La scrittrice Michela Murgia, quando recensiva libri nella trasmissione “Quante Storie” condotta da Corrado Augias, stroncava alcune opere definendole “libroidi”. I libroidi sono alberi sottratti alla natura per prodotti usa e getta, che non contribuiscono ad arricchire la cultura italiana, ma solo la casa editrice che lo pubblica e il suo autore. Per la Murgia i libroidi erano i libri dei vip come Fabio Volo o un romanzo di Andrea Scanzi a lei non gradito. Quest’ultimo, che ospite di Lilly Gruber a Otto e Mezzo giorni fa difendeva le donne dagli attacchi sessisti di politici e influencer di destra, non gradì a suo tempo la stroncatura della Murgia al suo romanzo e dalle pagine de Il Fatto Quotidiano apostrofò la critica sarda come “voluminosa scrittrice”.
Chi è esente da colpe scagli la prima pietra, io incluso. Qui però siamo di fronte a un prodotto di marketing ben confezionato spacciato per femminismo. Che fa più male che bene alle donne.
Si tratta di “Stai Zitta – E altre nove frasi che non vogliamo sentire più”, libercolo pubblicato, vergognosamente per citare la stessa Murgia, da Einaudi. La scrittrice sarda non è nuova a libroidi. Appagata dalla vittoria del Premio Campiello per un caposaldo della nostra narrativa contemporanea come “Accabadora”, da qualche tempo la Murgia preferisce fare l’influencer politica sui social, rincorrendo i like di tutti quelli che detestano Salvini, Meloni, gli omofobi, i razzisti e i neofascisti. Io detesto tutte e cinque le categorie sopra citate, soprattutto le ultime tre, ma non voglio cadere nella trappola dei due fronti e diventare un seguace della nuova Murgia.
Anni fa lessi “Chirù”, romanzo del 2015 che, seppur scritto egregiamente, mostrava la carenza di idee della scrittrice. I tempi di romanzi come “Il mondo deve sapere”, da cui fu tratto il film di Paolo Virzì “Tutta la vita davanti” e il premiato “Accabadora” sembravano lontani. “Chirù” sembrava uno degli ultimi romanzi di Moravia, scritti più per contratto con la casa editrice, sempre Einaudi, che per passione.
Il calo creativo e forse anche il calo di vendite hanno decretato il passaggio dai libri ai libroidi. Si è iniziato con “Istruzioni per diventare fascisti”, libricino per far vedere che l’italiano medio è sotto sotto fascista o comunque portato ad accettare diversi aspetti di quel regime. Sul web girò un giochino allegato al libro: un test per misurare il proprio livello di fascismo. Da antifascista provai: venne fuori che ero un “fascista latente”, democratico in democrazia, ma pronto ad aderire al fascismo se questo prendesse di nuovo il potere. A livello Giuseppe Bottai, Dino Grandi o Edmondo Rossoni (questi tre li ho aggiunti ora io).
Ora, sul successo di vendite del “fascistometro”, Michela Murgia è tornata in cima alle classifiche con “Stai zitta”. Per salvaguardare la popolarità acquisita, la nostra scrittrice si è buttata sulla tendenza del momento, il femminismo annacquato, quello facile da capire ai tempi di Instagram e dell’analfabetismo funzionale, perché le femministe vere, come Clara Zetkin, Simone De Beauvoir o Camilla Cederna, sono troppo complicate.
Il pamphlet propone dieci frasi sgradite all’autrice che, a suo dire, le donne subiscono spesso. La prima è quella che dà il titolo al libro. Sono frasi di uso comune che non riguardano solo l’universo muliebre, ma anche quello maschile. Tanto una donna può sentirsi dire “stai zitta!”, tanto un uomo può sentirsi dire “stai zitto!”. La frase parte da un litigio di qualche tempo fa durante una trasmissione radiofonica tra la scrittrice e lo psichiatra Raffaele Morelli. Questi, provocato dalla Murgia, le gridò “stai zitta”. La diatriba divenne virale, con due opposte fazioni (entrambe composte sia da uomini, sia da donne) ad insultarsi sui social tra chi stava dalla parte della scrittrice e chi dalla parte dello psicanalista. Quella frase fece clamore, da qui la furba pensata dell’Einaudi di utilizzarla come titolo di un pamphlet di successo garantito.
