
Assoluzione perché il fatto non sussiste. Sentire queste parole dopo circa 9 anni è stato strano. Inizialmente non ci ho creduto, ma al telefono il mio avvocato me l’ha riconfermato, con gioia. https://www.lanuovacalabria.it/malagiustizia-la-storia-di-maria-giorgia-altro-che-furbetta-delluniversita-assolta-perche-il-fatto-non-sussiste
Lunedì 30 Novembre 2020 sono stata assolta dal Tribunale Penale di Cosenza con la più ampia formula assolutoria prevista nel nostro ordinamento: perché il fatto non sussiste, ossia perché non ho commesso alcun reato.
Mi sto riferendo al procedimento penale denominato “110 e Lode”, iniziato nel 2011 e arrivato a dibattimento nel 2014, che ha visto coinvolti studenti, professori, funzionari amministrativi e tutor dell’Unical, Università della Calabria. Io ed oltre la metà degli imputati siamo stati accusati ingiustamente e giudicati per i reati di cui agli artt. 48 (errore determinato dall’altrui inganno), 476 (falso materiale) e 479 (falso ideologico) c.p.
Sembra una serie tv il cui pilot – la notifica da parte della polizia giudiziaria sembrasse non dover andare oltre la prima stagione. Sarebbe stata più una mini serie di 4 puntate. E invece è stata una serie tv lunga 9 stagioni.
Questa storia non posso che paragonarla ad una serie tv, perché la realtà dei fatti è che io e altre persone innocenti abbiamo vissuto una situazione assurda e difficile da digerire.
Incontro in Questura per l’identificazione formale, l’indagine, l’interrogatorio e poi le udienze al Tribunale e il coinvolgimento mediatico. Se non sembra una serie tv questa, ditemelo voi…
Chiunque abbia vissuto l’Università sa cosa vuol dire: nottate insonni, ansia divoratrice, adrenalina e frustrazione durante gli esami affrontati. Un percorso durato 5 anni – 3 anni di triennale e 2 di specialistica – un traguardo duramente guadagnato. E alla fine? La beffa.
Avevamo circa 24-25 anni, in mano l’attestato del conseguimento degli studi, nell’altra il futuro professionale da costruire.
Cinque anni sono stati vanificati. Eravamo ricoperti di vergogna e timore di essere identificati per questo durante i colloqui di lavoro e i concorsi a cui abbiamo partecipato.
Dalle umiliazioni alle accuse, siamo stati colpiti violentemente e in modo reiterato durante questo lungo arco di tempo durato 9 anni.
Chiunque leggesse un articolo relativo all’operazione “110 e Lode” si è preso la libertà di puntare il dito contro di noi innocenti.
Siamo stati definiti e incolpati in tutti i modi.
Da “I furbetti dell’Unical” a “ora si capisce perché hai ottenuto 110 e Lode” fino a “Vanno condannati”.
Sguardi giudicanti, messaggi ricevuti sui social network come “sei proprio tu quella dell’elenco?”, riferendosi alla lista dei nomi pubblicata dai giornalisti. In particolar modo, sono stati pubblicati anche i dati sensibili messi alla mercé di tutti: nome e cognome, data e luogo di nascita. Tutti o quasi hanno dato per assunto la colpevolezza, senza sé e senza ma. La presunzione di innocenza non è stata mai contemplata.
Il chiacchiericcio brulicante che si è creato intorno a questa storia è stato insopportabile.
Soffocante. Mortificante. Avvilente.
Ma ora io e chi è stato assolto ha un peso in meno. Quel carico pendente che abbiamo percepito come un macigno si è finalmente frantumato.
Ringrazio il mio avvocato Benito Apollo che con dedizione, pazienza e costanza ha fatto un ottimo lavoro. La giustizia è stata fatta.
Ora siamo ufficialmente assolti e voi ci dovete delle scuse!