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Essere più vecchi del politicamente corretto

| 1 Luglio 2021 | ATTUALITÀ

La società sta cambiando. Da qualche decennio, diciamo a partire dagli anni ’90, certi atteggiamenti sulla sessualità, battute, motteggi e intercalari più o meno dialettali sono spariti da opere cinematografiche, televisione e di conseguenza, più lentamente, dal parlare comune, specie tra le nuove generazioni.

Sono cresciuto in un’epoca in cui tra maschietti adolescenti uno poteva gridare “Leonardo culo, culo chi non lo dice” e tutti gli altri rispondere in coro “culo”. Al cinema si guardavano battute di Cristian De Sica o Jerry Calà che oggi sarebbero etichettate come omofobia o body shaming. In tv ricordo il comico Martufello dare del “frocio” all’autista Ambrogio della pubblicità dei Ferrero Roche, accusato di soddisfare l’elegante signora in giallo con un cioccolatino piuttosto che con il suo corpo (“Tu non sei Ambrogio, sei an-frocio”). Era il Bagaglino, in prima serata di Canale 5

Questa comicità è sparita. Probabilmente è un bene. Negli  anni sessante e settanta si definivano ancora “negri” le persone di colore e non per offenderle. Louis Armstrong fu presentato in Rai con l’appellativo di “negro”. Era uso comune l’utilizzo di quel termine che oggi ha solo valore dispregiativo.

Fino a che punto sta cambiando la società? In una recente intervista, l’attore Pietro Castellitto ha dichiarato sul Movimento Me Too: “Penso ai milioni incassati dagli studi legali attraverso il monumento all’ipocrisia del me too, battaglia sacrosanta, ma se Kevin Spacey mi mette la mano sulla coscia gliela sposto, non gli rovino la vita chiedendo pure soldi; io vedo la volontà di potenza che sfrutta questa crociata morale per ingrassarsi, sto parlando come amante di Nietzsche, che studiai a filosofia”.

Il Totti televisivo, pur valutando come positivo e utile a smuovere le coscienze il movimento Me Too, ha voluto evidenziare anche un’ipocrisia presente al suo interno.

Castellitto è stato ovviamente attaccato sui social. Per alcuni da uomo non dovrebbe parlare di molestie. Difatti l’attore ha citato un collega uomo accusato di molestie da altri uomini. Le molestie vengono subite nella maggior parte dei casi da donne, ma anche gli uomini possono esserne vittime.

Una mano sulla coscia è una molestia? Un tempo non lo era nemmeno la pacca sul sedere, ma, appunto, i tempi cambiano. Dal mio punto di vista una mano su una coscia può dare fastidio, ma fatico a classificarla come molestia. Sicuramente non vedo in una mano su una coscia di un’altra persona, uomo o donna che sia, un motivo valido per stroncare la carriera a un attore. Mi riferisco a Kevin Spacey, ostracizzato da Hollywood dopo diverse accuse di molestie. Le accuse a Spacey vanno oltre la semplice mano sulla coscia, sta di fatto che uno dei migliori attori mondiali della sua generazione sia stato messo in panchina da un’ipocrita macchina dei sogni nonostante il suo talento. Nell’arte, da Caravaggio a Klaus Kinski, il talento dovrebbe prevaricare il giudizio morale sull’uomo.

Le parole di Castellitto non sono piaciute al giornalista Massimo Gramellini. Nella sua consueta rubrica “Il Caffè” sul Corriere della Sera, lo scrittore torinese ha accusato di pigrizia e conservatorismo l’attore. Vero, come ricorda lo stesso Gramellini, che la mano sulla coscia parte spesso da un uomo (rare volte da una donna), che il più delle volte ha una posizione sociale maggiore di chi la riceve. A volte però la condizione sociale non c’entra, è solo un modo, forse oggi goffo, di proporsi a una persona desiderata. Un’avance e nulla più, che può essere gentilmente respinta o accettata.

Nel libro autobiografico “Fai bei sogni” lo stesso Gramellini racconta i suoi anni ’80 e ’90, quando da promettente cronista de La Stampa aveva diverse conquiste nella Torino di quegli anni. Come si sarà approcciato a loro? Magari non con la mano sulla coscia a un party, ma chi ci può dire che il metodo di approccio utilizzato all’ora, oggi o domani non possa essere valutato come molestia?

“La mano sulla coscia non ci deve proprio essere” scrive Gramellini. Non ne sono sicuro. Mentre sono sicuro che avvocati e starlet abbiano sfruttato il movimento Me Too per avere visibilità e facili guadagni. La citazione di Nietzsche, che ha procurato a Castellitto un’ulteriore accusa di prosopopea (il web non perdona neanche le citazioni filosofiche), calza a pennello. Dirlo non vuol dire infangare quel legittimo movimento che è il Me Too. Come chiedere che Spacey torni a lavorare, non significa chiudere gli occhi di fronte alle accuse rivolte nei suoi confronti.

Un uomo può essere sia vittima sia carnefice. Per certo moralismo, figlio degenere del politicamente corretto, è comodo applicare una divisione manichea semplicistica. Spacey è un porco e come tale non merita di lavorare. Quindi basta un atteggiamento molesto o volgare per perdere il proprio lavoro, le proprie amicizie e la propria dignità?

Parecchi anni fa misi la mia mani su cosce altrui (e ricevetti una mano sulla mia), risi a battute volgari sui finocchi, feci “cat calling” e “body shaming”. Tutte cose che oggi non faccio più, a parte forse ridacchiare per una battuta omofoba in un film dei Vanzina. Quindi sono colpevole e se la condanna deve essere retroattiva mi aspetto una pena. Questa pena però la dovrebbe scontare un’intera generazione, cresciuta in un contesto diverso da quello in cui stanno crescendo gli adolescenti e i giovani di oggi.

Siamo figli di una società che quattro secoli fa mandava al rogo donne accusate di essere streghe. Oggi chi condannava al rogo quelle poverette, per esempio l’allora arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, è venerato come Santo dalla Chiesa Cattolica. La dittatura strisciante, come il Covid, del politicamente corretto, vede una minoranza ottusa chiedere di censurare il Canto dell’Inferno in cui Dante Alighieri condanna Maometto, le parti antisemite de “Il giudaismo nella musica” di Richard Wagner o le opere misogine di Philip Roth. Erano e restano geni, ma figli della loro epoca.

Chi invece, tra i vivi, ha osato mettere una mano su una coscia o urlare “bella figa” a una ragazza sembra essere carnefice di una colpa da condannare. I nati tra gli anni ’70 e ’80 sono una generazione già vecchia e superata? Forse, ma non va condannata per essere cresciuta in un contesto culturale diverso da quello attuale.

TAG: Castellitto, Gramellini, Kevin Spacey, maschilismo, Massimo Gramellini, Me too, Metoo, molestie, movimento me too, Nietzsche, omofobia, Piero Castellitto, politically correct, politicamente corretto, razzismo, Spacey
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