A “non fare la maestrina” si può contrapporre “non fare il professorone”: al limite ci si può interrogare perché la donna ha un vezzeggiativo riduttivo. Se per la donna si parte dal sostantivo “maestra” e per l’uomo da “professore” è probabile che si debba risalire alla riforma scolastica gentiliana (e riecco il fascismo, quello vero), per cui il corpo insegnate delle elementari era in maggioranza femminile (le maestre), mentre gli istituti superiori avevano in prevalenza uomini (professori).
Altra storia che la Murgia non vuole più sentire è “Brava e pure mamma”. Si tratta di un complimento dal sapore vetusto, ma offende così tanto avere un occhio di riguardo per la maternità? Chi non ha figli, per scelta propria o no, può sentirsi discriminato da questa frase? Dal mio punto di vista (e non sono padre) no. Ma accetto visioni opposte.
“Le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne” viene confermato dalle tante haters della stessa Murgia. “Adesso ti spiego io” non so quante volte me lo sono sentito dire da una donna, ovviamente con una posizione sociale superiore alla mia. “Non sai tenerti un uomo” come le precedenti, è una frase che si può tranquillamente sentire a sessi invertiti. Sono frasi di uso comune che grazie al cielo colpiscono indiscriminatamente dal genere e dall’orientamento sessuale. Come pure “A cosa ti serve studiare?” (altra frase che mi sono sentito dire parecchie volte), “Calmati!”, “Te la sei cercata”: frasi che non hanno valore di genere ma che la Murgia furbescamente attribuisce quasi sempre a uomini nei confronti di donne.
“Sei una donna con palle” merita un discorso a parte. Di solito lo penso di donne verso cui provo un’attrazione. Sarà perché ne sono sprovvisto io? Se così fosse, probabilmente la Murgia sarebbe orgogliosa di me, in quanto maschio che non risponde ai canoni ancestrali dell’uomo forte.
Discorso diverso per “Era solo un complimento”, “Dove vai da sola e vestita così?”, “Sei troppo nervosa: per caso hai il ciclo?”. Queste frasi sono figlie di un retaggio maschilista, per quanto in fase di indebolimento negli ultimi anni. È un tema interessante, su cui ci sarebbe da scrivere qualcosa di più che tre banalità come fa la Murgia. Ogni analisi di frase sembra essere finalizzata a mettere gli uomini contro le donne. Si tratta di una pratica che penalizza le battaglie femministe di questi anni, perché ridicolizza il tutto a una banale dicotomia uomini cattivi e sfruttatori – donne brave e sfruttate, che rovina il lavoro portato avanti da attivisti, associazioni, sindacati, intellettuali e partiti a favore delle donne. Parlo di donne in età fertile non assunte, non promosse o non rinnovate da parte di imprese che non vogliono “accollarsi” la maternità; di donne minacciate, malmenate, stuprate o uccise dai propri compagni o ex; di donne che hanno paura ad uscire sole la sera in città; di donne vedove senza qualcuno che le possa sostenere o accudire; di donne poco presenti in alcuni campi lavorativi come la finanza, la politica, le forze armate, ma anche la siderurgia o l’edilizia.
“Stai zitta” è un libro che fa più male che bene alle donne. L’autrice in un’intervista ha dichiarato che non si aspetta che un uomo over 30 compri il suo libro. Per lei i maschi italiani sopra quell’età sono irrecuperabili e non vuole nemmeno provare un dialogo con loro. Dice la Murgia di rivolgersi solo alle donne. In sostanza discrimina gli uomini e cerca di mettere le donne contro di loro. Come se fosse una cattiva maestra islamista o cattolica oscurantista, la scrittrice cerca di indottrinare una fetta di popolazione femminile, non formatasi sui testi storici del femminismo, all’astio verso l’uomo, specie quello eterosessuale. Una scelta dannosa, che va oltre l’autoreferenzialità dell’autrice, che è consapevole di sdoganare qualche haters. Gli haters danno pubblicità ai personaggi pubblici sui social e la Murgia lo sa. Occorre stare in guardia da messaggi che per narcisismo e facili guadagni o peggio ancora per reale odio verso un genere (ma voglio sperare di no), dividono anziché unire.
La Murgia col suo libro cerca di dividere gli uomini e le donne come si faceva negli oratori preconciliari. Cerca di non far dialogare i sessi. Da “Stai zitta” si passa a “non parlarci”, “non ascoltarlo”. Io invece voglio parlare a uomini e donne e ascoltare quello che hanno da dire. Dialogando ci si arricchisce umanamente tutti, chiudendosi si arricchisce solo l’autrice di un pessimo libro.