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Il Garante nazionale detenuti: “Stop alle derive culturali”

| 2 Luglio 2021 | CRONACA

“Fermare le derive culturali”, “estirpare la cultura del branco”: il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale torna con forza a intervenire sul caso delle violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Il Garante “segue ovviamente con attenzione l’evolversi delle vicende giudiziarie e il dibattito nell’opinione pubblica a seguito sia di quanto riportato nel provvedimento della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, sia di quanto mostrato dalle immagini delle telecamere di sorveglianza relativamente all’operazione del 6 aprile 2020”.

L’autorità garante ricorda che già dieci giorni dopo gli eventi si era recato presso l’Ufficio di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere e aveva rilasciato un comunicato nel quale di rendeva conto dell’incontro tra il presidente Mauro Palma e Daniela de Robert, Componente del Garante nazionale con il Coordinatore dell’Ufficio Giuseppe Provitera e il magistrato Marco Puglia.

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L’ufficio di sorveglianza – si spiegava in quel comunicato – si era già attivato “nell’accertamento dei fatti riportati da più fonti relativamente a maltrattamenti che sarebbero stati compiuti nei confronti di persone detenute a seguito di una manifestazione di protesta e di una successiva perquisizione straordinaria”. Era infatti, “unico interlocutore esterno”, “entrato nella struttura, effettuando visite non annunciate, in un caso anche notturna e ad aver avuto colloqui riservati con le persone che hanno subito tale perquisizione”.

Un’azione tempestiva che aveva “permesso di verificare direttamente le loro condizioni e le modalità della loro detenzione al momento della visita, nonché di acquisire la documentazione degli eventi, inclusa quella relativa alla videosorveglianza”.

Tutto il materiale era così subito stato trasmesso alla Procura per le proprie competenze di accertamento e indagine. E il Garante allora “valutando particolarmente significativo l’intervento dell’Ufficio di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere”, aveva deciso di “non interferire con l’indagine con un proprio esposto, ma di mantenere attivo il confronto con l’ufficio stesso, al fine di seguire l’evolversi dell’indagine”, sottolineando anche allora “il pieno appoggio a quanto portato avanti dalla Magistratura di Sorveglianza sammaritana”.

E oggi la posizione del Garante è altrettanto netta: “La diretta documentazione di comportamenti incompatibili con il fondamento democratico del nostro Paese e il rischio del diffondersi nel sentire comune di una concezione della pena detentiva in cui possano avere legittimità tali comportamenti rendono necessari interventi rapidi che incidano su più fronti”.

Innanzitutto, “l’assoluta intransigenza verso messaggi, anche indiretti, di sottovalutazione degli episodi, con il rischio di veicolare altrimenti una sensazione di impunità. Al contrario, la necessità di interventi che, al di là del piano penale, siano inequivocabili anche sul piano disciplinare”. E “in questo quadro sarebbe inoltre opportuno affrontare in modo efficace la questione della riconoscibilità degli operatori delle forze di polizia”.

C’è poi per il Garante un secondo fronte, che riguarda “la ridefinizione di una catena di trasmissione delle informazioni agli organi superiori tale da evitare in futuro che esponenti del governo rispondano al Parlamento qualificando quale doverosa operazione di ripristino della legalità un’azione che la documentazione disponibile mostra chiaramente al di fuori di quanto il nostro ordinamento costituzionale possa accettare”.

Il riferimento è evidente alla risposta data dal ministero ad una interrogazione parlamentare sulla vicenda.

Occorre poi “ricostruire un percorso condiviso dell’esecuzione penale e delle sue attuali criticità che valorizzi le professionalità esistenti e che rassicuri anche la comunità esterna, oggi frastornata e rischiosamente propensa a generalizzazioni ingiuste”.

Infine, “occorre un radicale intervento sui percorsi formativi, iniziali e nel corso della carriera, che sappia estirpare quella cultura del branco che emerge troppo spesso e che si ritrova anche negli atti del provvedimento della Procura di Santa Maria Capua Vetere”. Su quest’ultimo tema il Garante nazionale ricorda di avere da tempo condiviso la necessità di intervenire sulla formazione in incontri con i vertici di tutte le forze di polizia.

Il Garante nazionale – conclude infine – “ritiene che quanto avvenuto nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere, al di là degli esiti degli accertamenti dell’autorità giudiziaria, così come evidenziato dalla documentazione agli atti, rischi di generare più vittime: coloro che hanno visto calpestata la propria dignità e la propria integrità fisica e psichica; il Corpo di polizia penitenziaria che certamente non merita di essere identificato nella sua totalità con tali comportamenti; il Paese stesso che vede anche aggredita la propria immagine democratica in ambito internazionale attraverso comportamenti di taluni che sono chiaramente dimentichi della funzione istituzionale loro affidata”.

TAG: carceri, Garante nazionale detenuti, procura
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