L’impegno del governo sulla Pubblica amministrazione c’è. A ribadirlo è stato il ministro Paolo Zangrillo che, durante un question time in Senato, ha sottolineato l’impegno dell’esecutivo ad assumere 156mila persone già nel 2023 e fare lo stesso anche nel 2024 e nel 2025, portando così le nuove unità a 450mila. “Per rafforzare la capacità amministrativa della Pa dobbiamo innanzitutto puntare su un reclutamento di qualità”, ha dichiarato Zangrillo.
Come ha dichiarato il ministro a Palazzo Madama, “si tratta di una possibilità di introdurre nel sistema pubblico personale giovane, qualificato e motivato, reclutato con procedure innovative e attraverso la valutazione non più soltanto delle conoscenze, ma delle competenze trasversali. A breve pubblicheremo le linee guida destinate alla selezione del personale non dirigenziale, mentre quelle per il personale dirigenziale sono state adottate già lo scorso anno”.
“Ma non basta reclutare, dobbiamo recuperare il gap formativo che si è accumulato in questi anni di spending review destinando le necessarie risorse finanziarie di cui oggi disponiamo grazie al Pnrr, alla qualificazione del personale già in servizio nella Pubblica amministrazione che, se dotato di strumenti conoscitivi aggiornati, saprà raggiungere, grazie alla sua esperienza, ottimi risultati”.
C’è però un problema di fondi: come ha evidenziato lo stesso ministro ai sindacati, “andrà verificata la disponibilità di risorse per i rinnovi contrattuali 2022-2024”. “La notizia è che non ci sono soldi e che quindi milioni di lavoratori pubblici per quest’anno e per i primi mesi dell’anno prossimo non avranno l’aumento. Una notizia drammatica”, ha dichiarato il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri.
Il ministro Zangrillo si è impegnato a nome del governo a trovare le risorse per i rinnovi contrattuali già a partire dalla prossima manovra finanziaria. Naturalmente molto dipenderà dall’andamento dell’economia e dalle priorità che stabilirà Palazzo Chigi. “Il confronto (con i sindacati, ndr) è stato costruttivo da entrambe le parti”, ha dichiarato in una nota il ministero della Pubblica amministrazione.
Il ministro ha ricordato il rinnovo a fine 2022 dei contratti di Enti locali, Sanità, Istruzione e Ricerca e l’impegno del governo sull’una tantum per il 2023, previsto con la legge di Bilancio, dal valore di circa 1,3 miliardi di euro. Eppure, non basta. “Serve adeguare i salari all’inflazione e dare un forte impulso agli investimenti in tecnologia, digitalizzazione e capitale umano; stabilizzare il precariato e avviare un grande piano di assunzioni”, ha dichiarato Luigi Sbarra, segretario generale Cisl.
Secondo i sindacati le priorità sarebbero altre. “Se davvero vogliamo rimettere il lavoro pubblico al centro delle politiche del Paese vanno affrontate prioritariamente alcune questioni: aumento dei salari, contrasto alla precarietà e quindi qualità dell’occupazione e nuove assunzioni”, sottolinea la Cgil.
Secondo Massimo Battaglia, segretario generale di Confsal-Unsa, “i contratti sono scaduti da 14 mesi e lo sblocco dei precedenti rinnovi è avvenuto solo a seguito di una decisione della Corte costituzionale. La contrattazione non può più essere congelata, soprattutto in una fase economica come quella attuale caratterizzata da una perdita costante di valore delle retribuzioni a causa della forte inflazione”.
Opinione uguale quella di Marco Carlomagno, segretario generale Cse: “Vanno avviate con immediatezza le trattative per il rinnovo dei Contratti nazionali di lavoro scaduti a dicembre del 2021 e definiti quelli della tornata precedente, ancora fermi al palo come quello della Presidenza del Consiglio dei ministri e di tutte le aree della dirigenza”.