ministro dell’Interno Piantedosi. “Abbiamo aderito volentieri alla richiesta”, ha detto il ministro del Mare e della Protezione Civile Musumeci, “ben consapevoli della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300%. Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo ad un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea”.

Lo stato di emergenza sarà sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro. La sua dichiarazione, spiegano fonti di governo, consentirà di assicurare risposte più efficaci e tempestive sul piano della gestione dei migranti, da procedure veloci per soluzioni di accoglienza al rafforzamento delle strutture per i rimpatri dei non aventi diritto alla permanenza in Italia (Cpr), potenziando quindi le attività di identificazione ed espulsione.

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E se il governo, si è sottolineato al termine del Cdm, va avanti nel lavoro per “arrivare a una comune strategia europea sull’immigrazione”, anche il vicepremier Matteo Salvini si è scagliato ancora una volta contro Bruxelles. Fondamentale, ha detto, “che l’Europa si svegli e intervenga: è da anni che chiacchiera, ma non ha mai mosso un dito, ed è il momento di dimostrare che esiste una comunità, un’Unione e la solidarietà non è solo a carico dell’Italia”.

E ancora: “Se l’Europa c’è, visto che siamo contribuenti netti per miliardi di euro l’anno, è il momento che lo dimostri, da soli non ce la facciamo”, ha detto Salvini, chiedendo “almeno un centro per i rimpatri per ogni Regione”, “quote di ingresso per gli immigrati che sono qui per lavorare e sono i benvenuti” e “restrizioni per chi sta qua e delinque”.

Guardando nello specifico al dl, l’esecutivo punta a rafforzare la stretta annunciata dalla premier Meloni dopo la tragedia calabrese in cui morirono 93 persone, condivisa dalla Lega e apertamente rivendicata dal ministro Matteo Piantedosi. E sceglie di farlo attraverso emendamenti che portino la firma del governo – tutto, non solo di una parte – forse anche per dare un segnale di compattezza della maggioranza oltre i confini nazionali.

Il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni, ha già spiegato che i nuovi emendamenti serviranno “per affrontare le ulteriori questioni emerse dopo l’emanazione del decreto, tenuto conto della particolare rilevanza del flusso migratorio in atto”. Come riferiscono fonti vicine a chi segue il dossier, saranno poche correzioni al decreto, quasi chirurgiche, ma capaci di rafforzare la linea ‘stop partenze’ e lotta agli scafisti. A maggior ragione con l’aumento di barchini sulle coste italiane negli ultimi giorni, e che non si fermeranno nei prossimi mesi.

Sul piede di guerra le opposizioni, schierate al Senato con un centinaio di emendamenti e protagoniste di una protesta, giorni fa, contro una riformulazione del governo introdotta per garantire i rimpatri dei migranti arrivati illegalmente, in cambio di maggiori quote del decreto flussi con i Paesi interessati. A primo acchito gli emendamenti del governo sembrerebbero contrastare con quelli già proposti dalla Lega (21 in tutto e che l’ex Carroccio non intende ritirare).

In realtà il grosso delle modifiche targate Lega non verranno toccate – assicurano più fonti – ma saranno limate dal punto di vista tecnico-formale e messe in ordine. Ad esempio resteranno le limitazioni per ottenere la protezione speciale ma probabilmente, in alcuni casi, saranno più rigide rispetto a oggi.

Potrebbe saltare, invece, la proposta della Lega di creare una struttura di missione, chiamata proprio ‘Struttura’ e attiva al ministero dell’Interno “con compiti consultivi e di indirizzo” per l’integrazione dei migranti. Il rischio – si ragiona in ambienti di maggioranza – è che sia ridondante rispetto a quel che esiste già e funziona. Così come potrebbe non essere necessario un ritocco sul prolungamento dei tempi di detenzione all’interno dei Cpr. Lo chiede la Lega, passando dagli attuali 90 giorni prorogabili per altri 30, a 180 giorni prorogabili di 30.

Le opposizioni chiedono poi di rispettare anche il calendario per la conversione del dl in legge. “Il Senato concluda l’esame del dl Cutro rapidamente, nei 30 giorni previsti dal regolamento, per consentire alla Camera di poterlo a sua volta esaminare e non limitarsi a una ratifica, a causa dell’imminente scadenza”, scrivono in una lettera al presidente del Senato Ignazio La Russa, i tre capigruppo di opposizione Riccardo Magi (+Europa), Chiara Braga (Pd) e Luana Zanella.

La lettera è stata inviata per conoscenza anche al presidente della Camera Lorenzo Fontana. “Seguendo una prassi ormai consolidata, si prospetta – scrivono Magi, Braga e Zanella – un esame effettivo che si svolgerà quasi esclusivamente soltanto in Senato, in violazione dell’impianto istituzionale bicamerale previsto dalla Costituzione, nonché delle prerogative dei membri dell’altro ramo, in questo caso della Camera dei deputati”. Una prassi, ricordano, definita da molti come “monocameralismo di fatto”, situazione “censurata da tanti costituzionalisti e anche il presidente della Repubblica ha stigmatizzato questa abitudine che va assolutamente interrotta”.

TAG: Decreto, Governo Meloni, migranti, Senato, Viminale
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